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Tahar Ben Jelloun: «Non è vero che i terroristi vanno in paradiso»

Tahar Ben Jelloun: «Non è vero che i terroristi vanno in paradiso»
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Si misura con approccio socio-pedagogico e nessuna ipocrisia alla paura, alla violenza e a un’intera generazione cresciuta in uno scenario di terrore. Lo scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun nel suo ultimo libro Il terrorismo spiegato ai nostri figli, uscito a febbraio a quasi vent'anni di distanza da Il razzismo spiegato a mia figlia con cui ha venduto oltre due milioni di copie nel mondo, invita a dire la verità e a scegliere con cura le parole. Ben Jelloun fa riflettere anche sulla responsabilità di educare, perché «i bambini vanno aiutati ad accettare il reale, con tutto ciò che questo ha di imprevisto e insopportabile. Per realizzare questi obiettivi servono pazienza e pedagogia, andando al di là dell’emozione, per arrivare all'essenziale, ai fatti», scrive l'autore.

 

 

Ben Jelloun martedì 14 alle ore 20.45 sarà al cinema Conca Verde in una conversazione con Marco Belpoliti inserita nella programmazione della rassegna Molte fedi sotto lo stesso cielo. Il giorno successivo, 20.30, sarà all’auditorium Modernissimo di Nembro (piazza della Libertà), per il festival letterario PresenteProssimo, promosso dal Sistema bibliotecario Valle Seriana e dal Sistema culturale integrato della bassa pianura bergamasca: converserà con l'arabista e ricercatrice universitaria Jolanda Guardi riguardo la propria produzione letteraria e non solo (ingresso libero fino ad esaurimento posti senza prenotazione). Dalla definizione di terrorismo, che «è una modalità di azione, non una teoria», al suo rapporto con la politica e la religione, alle «primavere arabe», Ben Jelloun indaga su come si arrivi alla follia di uccidere persone che non si conoscono, e nello stesso tempo cerca di capire perché i terroristi accettino di morire e invita a distinguere tra le diverse interpretazioni dell’Islam, spesso contraddittorie. L’unica via possibile da seguire è alla fine quella di proseguire, per Ben Jelloun, sulla «strada del sapere e del dubbio» perchè «solo la cultura è capace, sulla lunga durata, di combattere le idee nauseabonde del terrorismo, da qualsiasi parte esse vengano».

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