Storia tra Italia e Africa

Affido del figlio, una battaglia vinta L’amore di un padre oltre i confini

Affido del figlio, una battaglia vinta L’amore di un padre oltre i confini
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Un amore infinito, che va oltre le barriere. E che con la forza che può venire solo dal desiderio di un padre di riabbracciare suo figlio, riesce a farle crollare. Una a una. Quella di Angelo Maggioni, 39 anni, residente a Viganò (Lecco), è una grande storia di sofferenza, ma anche di testardaggine. Di un braccio di ferro vinto contro enti miopi e istituzioni sorde alle sue continue richieste di aiuto. Richieste avanzate in oltre tre anni di battaglie senza confini per rivendicare un suo sacrosanto diritto: poter stare con suo figlio. Quel bimbo che da giovedì 14 settembre vive finalmente con lui e che lunedì 18 settembre ha frequentato il suo primo giorno di scuola materna in un istituto del territorio. «È successo un miracolo - racconta commosso Angelo - perché dopo tanti mesi di lotte su ogni fronte, grazie alla mediazione di un avvocato, sono arrivato a un accordo di affido condiviso con la mia ex moglie algerina. Nessun intervento con la forza, nessuna causa, niente di niente. Solo una paziente opera di convincimento sul fatto che è qui, in Italia, che nostro figlio può ricevere un’istruzione adeguata e costruirsi un futuro. Ma anche liberamente sentire e vedere la sua mamma, come è giusto che sia. Non ho vinto io, ha vinto il nostro bambino».

L’inizio della storia. La battaglia di Angelo era iniziata nel mese di giugno del 2013, quando quella che all’epoca era ancora sua moglie era tornata al suo Paese di origine, l’Algeria, per avviare le pratiche del divorzio. Negandogli di vedere il bimbo, che aveva solo qualche mese di vita. Per il viganese è stato l’inizio di un calvario, fatti di una denuncia per sottrazione di minore, viaggi in Algeria durante i quali è a volte riuscito a vedere suo figlio, seppur tra mille difficoltà. Ha scritto a ogni singolo parlamentare italiano (soltanto uno lo ha ascoltato e ha riportato il suo caso in una interrogazione alla Camera), si è rivolto al Governo, al Parlamento Europeo, ha pubblicato video su Facebook e si è messo in rete con i tanti genitori alle prese con le stesse problematiche. «Sono arrivato al punto di non fidarmi più di nessuno, tante erano le prese in giro subite - racconta - Quella che mi ha fatto più male è stata quella del Mediatore Europeo. Un organo pressoché sconosciuto, nato, ironia della sorte, proprio da un problema con l’Algeria. Ma al quale ci si può rivolgere solo se non ci sono procedimenti pedonali in corso, una situazione di fatto rarissima, perché chi perde un figlio il primo atto che compie è una denuncia per sottrazione. Avendo io ritirato la denuncia ho potuto farvi ricorso, mi hanno poi dirottato verso una onlus di Berlino, che mi ha scaricato. Senza più darmi nessuna risposta».

 

 

Quanta fatica. Angelo, in oltre tre anni, ha contattato decine di legali. «C’era chi voleva visibilità, chi mi ha chiesto una montagna di soldi, chi proponeva soluzioni illecite - continua - Casualmente, grazie a una mamma conosciuta su Facebook, ho avuto il numero dell’avvocato Luca Zita di Monza. Che senza batter ciglio ha assunto il mio caso. Inizialmente ho diffidato anche di lui: c’è stato un difficile tira e molla, anche perché a un certo punto tutti dicevano il contrario di tutto. Ambasciata, Ministero, avvocato...  Fino a quando mi è giunta la sua telefonata: di lì a poco la mia ex moglie sarebbe venuta in Italia per firmare l’accordo di affido condiviso, con domicilio a casa del papà. Sono caduto dalla sedia, non riuscivo a crederci. Il legale era riuscito, con la sola forza della diplomazia, a convincerla a reagire alle pressioni della sua famiglia per il bene del bimbo».

Lieto fine. L’accordo è stato firmato e ora si aspetta l’udienza di conferma da parte del giudice prevista per il 17 ottobre (ma il legale ha chiesto di anticiparla). «Due mesi fa la mia ex moglie è venuta qui, insieme abbiamo scelto l’asilo per il bimbo, abbiamo preso accordi con una fattoria didattica della zona per dargli modo di prendere parte ad attività all’aperto e grazie all’associazione Ale G. di Lomagna gli diamo la possibilità di continuare a studiare l’arabo e l’Islam, perché entrambi conveniamo che sia giusto non sradicarlo dalle sue origini». Il piccolo ora vive in Italia e con lui c’è anche la mamma. Che tra qualche settimana tornerà in Algeria, ma che potrà vederlo quando vorrà. «Quello che è successo è un miracolo - continua Angelo - Chi ha fatto cambiare idea alla mia ex moglie? Una sola persona, il bambino. La prima persona che ringrazio è proprio lei, perché da donna, in un Paese islamico, ha trovato la forza di andare contro le pressioni della sua famiglia per il bene di nostro figlio. Ringrazio poi l’avvocato, senza di lui non ce l’avremmo fatta: nessun bambino è tornato dall’Algeria con la sola forza della diplomazia. Lui ci è riuscito».

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