La delicatezza di Ratzinger

Le bellissime parole di Benedetto al caro fratello, papa Francesco

Le bellissime parole di Benedetto al caro fratello, papa Francesco
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Nel protocollo non era previsto che prendesse la parola. Del resto il papa emerito Benedetto XVI, dal giorno delle sue dimissioni aveva sempre mantenuto il riserbo del silenzio, proprio per non creare confusione e non dare pretesto a chi non ha digerito l’elezione di papa Francesco. Ma martedì 28 giugno, in occasione del suo 65esimo anniversario di sacerdozio, Raztinger ad un certo punto ha chiesto la parola. Si è alzato e con una voce flebile ha voluto esprimere il suo pensiero con parole sorprendenti. «Dal primo momento dell’elezione mi colpisce interiormente ogni giorno della mia vita», ha detto riferendosi a Francesco che era ovviamente presente alla cerimonia. Più che i giardini vaticani, con la loro bellezza, «la sua bontà è il luogo dove abito e mi sento protetto».  Poi Ratzinger si è augurato una profonda trasformazione del mondo. «Che sia una mondo di vita dove l'amore ha vinto la morte», ha detto. E sempre rivolgendosi a Francesco: «Speriamo che lei potrà andare avanti per noi tutti mostrando la strada di Gesù».

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Parole bellissime, di una profondità anche poetica che  ha commosso i tanti e spiazzato i pochi irriducibilmente scettici. Ma se Ratzinger ha sentito la necessità di intervenire è perché sentiva circolare troppi sospetti e troppe letture menzognere. Come ha scritto su Repubblica Alberto Melloni, «la questione del posizionamento di Benedetto però è riaffiorata a più riprese e continua a riaffiorare periodicamente con tesi bislacche, ma rivelatrici». Melloni ricorda che nel 2014 un prete modenese, Stefano Violi, aveva scritto un articolo per la rivista della facoltà teologica di Lugano. In quell’articolo sosteneva che «Benedetto XVI si era privato solo dell'esercizio attivo del ministero petrino e dunque aveva portato con sé, per dir così, una parte del "munus". Secondo costui quello che papa Francesco aveva avuto non era dunque "il" papato, ma l'esercizio in condominio di una autorità che rimaneva in qualche modo anche al suo predecessore».

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Una tesi ripresa da settori marginali ma molto chiassosi del cattolicesimo di destra italiano. Una tesi che papa Francesco ha indirettamente smentito con tante e ripetute dichiarazioni sul suo rapporto con Benedetto XVI. E a dispetto di chi aveva innescato una polemica per il fatto che il segretario di Ratzinger, Georg Gänswein, continuasse a rivolgersi a lui usando l’appellativo “santità”, anche Francesco ha fatto uso dello stesso termine. «Lei, Santità», ha detto ieri nell’incontro al Palazzo Apostolico, «continua a servire la Chiesa, non smette di contribuire veramente con vigore e sapienza alla sua crescita. E lo fa da quel piccolo Monastero Mater Ecclesiae in Vaticano che si rivela in tal modo essere tutt'altro che uno di quegli angolini dimenticati nei quali la cultura dello scarto di oggi tende a relegare le persone quando, con l’età, le loro forze vengono meno. È tutto il contrario».

 

 

Nel marzo scorso con un intervento inviato per un convegno del Centro Astalli, Ratzinger aveva dato il suo pieno sostegno anche all’idea di Francesco di proporre l’Anno Santo della Misericordia. La centralità della Misericordia è proprio una delle accuse che vengono fatte a Francesco, accusato di troppo “perdonismo” nei confronti del mondo. Ma Ratzinger in quell’occasione è stato chiaro: «Per me è un segno dei tempi il fatto che l’idea della misericordia di Dio diventi sempre più centrale e dominante». E poi ancora: «Gli uomini d’oggi sanno di aver bisogno della misericordia di Dio e della sua delicatezza. Nella durezza del mondo tecnicizzato nel quale i sentimenti non contano più niente, aumenta l’attesa di un amore salvifico che venga donato gratuitamente». Cosa c’è di più chiaro di un papa emerito tedesco che evoca la “delicatezza di Dio”?

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