L'amore al Gleno

Tre matrimoni, un consigliere comunale e un bacio appassionato tra le mura del carcere

Simone Paganoni ci racconta le nozze che ha celebrato, in un solo giorno (il 24 novembre), nella struttura detentiva cittadina. Con momenti anche divertenti

Tre matrimoni, un consigliere comunale e un bacio appassionato tra le mura del carcere
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di Heidi Busetti

Tre matrimoni e un consigliere comunale. Potrebbe essere titolata così la giornata del 24 novembre, se fosse un film girato a Bergamo. Location, il carcere cittadino, in via Monte Gleno, dove martedì hanno pronunciato il loro sì tre coppie, di cui una formata da un ragazzo e una ragazza entrambi in carcere. Pare una storia lontana, incredibile, impossibile. Perché quando si pensa al matrimonio, entrano in scena gli sposi in abito nuziale, decine di invitati e un ricevimento studiato su misura, con tutti i dettagli sistemati a dovere. E invece, voilà, il matrimonio è ben altro e a insegnarcelo ecco comparire sei figure che nessuno avrebbe mai visto su questo palcoscenico: niente abito da sposa, zero invitati, nemmeno l’ombra di un testimone amico. Solo la coppia pronta a giurarsi amore eterno, un consigliere comunale, e per testimoni un cappellano, un prete, una suora e Valentina Lanfranchi, garante dei detenuti.

«Sono stato celebrante per dieci anni qui in carcere, ma è la prima volta che celebro tre matrimoni nello stesso giorno, uno dei quali fra due detenuti - racconta Simone Paganoni, consigliere comunale di maggioranza di Patto per Bergamo -. Nessun esterno poteva entrare a causa delle normative Covid, così ero accompagnato solo dal segretario che deve presiedere i matrimoni che si svolgono fuori dalla casa comunale e dall’addetta dell’anagrafe».

L’emozione? Tanta, sebbene le tre coppie fossero completamente differenti per caratteristiche. «Una, nella quale entrambi sono detenuti, mi ha dato l’impressione, ma è una sensazione personale, di un innamoramento molto forte - continua Paganoni - perché quando si guardavano traspariva in modo evidente il desiderio di stare insieme. Probabilmente, per chi sta in carcere è importante sapere di avere qualcuno che è legato a te, nonostante tutto. La seconda coppia, di cui detenuto era sempre lo sposo, era formata da due ragazzi molto tatuati, innamoratissimi: basti dire che non mi hanno guardato nemmeno un istante lungo i quindici minuti del rito. Si sono baciati senza interruzione, dal primo all’ultimo secondo, davanti ai quattro testimoni, che mi guardavano tra l’imbarazzato e il divertito. Ho dovuto persino ripetere la domanda: “Siete qui per celebrare il vostro matrimonio?”, perché quando l’ho chiesto la prima volta non ho avuto risposta. “Ci scusi - mi hanno detto - non la stavamo ascoltando”». Senza contare che arrivati al paragrafo dei figli, il consigliere si è sentito di sottolineare che non era quello il momento per concepire una nuova vita.

«La terza coppia, dove anche in questo caso l’uomo è detenuto, era invece timidissima - conclude Paganoni -. Lui è straniero, anche se la nostra lingua la parla benissimo. L’incontro con questa ragazza gli ha cambiato la vita. Ha voglia di studiare, così una volta uscito farà le scuole serali alberghiere e si diplomerà». Non ci resta che augurare agli sposi un futuro di felicità.

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