Il maxi-risarcimento ai Navajo
L'aveva detto il capo dei Sioux Dave Archambault II, che «nessun altro presidente ha fatto tanto per i nativi come Obama». E in effetti i 554 milioni di dollari che la Navajo Nation (i mitici Navajos delle storie del West) riceverà entro due mesi dal Governo Federale (i visi pallidi) costituisce il più grande stanziamento di fondi mai ottenuto da un popolo pellerossa.
La trattativa legale. E non si tratta di un gesto di generosità: è il risultato di una lunga trattativa legale nella quale il governo centrale era accusato di aver fatto dei pasticci con gli assets della comunità indiana per oltre mezzo secolo. In altre parole: di aver sfruttato le risorse naturali del territorio intascandosi i proventi, o una percentuale eccessiva dei medesimi.
Il contenzioso è stato risolto mercoledì scorso quando il Justice Department ha firmato l’assegno, accettando che la somma fosse considerata in aggiunta ad altri accordi in corso di definizione con altre tribù per un valore di circa 170 milioni di dollari. Se precisiamo che la felice conclusione della trattativa è stata annunciata venerdì scorso nella sede dei Navajos a Window Rock, Arizona, è solo perché a parlare di indiani senza citare Window Rock ci parrebbe di far loro un torto.
Secondo l’Attorney General (l’avvocato che ha condotto le trattative per il governo) Eric H. Holder Jr. questo accordo consentirà alla Nazione Navajo di dotarsi di importanti risorse, oltre al fatto di aver risolto in maniera equa ed onorevole per entrambe le parti un conflitto piuttosto burrascoso.
Il governo federale vanta diritti su 14 milioni di acri (5 milioni di ettari) di territorio Navajo, da cui estrae carbone e petrolio, oltre al fatto di sfruttarne le foreste e di riservarsi quote di terreno per fattorie e insediamenti di vario tipo, in seguito a una serie di convenzioni che risalgono all’Ottocento. Visto che lo sfruttamento di queste risorse aveva preso un aspetto decisamente selvaggio, nel 2006 la tribù - una delle più organizzate e culturalmente provvedute fra i Natives - aveva deciso di intentar causa al governo stimando in 900 milioni il danno subito a partire dal 1946, fine della II Guerra Mondiale. Sono diventati 554, ma è probabile che nemmeno i ricorrenti sperassero in un risultato del genere.
A sfavore dei visi pallidi ha giocato il fatto che Andrew Sandler, l’avvocato dei Navajos, ha potuto dimostrare che il governo aveva prima monitorato in maniera molto superficiale la ripartizione dei proventi derivati dalle attività di sfruttamento del suolo e del sottosuolo e poi li aveva usati per investimenti sbagliati, poco redditizi.
Che cosa ne faranno dei soldi. Alla fine sembrano però tutti contenti perché anche Ben Shelly, presidente della Navajo Nation, ha riconosciuto che il risarcimento è «fair and just», ossia proprio quel che ci voleva. Dave Archimbault II, il capo Sioux, potrà dunque rallegrarsi anche per questo successo dei suoi fratelli, che porta a 2.61 miliardi di dollari la quota complessiva dei compensi ottenuti mediante accordi dalle 80 tribù che hanno accusato le autorità centrali di aver speso male i loro soldi e dilapidato le loro risorse. Rimane il problema di come questo fiume di denaro sarà impiegato da coloro che ne sono entrati in possesso. «Strade, acqua, edilizia abitativa, infrastrutture di base», ha detto Dwight Witherspoon, un funzionario della tribù, «Ne abbiamo un bisogno tremendo». Comunque a ottobre è previsto un momento pubblico nel quale chi abbia idee in proposito sarà ascoltato con piacere. Se ci andassero vestiti come per la visita del presidente Obama ai Sioux sarebbe davvero una bella festa. Di quelle a cui farebbe piacere essere invitati.