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Le regole per un fritto buono e sano

Le regole per un fritto buono e sano
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È l’olio a fare la differenza, almeno quando si parla di buon fritto, in termini di sapore ma soprattutto di salute. Infatti, oltre alla qualità della materia prima, contano anche il punto fumo, la temperatura e la componente di acidi grassi. Qualità che sono più facilmente controllabili nella preparazione di fritture casalinghe, rispetto ai piatti cotti e serviti in ristoranti e mense.

Non alterare l’olio. Ovvero non farlo eccessivamente imbiondire, fino ad annerire quando l’utilizzo è estremizzato. È questa la prima regola per portare in tavola fritture sane, indipendentemente dall’alimento proposto, sia esso carne, pesce, verdure, panzerotti, erbe e qualunque altro ingrediente si presti ad essere gettato in olio bollente. Perché quello che fa male sono i cambiamenti fisico-chimici cui l’olio è sottoposto durante il processo di frittura e che riguardano quattro alterazioni: l’intensificazione del colore, fino all’imbrunimento appunto; la maggiore viscosità acquista; il rischio di formazione di schiuma; l’abbassamento del punto fumo.

 

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Il punto fumo. È tra i fattori che vanno tenuti maggiormente sotto controllo durante la frittura. Con questo termine si indica la temperatura alla quale l’olio inizia il processo di ossidazione, che si manifesta con la formazione di fili di fumo, che via via vanno ispessendosi, quanto le varie sostanze che compongono l’olio entrano in contatto con l’aria. Per ottenere una frittura ottimale, buona e sana, bisognerebbe riuscire a raggiungere e mantenere durante tutta a cottura, una temperatura compresa tra 160 e 180 gradi: un intervallo che, in un tempo adeguato e proporzionale alla natura dell’alimento, consente a formazione, attorno al cibo di una crosticina avvolgente, bella, uniforme e dorata, senza che si liberino sostanze tossiche. Come essere certi di raggiungere e non superare questi gradi? Dotandosi di un termometro da cucina da immergere nell’olio o con cui pizzicare il cibo in padella per tastarne la temperatura interna.

L’olio ad hoc per le fritture. Nessuno è in assoluto il migliore rispetto a un altro, sebbene siano da preferire oli che contengono una maggiore quantità di acidi grassi monoinsaturi che li rende più resistenti e stabili alle elevate temperature. Tra questi ci sono ad esempio l‘olio di oliva, che è una qualità fra le più ricche di queste specifiche sostanze e in particolare di acido oleico, o l’olio di arachide. L’extravergine di oliva, invece, è meno adatto alle fritture perché non subisce un processo di raffinazione, finendo così con il conservare una maggiore percentuale di acidi grassi liberi. I quali alle alte temperature si degradano, perdendo anche parte del sapore originario; dunque l‘extravergine è indicato solo per cuocere a basse temperature, e non è ii caso della frittura, o se ha un pH basso ma il grado di acidità di norma non è indicato in etichetta. In buona sostanza, meglio non utilizzarlo se pensate a una fritturina di pesce con totani, gamberi e calamari, polipetti e seppioline o a un pot-pourri di verdurine miste tutte saporitamente allettanti e dorate o a qualsiasi altra bontà. Meglio non scegliere neppure oli di semi di girasole, mais e soia che tendono a deteriorarsi facilmente a contatto con l’aria e ad alte temperature.

4 must per cuocere una buona frittura. Qualità, d’accordo, ma non basta per dire che è una buona frittura. Occorre infatti rispettare alcune regole nella preparazione e nella cottura del fritto che fanno la differenza fra un prodotto buono e un altro più scadente, fino a poter sviluppare prodotti ritenuti cancerogeni come l’acrilamide.

 

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  • Serve la giusta quantità di olio. Né eccessiva né ristretta, bensì proporzionata alla quantità di cibo. Infatti, se si usa poco olio e si frigge tutto in una sola volta, la temperatura può abbassarsi anche fino a 150 gradi, un livello inferiore a quello raccomandato per ottenere un’ottima frittura, tanto che gli alimenti finiscono con assorbire l’olio, risultando unti quando li si estrae dalla padella, con il rischio di non avere raggiungo la perfetta cottura.
  • Fare il cambio dell’olio. Ovvero sostituirlo e buttarlo letteralmente via quando, dopo un tot di frittura, si nota una variazione del colore dell’olio che tende a scurirsi. È segno che esso ha superato la sua salubre bontà. Insomma, no al riutilizzo dell’olio o al rabbocco. La sostituzione vale anche nel caso in cui l’olio prenda fuoco accidentalmente.
  • Non improvvisarsi mastro chef. Ovvero non dedicarsi, su imitazione trasmissioni tv di cucina, al flaming wok, la finta frittura infuocata impiegata soprattutto nelle cotture asiatiche. È abbastanza rischiosa se non la si sa praticare adeguatamente e inoltre lascia ai cibi un retrogusto pungente, dovuto alla formazione di acroleina e di acidi grassi liberi, che deve piacere. Si tratta comunque di una tecnica di frittura che non va confusa con quella flambé.
  • Preferire la friggitrice elettrica. Questo perché l’elettrodomestico è già dotato di un termostato, di norma regolabile, che consente da un lato il controllo preciso della temperatura e dall’altro di non oltrepassare i 190 °C, livello massimo programmato. Consentendo così al fritto di arrivare a cottura rimanendo sotto al punto fumo della maggior parte degli oli. Inoltre, alcuni modelli di friggitrice sono dotati anche di un apposito coperchio che lascia uscire il vapore d’acqua, limitando il contatto dell’olio bollente con l’aria. Ovvero ritardando la formazione sia dell’idrolisi, cioè di acqua, sia di ossidazione. Insomma fanno anche del fritto un alimento più buono e sano.
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