Intervista esclusiva

La scienziata e senatrice a vita Elena Cattaneo: «Ci giochiamo tutto in tre settimane»

La scienziata e senatrice a vita Elena Cattaneo: «Ci giochiamo tutto in tre settimane»
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di Bruno Silini
[foto: 2017 Fotografico, Senato della Repubblica]

La senatrice a vita, docente della Statale di Milano e scienziata Elena Cattaneo (di origini bergamasche e cittadina onoraria di Paladina) nel suo intervento del 4 marzo scorso in Aula al Senato si è associata alle riflessioni dei colleghi senatori che chiedevano, in relazione all’emergenza del coronavirus, capacità di ragionamento, studio, valutazione quotidiana della situazione, trasparenza verso i cittadini, atteggiamento serio, collaborativo e responsabile.

Qual è il suo punto di vista su quanto sta accadendo?

«Come ho già avuto modo di argomentare in Senato, siamo di fronte a una situazione del tutto inedita che ha colpito tutti noi. In sole tre settimane la nostra vita è profondamente cambiata. Colpisce e sicuramente fa soffrire vedere il nostro Paese combattere per far fronte a questa enorme pressione sanitaria, economica, sociale e politica causata di un virus sconosciuto che sta spaventando il mondo. Ma questa è la dura realtà e di fronte ad essa mi interessa capire quali strumenti abbiamo per fronteggiare e contenere questa emergenza».

Quali sono questi strumenti?

«Il primo, che mi rassicura, è il nostro Sistema sanitario nazionale. Mi incoraggia pensare alla collaborazione tra scienziati, personale sanitario, istituzioni sanitarie e politiche; mi incoraggia vedere i nostri ospedali, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) pubblici e privati in campo insieme per farsi carico della salute dei cittadini. Non siamo a digiuno di procedure; abbiamo scelto la strada della trasparenza, sono stati fatti molti tamponi, trovati molti casi. La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità ha riconosciuto alle istituzioni italiane la bontà del lavoro svolto nell’aderenza a tutte le raccomandazioni».

Il secondo strumento a cui pensa?

«Sono le procedure di contenimento, le strategie per schiacciare la curva epidemica. Ho capito che dobbiamo concentrare la nostra attenzione verso le prossime due o tre settimane. Lì ci giochiamo tutto. Le statistiche ci dicono che ogni contagiato è come una biglia che ne colpisce altre due, contagiandole (un po’ di più di due, in realtà). Le misure messe in atto dal Governo hanno esattamente l’obiettivo di rallentare questo effetto che - attenzione - è esponenziale perché finché queste biglie sono in movimento, continuano a colpirne altre, provocando un effetto a catena. L’obiettivo è proprio rallentare il movimento e le interazioni di queste biglie per schiacciare la curva dei contagi, diluirli, distribuirli nel tempo, nel territorio, dando la possibilità ai nostri ospedali pubblici e privati di farsi carico di tutto ciò».

Basta un decreto-legge per ottenere questo obiettivo?

«Accanto all’intervento normativo è necessario anche che il Paese e i cittadini sappiano farsi carico della responsabilità per fare fronte comune e condividere questo momento. Se non collaboriamo tutti, rischiamo davvero di avvicinarci a un precipizio. Come ho già affermato nei giorni scorsi pubblicamente, mi commuove la resistenza di una sanità pubblica già molto provata e di quella privata pronta a fare la sua parte in un momento così difficile. Mi commuove percepire come i cittadini guardino oggi alla scienza con rispetto, con grande fiducia nelle dichiarazioni e nelle indicazioni degli studiosi, basate su prove e dati; penso che questo dimostri come la più grande responsabilità della scienza, oggi come sempre, sia quella di rendere accessibile il sapere a quante più persone possibile, senza imprudenze e senza allarmismi, come ricordato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Mi emoziona vedere un Paese unito nella difficoltà che mette in atto, pur tra incertezze e sacrifici, tutte le dolorose procedure necessarie, e che speriamo sufficienti, superando singoli interessi, fragilità e paure».

Il terzo strumento?

«È la scienza. Come ho già detto ai miei colleghi in Aula, possiamo imparare qualcosa da questo tragico momento, per essere meglio preparati in futuro. È la seconda volta che un pipistrello ci passa un virus (la prima è stata con l’Ebola, ndr.): ciò significa che possiamo studiare per capire i meccanismi di questo fenomeno (magari la prossima volta sarà un altro animale), possiamo studiare i perché del contagio, ricercarne l’origine, gli effetti, la cura e il vaccino, che è quanto tutti desiderano. A partire dagli strumenti e dal metodo della scienza l'Unione europea potrebbe organizzare una task force permanente per essere pronta, con l’Oms, ad affrontare in futuro emergenze simili, se dovessero presentarsi, ottimizzando le procedure sanitarie e mettendo a punto interventi comuni sempre migliori, funzionali a continuare le nostre attività evitando o comunque regolamentando strettamente comportamenti sociali a noi profondamente connaturati, ma che diventano pericolosi in presenza di una patologia trasmessa col contatto umano. Per questi casi limite, occorrerà individuare procedure regolatorie veloci per poter produrre e introdurre vaccini durante le epidemie che, in un mondo globalizzato, saranno probabilmente frequenti. In tutto questo, come ho affermato in Senato, non ci sono credenze, non ci sono opinioni, non ci sono approcci alternativi che tengano. Ci sono i virus, c’è la biologia, la clinica, la ricerca, la statistica, l’immunologia, l’epidemiologia. Per essere preparati alle emergenze dobbiamo cominciare con l’essere in grado di coltivare il sapere, la ricerca e la conoscenza».

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