Il viaggio di Francesco in Corea del Sud

Per la prima volta un Papa sorvola il cielo della Cina

Per la prima volta un Papa sorvola il cielo della Cina
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Papa Francesco è partito per il suo viaggio in Corea del Sud. Una visita attesa enormemente a Seoul dove è presente una comunità cattolica molto viva: Bergoglio parteciperà anche alla giornata della gioventù asiatica, a Daejeon, oltre a celebrare una messa per la pace e la riunificazione delle due Coree. Ma al già ricco programma si è aggiunto mercoledì 13 agosto un rito inatteso, che potrebbe segnare un punto importante di riavvicinamento tra il Vaticano e la Repubblica Popolare Cinese.

Come spiega il Corriere della Sera, l’aereo papale ha ricevuto autorizzazione a sorvolare i cieli di Pechino e, come vuole la tradizione di questi viaggi, il Papa è probabile che leggerà un saluto al popolo e ai leader locali. E già questo è un inizio, perché segno di distensione: non è mai successo che un Pontefice sorvolasse lo spazio aereo della Cina, Paese con cui il Vaticano non intrattiene relazioni diplomatiche dalla rivoluzione di Mao. Nell’89, quando Giovanni Paolo II andò a sua volta in Corea, questa concessione non la ottenne, e dovette raggiungere Seoul con un giro più largo. Ma a questo punto, al saluto di Papa Francesco, ci si potrebbe aspettare anche un ulteriore sviluppo diplomatico non indifferente: la risposta del “Gigante Asiatico”. Sarebbe un passo piccolissimo ma con risvolti importanti: rimangono ancora tante questioni aperte ad impedire che da Pechino vi sia un riconoscimento ufficiale dell’autorità petrina, superata da una “Chiesa Patriottica” fedele al partito che prende decisioni e ordina vescovi di sua spontanea volontà. Per questo una replica al saluto papale sarebbe un piccolo miracolo.

Anche perché la situazione della Chiesa cattolica in Cina rimane sempre drammatica, con numerosi arresti e soppressioni di chi non accetta di sottostare al controllo della controparte “patriottica” voluta e gestita da Pechino. Il caso più famoso è quello di Taddeo Ma Daqin, vescovo di Shanghai agli arresti domiciliari in seminario dal 2012, da quando cioè ha abbandonato la Chiesa di regime per sottomettersi totalmente a Roma. A marzo invece è morto Giuseppe Fan Zhongliang: vescovo 96enne, era il simbolo della chiesa sotterranea, avendo dovuto vivere per almeno 30 anni la sua vocazione agli arresti domiciliari o ai lavori forzati. Le autorità non diedero l’autorizzazione al suo funerale nella cattedrale di Sant’Ignazio, a Shanghai, lasciando le celebrazioni in una funeral home: eppure, alle esequie presero parte cinquemila persone, oltre al flusso costante di fedeli che nei giorni precedenti avevano pregato sulla salma.

A tutto ciò si aggiunge la campagna mossa negli ultimi mesi dal partito comunista per rimuovere le croci dai tetti delle chiese, considerate troppo vistose. A essere colpiti sono anche gli edifici di culto del Movimento delle tre autonomie, congregazione ufficiale che gode di una ristretta libertà di culto concessa da Pechino. Da marzo ad oggi i simboli religiosi abbattuti sono stati più di 350, cui si aggiungono anche le distruzioni di alcune chiese. La più importante è l’edificio religioso di Sanjiang, considerata la “Gerusalemme d’Oriente”. Una struttura di 11mila metri quadrati costruita in sei anni: è stata abbattuta nonostante numerosi cristiani si fossero messi attorno alla chiesa per difenderla. Oggi però per la prima volta nella storia un successore di Pietro sorvolerà il cielo sopra Pechino.

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