La ricomparsa di Majorana (anch'essa «misteriosa e unica»)
Ora ne siamo certi: Ettore Majorana, il giovane fisico catanese collaboratore di Enrico Fermi nel laboratorio di via Panisperna, scomparso misteriosamente nel 1938 da bordo del piroscafo che avrebbe dovuto portarlo da Napoli a Palermo, era ancora vivo nel quadriennio 1955-1959, quando avrebbe avuto da 49 a 53 anni, essendo nato a Catania nel 1906.
Viveva nella città venezuelana di Valencia, dove era arrivato di propria volontà. Lo ha accertato la procura di Roma che ha chiesto l’archiviazione di un fascicolo aperto nel 2011 dopo che i carabinieri del nucleo investigativo avevano raccolto la testimonianza di una persona che in un’intervista televisiva aveva affermato di aver visto Majorana a Buenos Aires alla fine della seconda guerra mondiale.
Tre anni prima, il 15 febbraio 2008, un emigrato italiano in Venezuela - Francesco Fasani, di professione meccanico - aveva chiamato la trasmissione “Chi l’ha visto?” di Rai3 sostenendo di aver frequentato nella seconda metà degli anni Cinquanta un signore che si faceva chiamare Bini ma che lui era certo che fosse Ettore Majorana, perché questo gli aveva detto l’amico che glielo aveva presentato e che lo aveva incontrato anni prima in Argentina. L’amico era il testimone poi ascoltato dai carabinieri.
Il Fasani si diceva anche in possesso di una foto in cui compaiono lui e il signor “Bini”. Essa risulta scattata in Venezuela nel 1955 a documentazione (“quasi sotto ricatto”) di un prestito di 150 bolivar che lo stesso Fasani aveva accordato all’altro. Il volto del quale risulta compatibile - secondo i Ris di Roma che hanno condotto le analisi antropometriche - con quello del fisico catanese. Una volta “invecchiato” al computer presenta anche una singolare somiglianza con quello del padre dello scomparso, Fabio Massimo.
[L'annuncio della scomparsa stampato sulla Domenica del Corriere]
«I risultati della comparazione - scrive il procuratore aggiunto Laviani nella richiesta di archiviazione - hanno portato alla perfetta sovrapponibilità dei particolari anatomici di Majorana (fronte, naso zigomi, mento ed orecchio) con quelle del padre. A conferma di quanto accertato, anche una cartolina che Quirino Majorana, zio di Ettore ed altro fisico di fama mondiale, scrisse nel 1920 ad un americano, W.G. Conklin, trovata dallo stesso Fasani nella vettura di Bini-Majorana». Difficile, a questo punto, dubitare dell’identità del soggetto in questione, «stante il rapporto di parentela con Quirino, la medesima attività di docenti di fisica e il frequente rapporto epistolare già intrattenuto tra gli stessi, avente spesso contenuto scientifico».
Vengono così a cessare tutte le ipotesi - avanzate anche da parenti e amici - che volevano lo straordinario genio catanese ucciso, o suicidatosi, o riparato in qualche convento e, infine, clochard - sempre in Sudamerica. Si accredita invece la pista seguita da Leonardo Sciascia, scrittore siciliano al pari del protagonista del romanzo - oggi lo si chiamerebbe “docufiction” - “La scomparsa di Majorana” (1975) nel quale rielabora in maniera personale, accattivante e molto verosimile notizie frammentarie sul fatto, dichiarazioni di persone vicine a Majorana e documenti d’epoca.
Secondo Sciascia, Majorana - che esperti in IQ (quoziente intellettivo) collocano tra Newton e Einstein - si sarebbe ritirato in un convento perché spaventato dalle possibili conseguenze delle ricerche sviluppate assieme al team di Fermi che, come noto, portarono da lì a qualche anno alla costruzione della prima bomba atomica. Anche altri scienziati - pur senza scomparire - avrebbero optato per il ritiro da quel progetto.
Che cosa sia accaduto a Ettore Majorana dopo quella fotografia non è però dato a nessuno di sapere. Ma in seguito alle notizie sopra riportate, oggi 6 febbraio un testimone oculare ha rilasciato un’intervista all’ANSA nella quale dichiara di aver incontrato lo scienziato all'inizio degli anni '80 a Roma. «Majorana era sicuramente vivo nel 1981 ed era a Roma. Io l'ho visto». Lo avrebbe incontrato sugli scalini dell’Università Gregoriana, in piazza della Pilotta, insieme a monsignor Luigi Di Liegro, fondatore della Caritas romana. «Era un senzatetto, che poi fu riportato nel convento dove era ospitato», ha riferito il testimone, che lo avrebbe poi rivisto in altre tre o quattro occasioni.
Colpito dal fatto che un altro clochard avesse detto che il suo amico aveva risolto il "Teorema di Fermat” (il teorema croce e delizia dei matematici per quattro secoli, dimostrato soltanto nel 2000 dall’americano Andrew Wiles) e che altri ne parlassero come di un mago dei numeri, il testimone - che vuole rimanere anonimo - avrebbe chiesto al misterioso matematico di farsi trovare lì la sera dopo. Pensava di fargli incontrare Di Liegro che, puntuale all’appuntamento, lo caricò in auto e quando tornò disse al nostro anonimo: «Sai chi è quell'uomo? È il fisico Ettore Majorana, quello scomparso. Ho telefonato al convento dove lui era ospite e mi hanno detto che si era allontanato. Ora ce l'ho riportato».
Il testimone racconta di aver saputo da don Di Liegro - che a sua volta lo aveva appreso dal responsabile del convento - che la ragione per cui Majorana aveva deciso di sparire è quella riportata nell’articolo: la previsione dell’atomica. Lo stesso responsabile del convento aveva riferito al monsignore che il fisico era stato ospite di un altro convento, a Napoli, prima di trasferirsi in quello nei pressi di Roma. Entrambi erano certi che fosse lui anche per una cicatrice sulla mano destra, segnalata al momento della scomparsa. La notizia non venne data ai parenti e a nessun altro su esplicita richiesta del ricomparso. Il testimone era stato autorizzato da monsignor Di Liegro a diramarla non prima di quindici anni dalla sua morte, avvenuta il 12 ottobre 1997. La coincidenza con l’archiviazione delle indagini sulla vicenda venezuelana ha fatto il resto. Qualcuno saprà indicarci il luogo ove è sepolto quel fantastico barbone?
http://youtu.be/55SM9TcKarE