Quelli scesi fino a Frosinone (97 minuti di tifo e 180 al ristorante)

Una trasferta da ricordare. Il viaggio a Frosinone, per buona parte dei tifosi dell’Atalanta, è stato un’autentica impresa. Chi è arrivato in auto ed è ripartito subito dopo il fischio finale ha accorciato un po’ i tempi, ma 1300 chilometri tra andata e ritorno, fatti tutti d’un sorso, rappresentano comunque qualcosa di molto impegnativo per ritrovarsi a vedere la partita in un impianto vecchio, decrepito e inadeguato come quello del Matusa.
I più temerari hanno scelto di onorare la scampagnata in terra ciociara con una cena tipica post-partita e qui i contorni dell’impresa diventano quasi memorabili: gli amici di “Chei de la Coriera” si sono sciroppati ben 24 ore di viaggio tra andata, ritorno, partita e mangiata serale. Tutto vissuto con grande spirito, per uomini e donne di tutte le età con voglia di stare assieme. Ed un sorriso emblematico sulle labbra.

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25 euro per 4 tubolari in mezzo ai balconi. Il grosso dei tifosi bergamaschi è partito da Bergamo di prima mattina. Per arrivare a Frosinone bisogna muoversi sulla dorsale dello stivale: Verona, Modena, Bologna, Firenze e Roma sono le tappe principali di chi ha lasciato Bergamo in auto o in bus per seguire la Dea. Un amico che, anni addietro, ebbe l’occasione di fare la stessa trasferta per motivi di lavoro racconta di una sensazione simile a quella di un viaggio senza fine: cambiano i paesaggi, si passa dalla pianura all’appennino e si accarezza Roma ma non si arriva più.
Autogrill e aree di sosta hanno permesso a tutti di spezzare un po’ la monotonia, l’arrivo a Frosinone è avvenuto tra le 16.30 e le 17 e la sensazione di sentirsi a casa era comune. Niente a che vedere con Bergamo, ci mancherebbe, ma anche la città ciociara ha una parte bassa e una zona alta. Alcuni giornalisti del posto confermano: le similitudini con Bergamo ci sono.
Accolti appena fuori dall’autostrada dai mezzi messi a disposizione dalla questura locale, i bergamaschi sono arrivati al Matusa con un’ora di anticipo rispetto alla gara, ma all'ingresso lo spettacolo non è stato dei migliori. Case appiccicate al campo, tribune prefabbricate ed un senso di abbandono totale per un settore costruito di tubolari che costa, al botteghino, 25 euro. La Curva Pisani, per intenderci, sembra il miglior settore di uno stadio inglese al confronto.
Container stampa, mezza tribuna e calcio antico. D'altra parte, a Frosinone il grande calcio è arrivato in questa stagione: si racconta di un nuovo impianto che sta nascendo un po’ più lontano dal centro città ma la situazione attuale è da incubo. La Tribuna Centrale è coperta solo nella zona più esclusiva; per vip e autorità ci sono una decina di posti e gli ingressi sono quasi nascosti. Tutto il resto dell’impianto è sprovvisto di copertura, il Matusa è nato negli anni ’30 e un po’ tutti sono convinti che a quel tempo sia rimasto. Qui la serie A è arrivata quasi a sorpresa, il calore dei tifosi di casa si percepisce fin dal piazzale esterno e basta alzare lo sguardo e aprire le orecchie per capirlo: i cori iniziano ben prima del fischio d’avvio ed è un autentico spettacolo vecchio stile. Agli ingressi gli steward cercano di capire dove siano le postazioni stampa, chi scrive era posizionato in due container senza luce e senza riscaldamento nella parte superiore delle tribune laterali e la porzione di campo che si vedeva non permetteva (ad esempio) di accorgersi di tutti i fuorigioco. Tutto è molto semplice, tutto è lontano anni luce dagli impianti moderni e accoglienti che i tifosi sognano, ma qui, a 100 km da Roma, presto arriveranno Inter e Juventus. Saranno eventi storici, con buona pace di tubolari, container e balconi.
La partita: poche emozioni, grande calore. Durante i 97 minuti di gioco le squadre non hanno offerto un bello spettacolo ma dalle tribune è arrivato comunque grande calore. Il pubblico di casa non ha smesso per un istante di far sentire il proprio appoggio al Frosinone, i bergamaschi al seguito hanno cercato di unire le loro voci (162 contro migliaia di ciociari) e in alcuni momenti si sono anche distinti per qualche piccolo boato. Per ingannare l’attesa del match, qualche mattacchione ha pure organizzato un balletto in stile Nuova Zelanda, una “Haka” made in Bergamo.
Nel primo tempo la gara è stata un po’ bloccata, nella ripresa l’Atalanta ha cercato di alzare un po’ il baricentro e le occasioni capitate nel finale sono state sottolineate da urla strozzate in gola dei tifosi orobici. Sul pallone di Gomez finito di pochissimo sul fondo, in particolare, la prospettiva dei supporters nerazzurri era decisamente infelice (si attaccava sotto la curva opposta) e l’illusione del gol l'hanno avuta tutti. Appena si è capito che la rete era stata smossa solo di rimbalzo dopo che la palla era sfilata sul fondo, lo 0-0 è diventato realtà e ai bergamaschi non rimaneva altro che far ritorno a casa.












Il dopo gara: cena memorabile di “Chei de la Coriera”. Il deflusso dei sostenitori nerazzurri è avvenuto senza alcun intoppo, la maggior parte ha fatto subito ritorno verso Bergamo ma i 52 partiti con il bus organizzato da “Chei de la Coriera” hanno fatto prima una tappa gastronomica a Torrice, nel ristorante Sestilio. Arrivati a destinazione intorno alle 21, la cena doveva essere abbastanza rapida ma pietanze e clima si sono fatti subito piacevoli e dopo i 97 minuti di gioco, Marco e gli altri si sono concessi ben 180 minuti a tavola.
La cena si è protratta ben oltre mezzanotte, il menu comprendeva antipasto con salumi e formaggi, gnocchi, fettuccine ai funghi, pasta e fagioli, abbuticchio, coda alla vaccinara, trippa, crostata e ciambella da inzuppare nel vino, vino, acqua, caffè e ammazza caffè. Un’altra autentica impresa che i fedelissimi de “Chei de la Coriera” hanno portato a termine in scioltezza regalando anche momenti di calore atalantino all’interno del ristorante. I gestori sono rimasti talmente colpiti che prima del conto hanno chiesto a tutti di lasciare un autografo su una tovaglia bianca con cui faranno successivamente un quadro ricordo. Chi c’era, racconta di una serata memorabile.
Il rientro: stanchi ma felici. Il viaggio di ritorno, dopo i bagordi e la festa al ristorante, è trascorso senza intoppi e un paio di soste in autogrill hanno permesso di spezzare la traversata verso Bergamo. Stanchi ma felici, i bergamaschi si sono lasciati l’alba alle spalle più o meno all’altezza del Lago di Garda e l’arrivo a Bergamo intorno alle 8 ha chiuso 24 ore al fianco dell’Atalanta trascorse a bordo di un bus con ragazzi e ragazze provenienti da parecchie zone della provincia e non solo. Due appassionati sono arrivati a Bergamo da Savona, si sono sciroppati un giorno intero a bordo del bus per poi riprendere la strada verso casa. Piccola storia di ordinaria amicizia di chi segue l’Atalanta insieme a tanti amici.