Grazie ai Monfortani

Le borse delle detenute di Zomba Un regalo speciale per Natale

Le borse delle detenute di Zomba Un regalo speciale per Natale
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Le fashion blogger l’hanno decretato, molte si sono adeguate rincorrendo vetrine reali e virtuali: l’etnico colorato fa tendenza e farne a meno potrebbe essere un imperdonabile errore. Nell’era in cui a dettare le mode sono i clic sui social network e a ritmare la produzione è troppo spesso il lavoro sottocosto, è bello raccontare di un brand che non esiste e di oggetti unici che possono davvero fare la differenza, non tanto per chi li sfoggia, ma, soprattutto, per chi li produce.

 

Patrizia Lavaselli con le detenute di Zomba

 

Una bergamasca in Malawi. La storia è quella delle borse di Zomba, coloratissime (e bellissime), prodotte dalle donne che vivono in un carcere di massima sicurezza in Malawi: Zomba, appunto. Esse affidano a queste borse il proprio messaggio di speranza. Ambasciatrice è Patrizia Lavaselli, bergamasca di Casirate d’Adda, insegnante di educazione artistica, che da qualche anno visita regolarmente il martoriato Paese africano (fra i più poveri al mondo) e quelle detenute. I loro racconti “a tinte forti” hanno scompigliato la chioma bionda di Patrizia (inconfondibile fra le artiste di Zomba) ma anche il suo cuore grande, che ogni anno le consente di portare all’interno del carcere stoffe e colori raccolti con il passaparola, per dare un senso a giornate infinite fra polvere e caldo torrido. Giornate che un senso, altrimenti, proprio non l’avrebbero.

Borse Zomba Malawi (1)
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Borse Zomba Malawi (4)
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Borse Zomba Malawi (5)
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Zomba detenute (2)
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Il disumano carcere di Zomba. Il carcere di Zomba fu costruito più di un secolo fa (nel 1905) per accogliere 200 prigionieri. Oggi ci vivono (o forse sarebbe giusto dire sopravvivono) ben 2.300 persone. «Spesso - spiega -  si tratta di donne che hanno reagito a violenze e soprusi di ogni tipo. Grazie alla collaborazione dei Padri Monfortani e in particolare di padre Piergiorgio Gamba, non ci siamo fermati a un sostegno materiale: abbiamo voluto dare a queste persone una dignità. All’interno del carcere abbiamo creato un piccolo asilo frequentato dai figli delle detenute (pure costretti a vivere in carcere) e delle guardie. La fornitura di materiale pittorico, ha consentito a queste donne di scoprire la propria identità. Insieme coloriamo, balliamo, recitiamo e giochiamo: si sono ricordate di esistere».

I riflettori sbagliati. Due anni fa i dipinti di Zomba sono stati esposti all’Accademia Carrara, poche settimane prima che su Zomba si accendessero (addirittura) i riflettori dei Grammy Awards di Los Angeles, con un brano eseguito da una band di detenuti candidato fra i Best World Music Album. «Fu un’operazione – aggiunge Patrizia -  che forse mise in luce più la volontà speculativa dello star system piuttosto che la dignità dei detenuti protagonisti del brano». Ecco allora che ad accendere i riflettori giusti su quelle magnifiche borse non sono gli spot luccicanti di questi giorni che avvicinano al Natale, ma le note che Padre Piergiorgio Gamba ha inviato nelle ultime settimane dal Malawi, dove «l’estate è caldissima».

 

 

Contro la condanna dell'immobilità. «Il direttore della prigione e tutta la nuova amministrazione – scrive padre Gamba – ritengono approvato il programma che porta all’interno del carcere femminile, assieme al lavoro, la possibilità di una formazione all’autosufficienza e la possibilità di ritornare libere alla società in modo positivo. La sofferenza maggiore nelle prigione viene proprio dalla condanna a non fare nulla. Pensavamo fosse un ritrovarsi triste, ma oltre le mura è come se il tempo si fosse fermato creando uno spazio che non è più un carcere con guardie e celle di punizione». «This is my life –  ci sentiamo dire – I’m more free in prison than I was outside» (sono più libera qui che fuori dalla prigione). Le donne lavorano su vecchie macchine da cucire a pedali arrivate con i container della Provvidenza: in carcere sarebbe impossibile disporre dell’energia elettrica.

 

 

Un modello positivo. L’arcobaleno di solidarietà che padre Piergiorgio, Patrizia e altri volontari hanno portato a Zomba sarà ora modello per la prigione di Ntcheu (costruita negli ultimi anni dagli stessi detenuti), ma anche per le venti piccole prigioni disseminate in tutti i distretti del Malawi, come a Domasi, Dedza e Mangochi. Sostenere il progetto sarà l’ennesima sfida, da raccogliere e vincere. Se per Natale pensate a un regalo originale (in senso strettamente letterale), bastano pochi euro e una telefonata a Patrizia (348 6106016). Oppure, sabato 16 dicembre dalle ore 17 alle 21, presso il parco della Malpensata a Bergamo ci sarà una bancarella con i prodotti del Malawi: tutto il ricavato sarà devoluto in beneficenza a Padre Piergiorgio Gamba.

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