ricerca dell'università di Sidney

È certo: ballare fa bene al cuore più ancora di una camminata

È certo: ballare fa bene al cuore più ancora di una camminata
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Non perdere il ‘ritmo’ è la regola. Meglio se è tenuto a passo di danza e per almeno 150 minuti a settimana. Questa attività a suon di musica e giravolte favorirebbe infatti anche il buon battito cardiaco, allontanando cioè alcune tipiche malattie cardiovascolari legate all’invecchiamento e allungando, in poche parole, la vita. Dopo uno studio americano, dell’Università dell’Illinois che elogiava i meriti di balli latino americani, quali salsa, merengue, bachata e cha cha, ora una ricerca australiana dell’Università di Western Sydney, riconfermerebbe l’efficacia di un sano movimento, dunque del ballo in generale ma anche della camminata, per il benessere e la longevità del cuore.

 

 

Uno studio di danzatori e camminatori. Sotto il mirino dei ricercatori australiani vi erano infatti proprio queste due attività: il ballo da una parte e le passeggiate dall’altra. L’obiettivo era metterle a confronto per osservare se fossero rivali, ovvero se una fosse più benefica dell’altra per il cuore, o se al contrario fossero competitive, apportando cioè gli stessi vantaggi in termini di salute. E proprio questa seconda ipotesi è risultata la più veritiera, seppure con qualche differenza a favore della prima attività, la danza appunto. A monte c’è stato un lungo e accurato studio: un riesame, una survey come viene scientificamente chiamata, di oltre 11 studi condotti tra gli anni 1995 e 2007 su oltre 48 mila persone, tutte più che 40enni e in buono stato di salute, senza essere cioè affetti da problemi di cuore di alcuna natura al momento del reclutamento. Tutti i ballerini e camminatori erano stati interrogati, attraverso un questionario, sulla loro pratica: ovvero quale delle due attività svolgessero, con quale intensità e frequenza settimanale. Di questi, 3 mila intervistati avevano dichiarato di danzare a tutte le intensità, da un livello basso fino a uno sostenuto, mentre i restanti terzi dichiaravano lo stesso ma riferito però alla comune camminata. Le informazioni sul moto attivo, sono state poi inserite dai ricercatori nel National Death Registry, quello che raccoglie tutte le informazioni sulla mortalità.

 

 

Il ballo vince. Senza nulla togliere ai benefici della camminata, tanto di cappello va però al ballo il quale regala migliore forma fisica ai praticanti: sensibilmente più giovani e arzilli, con un indice di massa corporea inferiore, maggiore resistenza fisica rispetto a chi non danzava e più reattivi di fronte alla malattia, meno inclini cioè a contrarre patologie di lunga durata. Tanto che in questo gruppo di danzatori nel periodo di follow-up si sono registrati poco più di 1700 morti per malattie cardiovascolari, dimostrando che anche una intensità moderata di ballo (e anche di passeggiata, comunque) possono ridurre sensibilmente le probabilità di decesso per eventi cardiaci, tenuto conto anche di altre variabili quali età, sesso, posizione socioeconomica e abitudini voluttuarie come fumo e alcol.

Il tempo minimo. C’è un ma, perché per ottenere questi benefici sono necessari almeno 150 minuti di pratica settimanale. Pare infatti che il ballo a livelli ‘light’, sotto questi minuti, non abbia effetti protettivi sul cuore. E fra le due attività, danza o camminata, meglio sempre il ballo, ribadiscono gli esperti, perché la danza permette di lavorare e raggiungere una più alta intensità rispetto alla camminata; è possibile praticarla anche a intervalli più brevi ottenendo talvolta benefici pari all’attività fisica praticata a intensità vigorosa, o di una camminata perdurata, perché gli esiti della danza si sommano; infine tutti i tipi di ballo alternano un tempo lento a un ritmo più veloce. E sarebbero proprio questi ritmi più incalzanti e che richiedono passi più agili e svelti a dare maggiori possibilità di lunga vita e di salute al cuore.

 

 

Lo studio americano. La survey australiana prende le mosse da un precedente studio americano: il programma "Bailamos", ideato dall’Università dell’Illinois di Chicago che aveva coinvolto 54 adulti di etnia latina, per lo più sedentari, di cui l’80% era costituito da donne messicane di età media 65 anni a partecipare a un corso di danze latino-americane per 4 mesi oppure a iscriversi a un corso di educazione sanitaria al fine di misurare gli esiti del movimento sul cuore. Tutti i partecipanti, attraverso un questionario avevano dichiarato la quantità e la tipologia di attività fisica svolta nel loro tempo libero e si erano sottoposti ad un test del cammino su una distanza di 400 metri, sia all’inizio che alla fine dello studio.

Al termine del programma è stato possibile osservare che i ballerini di latinoamericano camminavano più velocemente, ottenendo anche prestazioni migliori rispetto all’inizio dello studio, ovvero percorrendo i 400 metri in meno di 392 secondi, rispetto ai 430 secondi iniziale e una resistenza fisica passata da 650 a 818 minuti a settimana. Invece gli altri erano rimasti, dopo 4 mesi, comunque lenti migliorando da 419 a 409 i minuti impiegati per fare 400 metri e dedicando alle attività fisiche settimanali 628 minuti anziché 522 iniziali. Il risultato? Si sarebbe dimostrato che 150 minuti di attività fisica moderata a settimana o almeno 75 minuti di attività fisica vigorosa (o una via di mezzo tra i due) riducono il rischio di cardiopatia, ictus, diabete di tipo 2, con un impatto positivo anche sull’equilibrio, la mobilità e lo stress.

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