Nei primi quindici giorni di aprile meno morti che nel 2019: il lockdown ci ha salvato
Chiusi in casa ci siamo protetti e il virus è stato sconfitto. Un dato che premia i sacrifici e lascia ben sperare per i prossimi mesi

di Paolo Aresi
I numeri parlano e dicono che le misure di contenimento che sono state adottate hanno funzionato bene. Dicono che la gente è stata in gamba, che ha obbedito, che è stata scrupolosa. Ad aprile le morti per Covid-19 si sono pressoché fermate, dopo lo tsunami di marzo.
La tabella pubblicata sul settimanale cartaceo già in edicola riporta il numero di morti che si sono avuti in trentadue comuni bergamaschi dal primo di marzo al 15 di aprile. I dati sono dell’Istat e sono cumulativi, cioè riguardano non soltanto i residenti, ma tutte le persone che sono decedute in quel dato Comune, quindi, per esempio, anche le persone decedute negli ospedali, nelle cliniche, nelle case di riposo che tuttavia risiedono in altro paese. Questi numeri relativi a Bergamo, per esempio, sono più alti di quelli riguardanti i decessi dei soli residenti. Secondo l'Istat il numero dei “morti cumulati” a Bergamo sono stati ben 949, mentre lo scorso anno erano stati 441. Si tratta di un dato interessante che in sostanza conferma quello dei residenti: nel marzo di quest’anno - sia nel caso dei “cumulati”, sia nel caso dei soli residenti - Bergamo ha comunque avuto oltre cinquecento morti in più dello scorso anno. Queste cifre documentano lo tsunami che ha colpito la nostra provincia.
Ma questo dato fornito dall’Istat è interessante anche perché arriva fino al 15 di aprile. E conferma quanto si sospettava: il numero di decessi è sceso in picchiata dopo il 31 marzo. A Bergamo città, ad esempio, il numero cumulativo dei morti nel marzo è stato 949; al 15 aprile i decessi erano a 1.079. Significa che in quindici giorni sono morte 130 persone, un numero decisamente basso, più o o meno vicino a quello del 2019. Infatti i morti nel 2019 dal primo di marzo al 15 di aprile sono stati 441, una media di 147 decessi ogni quindici giorni. In linea con quanto accaduto nei primi quindici giorni dell’aprile di quest’anno.
Questo dato significa che lo stare in casa è servito, eccome. Che i sacrifici fatti dal Paese hanno consentito di uscire dall'incubo, speriamo in maniera stabile. Che il mese di aprile abbia segnato il ritorno alla normalità lo si evince anche dall'osservazione dei dati statistici degli altri paesi. Prendiamo per esempio Curno. Nel marzo 2020 i decessi sono stati 44, invece dal primo al 15 di aprile le persone decedute sono state soltanto 8, addirittura di meno della media marzo-aprile del 2019. Anche questo dato è spiegabile: il mese di marzo da incubo che abbiamo attraversato ha fatto vittime tra le persone più fragili, ammalate, ne ha affrettato la fine. Al mese di aprile si sono affacciate meno persone in condizioni critiche: e quindi il numero dei morti è sceso anche sotto la media dello scorso anno. Lo si vede anche nei paesi martiri come Nembro e Albino.
Ad Albino i morti (sempre dati cumulativi) dal primo di marzo al 15 di aprile sono stati 207, ma nel solo mese di marzo erano stati ben 191. Quindi, nel mese di aprile i decessi sono stati 16, di meno della media del marzo-aprile 2019. E lo stesso vale per Nembro dove i morti in marzo 2020 sono stati ben 187 mentre nei primi quindici giorni di aprile se ne sono andate solamente dieci persone, pure al di sotto della media dell’anno precedente a causa dell’ “effetto anticipo” di cui parlavamo prima: marzo aveva già abbattuto le persone fragile, aveva falciato le vite pericolanti. La quarantena ha funzionato proclamata il 7 marzo nel giro di ventiquattro giorni ha dato risultati importanti. Ed è andata avanti poi per un altro mese, fino alla fine di aprile. Ora la vita sta riprendendo quasi regolarmente: è probabile che se ci comportiamo con attenzione, il peggio sia davvero alle spalle.