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«Il centro e i borghi sono vivi Smettiamola di lamentarci»

«Il centro e i borghi sono vivi Smettiamola di lamentarci»
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[Foto di Sergio Agazzi]

 

Ventotto anni, diplomato al Lussana, laureando in Ottica-optometria, consigliere di Confartigianato e, da metà luglio, presidente del Distretto urbano del Commercio (Duc) che comprende il centro, Città Alta, Borgo Palazzo e Borgo Santa Caterina. Nicola Viscardi è un giovane determinato, che ama costruire, titolare - con la sua famiglia - di Foto Ottica Skandia in via Borgo Palazzo. L’apprendistato “politico” l’ha fatto con le Botteghe di Borgo Palazzo, la prima libera associazione registrata in Comune. Cinque anni fa, con alcuni amici ha cominciato a interessarsi dei problemi della sua via, elaborando progetti interessanti come l’estensione del wi-fi e quello sulle vetrine sfitte. Un impegno replicato ora dal Duc con un bando regionale e comunale attraverso il quale è stato dato un contributo economico ad attività che entravano in negozi sfitti del semicentro, come via Quarenghi e via Broseta. Il bando, che offriva fino al 50 per cento delle spese sostenute, è andato esaurito e dodici attività hanno riaperto. Il nuovo fronte è quello della sicurezza. Grazie al Comune, verrà dato un contributo ai commercianti di tutta la città per investimenti su telecamere, vetrine antisfondamento, vigilanza. Si parte il 14 gennaio.

 

 

Viscardi, come si fa a risolvere il problema del centro?

«C’è molto da fare, ma la situazione non è negativa come si pensa: il centro è vivo».

Ha presente un giovedì sera qualsiasi?

«So dove vuole arrivare: viale Papa Giovanni, via Tiraboschi, via sant’Alessandro, il Sentierone, Largo Belotti sembrano un deserto...».

Sono un deserto.

«Eppure i dati che noi registriamo ci dicono che le presenze sono in costante crescita. Nel centro di Bergamo arrivano circa 40 mila persone al giorno. Un numero non inferiore ad altri poli commerciali».

Come fa a dirlo?

«Usiamo la stessa tecnologia dei centri commerciali. Con l’occhio elettronico possiamo sapere il dato orario, il dato medio, il dato giornaliero, l’influenza del meteo. Va da sé che il transito dalle 6 alle 9 di mattina su viale Papa Giovanni viene escluso, perché sono pendolari che si recano alla stazione. Presto integreremo il monitoraggio con sensori di fronte alle vetrine e con gli ingressi veri e propri nei negozi».

E quindi?

«Quindi la situazione è positiva. Se pensiamo a cos’era Largo Rezzara cinque anni fa… I dehors hanno portato in quella zona una vivacità anche alla sera. Scelte amministrative intelligenti hanno contribuito a creare un contesto favorevole. Dobbiamo tutti imparare a costruire, anziché lamentarci».

E il caro affitti, la mancanza di parcheggi, la concorrenza di Amazon e dei grandi centri commerciali? Non la fa troppo facile lei?

«Una cosa per volta».

Il caro affitti.

«È un problema molto serio perché tocca una contrattazione tra privati, sulla quale anche le istituzioni possono fare ben poco. Ed è un problema ancor più grave perché un negozio sfitto ha una rapida curva di deterioramento: più rimane chiuso più diventa difficile affittarlo».

Alcuni prezzi sono folli.

«Da un lato capisco anche i proprietari che chiedono prezzi esorbitanti o che preferiscono non affittare. In un mercato così dinamico e mal regolamentato, il rischio di non incassare il dovuto, di cause giudiziarie, di cattivo utilizzo dei locali, li scoraggia: meglio perdere tremila euro all’anno di Imu che subire grane a non finire. Dall’altro lato, è vero, alcuni prezzi sono folli. Voi di BergamoPost, giustamente, avete fatto una denuncia in tal senso: so di immobili in centro, superfici di duecento-trecento metri quadri, che hanno un costo di 130-150 mila euro all’anno. Ma qui non siamo a Milano».

Che cosa si può fare?

«Poco: avevamo provato a ragionare con il Comune per cercare di arginare il fenomeno. Si era pensato a uno sconto sull’Imu e sulla Tari in cambio di affitti più ragionevoli. Ma a livello comunale l’unica tassa che si poteva evitare di esigere era quella sui rifiuti. La tassa viene però calcolata su base condominiale e, a livello burocratico, i soldi non incassati andavano a ricadere sugli altri condomini. Un’altra ipotesi era punitiva: il raddoppio dell’Imu ogni anno in cui la bottega resta sfitta. Una boutade sciocca, per dire però che il problema esiste».

Risultato?

«Con questa domanda-offerta di negozi, ferma a trent’anni fa, i giovani che vorrebbero insediarsi in città non lo faranno. Se devo pagare centomila euro all’anno per 70 metri quadrati in via Sant’Orsola, o in via Tasso, non aprirò mai. Meglio in Borgo Palazzo a 20 mila euro, oppure vendere solo online, o mettersi insieme e realizzare un co-working da qualche parte. Poi capisco chi dice che il centro ha un suo valore e che esiste la probabilità di affittare a una multinazionale. È una logica...

 

Per leggere l’articolo completo rimandiamo a pagina 5 del BergamoPost cartaceo, in edicola fino a giovedì 10 gennaio. In versione digitale, qui.

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