I segreti di I Am, pronto a vincere la sua sfida in quel di Oriocenter
È l’ultimo arrivato in via Portico, ma le premesse sono già delle migliori: il party di inaugurazione dello scorso 7 dicembre, quando I Am ha ospitato il dj set di Floriana Serani e offerto un servizio di open bar per i visitatori, ha richiamato un grosso numero di persone e il feedback è stato più che positivo. Per I Am, nuovo negozio aperto al primo piano di Oriocenter, è quindi tempo di fare sul serio e di capitalizzare lo slancio dato dall’inaugurazione. Si tratta della diciannovesima apertura per lo store nato a Roma dieci anni fa, e che - soprattutto negli ultimi quattro anni - è riuscito a portare i suoi capi d’abbigliamento (rigorosamente made in Italy) in tutte le principali città italiane e in molti dei centri commerciali principali. La catena ha poi un ingrosso, nel bolognese, dove convergono tutti i capi per la distribuzione estera. Abbiamo parlato con Michele Varisco, direttore commerciale della catena, che ha risposto alle nostre domande dalla sede romana di I Am, presso il DECA, comprensorio dell’ex RCA Music.
Direttore, racconti I Am a chi non lo conosce.
«Parlando di dati cronologici: il percorso comincia nel 2010, quando è stato aperto il primo negozio a Roma. Allora era un piccolo negozio, ma era la base giusta per avviare una crescita e per sostenere un progetto di espansione. Nei primi sei anni i negozi aperti sono stati cinque, ma si trattava di ingranare: con alcuni cambi nell’asset dirigenziale c’è stato un upgrade che ha portato all’apertura di quattordici nuovi negozi. Ora abbiamo una struttura solida e ben distribuita sul territorio».
Siete nati a Roma, ma ora avete “conquistato” anche il Nord Italia.
«Sì, e non solo: siamo riusciti a collocarci in una serie di punti strategici e particolarmente in vista. Del resto anche l’apertura di Oriocenter rientra in questa logica. I primi negozi aperti erano in zone abbastanza periferiche, anche per quanto riguarda le aperture di Roma. Ora siamo riusciti a occupare i centri città e i centri commerciali. È un passaggio fondamentale per una catena di negozi».
Come si spiega una crescita di questo tipo?
«Con una serie di fattori. Uno dei segreti, a nostro avviso, è il percorso di strutturazione alla base dell’azienda. Quando sono arrivato, ad esempio, una delle prime misure che ho preso è stata l’apertura di una Academy di formazione del personale in modo che in tutti i punti in cui siamo presenti in Italia ci sia uniformità di linea e di metodo, e tutti quelli che ci rappresentano nei vari negozi sappiano di preciso cosa fare, cosa vuole comunicare il brand, come trattare i clienti, come rispettare gli standard professionali per offrire un’esperienza che i clienti poi sono disposti a ripetere tornando nel negozio».
A livello di prodotto, come vi presentereste?
«I Am offre un prodotto low cost, con un prezzo medio che, per capirci, si aggira attorno ai trenta euro, con pochissimi capi che superano i cento euro: forse solo le giacche di pelle. Basandoci sui dati di vendita, devo dire che gli “abitini” vanno particolarmente forte, indipendentemente dalla stagione. Ma abbiamo di tutto: dalla maglieria agli accessori».
Chi disegna i vostri capi?
«Abbiamo un ufficio stile composto di sei persone. Disegnano tutto loro prendendo spunto chiaramente da sfilate e tendenze».
Target di riferimento?
«Direi dalle ragazze attorno ai vent’anni fino alle donne di 45, 50 anni».
Cosa vi aspettate dall’apertura di Orio?
«Il centro commerciale è bellissimo, sono rimasto colpito quando sono andato a visitarlo perché è molto grande e ci sono tantissimi negozi. L’area del lusso è un valore aggiunto che richiama sicuramente tante persone. C’è tanta concorrenza, ma credo che ci sia spazio anche per noi, perché non ho visto, nonostante le centinaia di attività, un prodotto come il nostro, un made in Italy con il nostro stile e alla nostra fascia di prezzo».
Com’è, rispetto agli altri negozi, quello di Orio?
«Ha un’atmosfera più vintage, con colori caldi e luci retrò. A livello di dimensioni, siamo nella media, con centoventi metri quadri aperti al pubblico».