Sulle orme del teetotalism movement

No alcool, sì party. La nuova moda? Divertirsi senza alzare il gomito

No alcool, sì party. La nuova moda? Divertirsi senza alzare il gomito
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A inizio 1800 il consumo di alcool nella popolazione preoccupava non poco gli inglesi: sotto la Corona della Regina Vittoria, infatti, la nuova borghesia amava divertirsi esagerando un po’ col bere. Ma erano soprattutto le classi basse ad abusare di bevande alcoliche, col passare degli anni sempre più a buon mercato. Su questa spinta sociale nacque il cosiddetto “teetotalism movement”, cioè un movimento teso a sponsorizzare la sobrietà, anzi, la più totale astinenza da ogni sostanza alcolica. Più che una dipendenza, l’abuso di alcolici veniva visto come una deriva sociale deprecabile, da combattere. Ma a fare notizia era il modo in cui i membri del movimento decisero di combattere questa battaglia: le sedi erano i pub dove solitamente le persone andavano a ubriacarsi; venivano raccolti fondi per la pubblicazione di romanzi o la messa in scena di opere teatrali al cui centro del racconto c’erano proprio le tematiche dell’abuso di alcolici; spesso venivano portate testimonianza di ex alcolisti redenti. Il suo epicentro fu a Preston, nel 1833, per mano del politico e scrittore Joseph Livesey.

 

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Perché questo breve viaggio nella storia? Perché oggi, seppur con modalità assai diverse, il “teetotalism movement” torna a vivere. Lo racconta Il Fatto Quotidiano in un articolo a firma di Loredana Oliva, la quale ci porta a conoscenza di una nuova e “strana” moda che ha preso piede a Londra prima, e poi in altre capitali europee, fino a varcare i confini del Vecchio Continente sbarcando negli States e in Australia. Al centro di tutto, naturalmente, ritrovare il gusto del divertimento senza alcolici. Una scommessa, forse: essere cool e alla moda anche senza un cocktail in mano. Questa scommessa ha un nome: sober parties, ovvero i party sobri. Ruolo centrale di questa iniziativa è affidata a social network e al passaparola, con l’intento di coinvolgere più giovani possibile. E i risultati, al momento, stanno dando ragione a chi ci ha creduto.

Anche questa volta, quasi due secoli dopo la nascita del “teetotalism movement”, è l’Inghilterra l’epicentro di questa scossa sociale. Da Preston, però, ci siamo trasferiti a Londra, capitale britannica e anche certo della movida UK. Come in molte altri capitali mondiali, a Londra il problema dell’abuso di alcolici tra i più giovani è diventato, negli ultimi anni, molto sentito. Forse per questo (ma anche per farsi un po’ di sana pubblicità) alcuni pub e locali hanno deciso di invertire la marcia, passando dai cocktail ai mocktail, ovvero i drink senza alcool. Ciò, però, non significa doversi accontentare di una Coca Cola o di una acqua tonica: i barman più creativi hanno affinato una tecnica particolare che permette di far evaporare la parte alcolica di un Campari, un Margarita o un Mojito, lasciandone però invariato tutto il sapore e l’aroma. E il successo è stato immediato: non una bolla, ma un successo che, oramai, perdura da diversi mesi, sintomo di una sensibilità sul tema che va solidificandosi. Il motivo? Lo prova a spiegare Catherine Salway, tra le prime a credere nel progetto con il suo locale a Nothing Hill, provocatoriamente chiamato Redemption: «C’è un input sfidante che ha attratto i più giovani a partecipare: siete in grado di divertirvi, rilassarvi, essere voi stessi senza ubriacarvi?». E dopo aver vinto la sfida, molti giovani si accorgono che, in fondo, è anche piacevole non ubriacarsi.

 

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Per qualcuno tutto questo non è altro che una moda, e probabilmente per qualcuno è veramente così. Ma la sensazione è di essere innanzitutto davanti a un piccolo cambiamento culturale: i giovani capiscono che non serve esagerare per essere brillanti o cool. Grazie a un maggior accesso all’informazione, al web, i giovani sono consci del fatto che l’abuso nasconde spesso un disagio, un vuoto, una paura. Dimostrazione di questo è la ricerca effettuata dalla University of Sydney’s Faculty of Health Sciences di Sidney, la quale ha contatto tramite Facebook, con messaggi personalizzati, un campione di studenti universitari del primo anno, chiedendo notizie sul loro comportamento riguardo al consumo di alcol e dando informazioni circa le conseguenze fisiche e sociali del fenomeno. Il professor Bradley Ridout ha poi commentato i risultati, definendoli «estremamente incoraggianti: in media, chi è stato da noi contattato, ha dimezzato il consumo di bevande alcoliche da 40 a 20 al mese». Dimostrazione di come un’informazione diretta e mirata possa fare breccia nel pubblico più giovane.

I sober parties, però, possono diventare anche una risorsa economica fondamentale per le casse di uno Stato. Lo dimostra la Svezia, uno dei Paesi che, storicamente, ha più problemi con l'abuso di bevande alcoliche tra i minorenni: secondo uno studio dell’Assembly of European Regions, il costo sociale delle conseguenze (tra malattie e disagi sociali) della grande assunzione di bevande alcoliche è di 17 miliardi di euro all’anno. Forse per questo molti locali hanno deciso di cambiare rotta. Tra questi il più noto è il Södra Teatern, nel quartiere Södermalm (Stoccolma), dove per entrare è obbligatorio effettuare prima il test all’etilometro: se risulta negativo si può entrare, altrimenti si viene respinti. Sempre in Svezia, inoltre, è nato il Lunch Beat movement, ovvero eventi di un’ora organizzati nella pausa pranzo e in cui si è obbligati a danzare sulla musica di un dj, mangiare, parlare di tutto tranne che di lavoro e, chiaramente, evitare le bevande alcoliche. Per poter partecipare bisogna sottoscrivere un codice di comportamento severissimo. I giovani svedesi ne sono rimasti così entusiasti che presto il Lunch Beat ha varcato i confini ed è diventato un movimento internazionale. A Parigi, ad esempio, la società gestrice della metropolitana ha organizzato diversi “Lunch Beat du métro”, con offerta di baguette farcite, musica e dj famosi per coloro che fossero in possesso di un titolo di viaggio valido.

 

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[MJ Gottlieb (a sinistra) e Jimmy Ham, fondatori di Clean Fun Network]

 

Non potevano mancare tra i protagonisti di questo movimento globale gli Stati Uniti, sempre presenti quando si parla di curiose novità. In questo caso, addirittura, è stato aperto un sito web (e una app) che permette alla community “sober” di restare sempre in contatto e organizzare incontri nelle diverse città. Si chiama Clean Fun Network e in poco tempo, solo l’app, ha raggiunto i mille utenti circa. Tornei di giochi da tavolo, concerti, sfide a ping pong: tutto è buono per incontrarsi e divertirsi senza alcool. A New York, Manhattan per la precisione, vanno fortissimo i laboratori teatrali e di improvvisazione. Insomma, ogni evento è un'occasione per incontrare nuove persone, divertirsi e lasciare giù il bicchiere. Attendiamo di poter raccontare la nascita di un movimento simile anche in Italia.

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