«Addio vita grigia»

Fuga di cervelli e fuga di fornelli «Apro un ristorante in Spagna»

Fuga di cervelli e fuga di fornelli «Apro un ristorante in Spagna»
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Fuga di cervelli e anche di fornelli. È proprio il caso del giovane Alessandro Castelli, bergamasco (di Arcene) d’origine e ormai spagnolo d’adozione. Classe 1989 e diplomato all’«Oberdan» di Treviglio come ragioniere perito programmatore commerciale, Alessandro, da quattro mesi, è proprietario e gestore de «La Petita Italia», un ristorante-pizzeria a Isovol, piccolo comune spagnolo situato nella comunità autonoma della Catalogna. Un lavoro d’ufficio, uno stipendio più che dignitoso e una routine frenetica sono diventati ben presto troppo stretti per Alessandro, che del resto, in un modo o nell’altro, ha sempre fatto parte del mondo della ristorazione: «A 12 anni giravo già tra pizzerie e ristoranti – ha raccontato Alessandro – Ho iniziato a Castel Rozzone, prima per 4 anni in una pizzeria d’asporto e poi altrettanti  al “Melograno”. Dopodiché, altri 4 anni a ristorante “Cavallino” di Treviglio».

 

 

Ma la strada per il successo era appena cominciata e la passione e l’intraprendenza di Alessandro lo hanno portato ben presto a oltrepassare i confini del Bel Paese per aprirsi agli orizzonti europei. «Dopo aver lavorato per circa sei mesi in Irlanda, un anno in Germania e due in Spagna qualcosa è improvvisamente cambiato – ha proseguito il giovane arcenese – Una volta arrivato qui in Catalogna ho capito che questo era il luogo dove mi sentivo meglio, già da quando frequentavo le scuole medie desideravo andare a vivere in Spagna, anche se tuttora non so il perché visto che fino a tre anni fa non ci ero mai stato».

E a chi gli chiede cosa abbia trovato in Spagna che nel Belpaese non aveva, Castelli risponde sicuro: «Io mi sono licenziato in Italia con un posto fisso da 2mila euro al mese, facevo tantissime ore ma i sacrifici vanno bene fino a un certo limite, superato il quale poi si esplode. All’estero ho preso sempre meno, ma la vita è decisamente più rilassante. In Spagna, in particolare, la tranquillità di vita è tutto, mentre in Italia ormai si ha un solo pensiero: lavorare per vivere. Qui invece ci si diverte a prescindere dai problemi e dalla situazione, ma questo è solamente il mio personale punto di vista. Dell’Italia mi mancano davvero poche cose, la famiglia e giusto quei due o tre amici con cui ho condiviso molte cose. Per il resto viaggiando sempre solo ho imparato che se hai te stesso non ti serve molto altro per essere felice, poi la voglia di rientrare c’è sempre, ma dopo pochi giorni di permanenza la voglia di scappare di nuovo torna sempre. Il fatto è che ti si aspetta sempre che le cose cambino e alla fine ti accorgi che invece non è cambiato nulla».

Ma tornando alla cucina, chi vince il duello in tavola tra Spagna e Italia? «Preferisco ancora la cucina italiana anche se ci sono delle similitudini tra le due tradizioni. Il menù è al cento per cento italiano, il nostro piatto forte sono i paccheri allo scoglio». Un consiglio per i giovani? «Dico a tutti coloro che non sono felici della propria vita di cambiare, partire non è difficile come sembra e non servono chissà quanti soldi. Due sono le condizioni: conoscere bene la lingua o possedere una professione completa, anche se a volte ce la si può fare comunque».

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