Dopo l'apertura del Papa

Diaconesse, perché le polemiche non stanno né in cielo né in terra

Diaconesse, perché le polemiche non stanno né in cielo né in terra
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«Vi raccomando Febe, nostra sorella, diaconessa della Chiesa di Cencre». Così scriveva San Paolo in un passaggio della sua Lettera ai Romani: Cencre è vicino a Corinto e Paolo parla di Febe come di una donna molto familiare. Sono passati duemila anni e questa figura delle diaconesse si riaffaccia sulla storia della chiesa. È accaduto giovedì quando le superiori generali degli ordini femminili, radunate in udienza in Aula Nervi in Vaticano, hanno posto la domanda a papa Francesco: «Nella Chiesa c’è l’ufficio del diaconato permanente, ma è aperto solo agli uomini, sposati e non. Cosa impedisce alla Chiesa di includere le donne tra i diaconi permanenti, proprio come è successo nella Chiesa primitiva?».

 

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Prima di arrivare alla riposta del papa è bene capire a cosa facevano riferimento le suore che lo stavano "interrogando" in questa specie di questa specie di "question time". Il diaconato permanente è una posizione che venne introdotta da quel grande pontefice capace di guardare oltre il suo tempo che fu Paolo VI. Il 18 giugno 1967 con una Bolla reintrodusse una figura ben presente nei tempi apostolici, cioè della persona che intende mettersi a servizio della chiesa senza però prendere gli ordini, cioè senza diventare sacerdote. "Diakonos" in greco significa infatti servitore. Questa figura era sparita perché il diaconato era diventato semplicemente il primo grado del percorso verso il sacerdozio: un passaggio che chiunque è prete deve fare. Paolo VI invece reintrodusse la possibilità che una persona restasse diacono a vita, dando la possibilità anche alle persone sposate di diventarlo. Uniche condizioni l'età: 35 anni. Chi invece chiede di essere diacono senza essere sposato, deve restare celibe. Ovviamente Paolo VI aveva fatto tutto questo intuendo che nei decenni successivi la chiesa sarebbe stata alle prese con la drammatica crisi delle vocazioni sacerdotali.

 

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Insomma la domanda delle superiori generali era ben studiata e ben motivata da precedenti storici. E Francesco, come nel suo stile non ha eluso il problema. Ha raccontato di aver posto la questione ad un illustre professore grande conoscitore della storia della chiesa, per capire meglio chi potesse far parte di questo "servizio" nei primi tempi della Chiesa. Il riferimento di San Paolo infatti lascia capire che l'istituto fosse aperto anche alle donne. Ma ci sono altre testimonianze che confermano la presenza di donne nel diaconato, sia nella chiesa occidentale che in quella orientale, nei primi secoli. Ha raccontato il papa: «Sembra ― mi diceva quell’uomo, che è morto, era un bravo professore, saggio, erudito ― sembra che il ruolo delle diaconesse fosse per aiutare nel battesimo delle donne, l’immersione, le battezzavano loro, per il decoro, anche per fare le unzioni sul corpo delle donne, nel battesimo. E anche una cosa curiosa: quando c’era un giudizio matrimoniale perché il marito picchiava la moglie e questa andava dal vescovo a lamentarsi, le diaconesse erano le incaricate di vedere i lividi lasciati sul corpo della donna dalle percosse del marito e informare il vescovo». Alle fine, pragmaticamente, Francesco ha raccolto la proposta delle suore di far studiare la questione ad un'apposita commissione di esperti.

Ovviamente questa apertura ha scatenato polemiche un po' pretestuose è molto rissose. In realtà il papa ha sempre detto che la porta al sacerdozio femminile è chiusa. Semplicemente riconosce che il ruolo delle donne della chiesa è sempre più decisivo a livello di servizio e di testimonianza. E inoltre sapeva bene quale fosse la condizione di crisi degli ordini femminili che aveva davanti a sé: quindi trovare altre forme di presenza delle donne nella vita della chiesa è certamente una delle grandi sfide che il cattolicesimo dovrà affrontare.

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