A Capo Malfatano

Il pastore sardo e la battaglia vinta contro la grande lobby dei resort

Il pastore sardo e la battaglia vinta contro la grande lobby dei resort
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Ovidio Marras è nato e cresciuto a Capo Malfatano, in Sardegna. Ha 85 anni e fa il pastore da una vita. Quando ha saputo che il suo territorio sarebbe stato stravolto dalla costruzione di hotel di superlusso si è appellato subito alla giustizia, senza esitazioni: «Se ho ragione è giusto che vinca io questa battaglia. Devo vincerla per forza, anche se quelli hanno molti soldi», diceva. Non aveva dalla sua parte avvocati di grido e il Comune di Teulada, nella cui giurisdizione si trova Capo Malfitano, aveva già dato la sua autorizzazione, e così avevano fatto le Soprintendenze delle province di Cagliari, Oristano e del Mibact. Le stesse istituzioni che avrebbero dovuto vegliare affinché il patrimonio paesaggistico della zona non fosse intaccato, hanno accettato che ciò avvenisse.

 

 

L’espediente della Sitas. La Sitas, la Società Iniziative Turistiche Agricole Sarde, era riuscita a convincere le autorità predisponendo un piano di lottizzazione, diviso in cinque parti. Una volta che la costruzione del primo albergo fosse stata realizzata, le altre sarebbero seguite: niente di più facile. L’approvazione del piano è stata ottenuta perché l’impatto sul paesaggio non è stato valutato nel suo complesso, ma lotto per lotto. Il progetto Capo Malfetano Resort, questo il nome dato all’intervento-immobiliare promosso da Sitas con il coinvolgimento di Sansedoni, di Ricerca Finanziaria della famiglia Benetton, di Progetto Teulada, della famiglia Toffano, e della Silvano Toti, del gruppo Toti, smascherato, aveva già cominciato a costruire i primi edifici. Ovidio si è sentito accerchiato: ha capito che le società coinvolte nell’operazione stavano cercando di vincere la sua resistenza portandolo all’esasperazione. Era l’unico modo che restava loro per farlo desistere dalla battaglia legale, visto che il pastore aveva rifiutato ogni compenso in denaro. Ovidio non era interessato ai soldi; era molto più interessato alla fine che avrebbero fatto le sue bellissime coste, quando fossero stati ultimati i 910mila metri cubi di cemento previsti dal progetto.

 

 

La battaglia di Ovidio. La lotta di Ovidio è cominciata cinque anni fa e, fortunatamente, non è stata solitaria. Lo ha supportato Italia Nostra Sardegna, che aveva subito presentato ricorso al Tar. L’appello è stato accolto nel febbraio 2012: una prima vittoria per Ovidio. «Questa sentenza solleva molti dubbi sul corretto comportamento e sulla responsabilità della Regione Sardegna, del Comune di Teulada e delle strutture periferiche del MiBact, che hanno autorizzato questo intervento, e troppi altri, interpretando la normativa regionale, nazionale ed europea con scarsa competenza e tanta “superficialità”», ha commentato Italia Nostra. Anche il Consiglio di Stato ha dato ragione ad Ovidio, nel 2014, dichiarando impraticabile il progetto avanzato dalle varie società. Ora, finalmente, è giunta la sentenza definitiva. La Cassazione ha annullato completamente il piano previsto per la costruzione del resort. La costa di Capo Malfatano è salva.

 

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Ovidio Marras [Photocredit La Nuova Sardegna]

 

Le parole del pastore. Il comportamento tenuto da Ovidio è stato encomiabile, per fermezza e tenacia: «Non sono uno che sogna di vivere in un posto di lusso. Non so neanche dove sia la Costa Smeralda. Io voglio continuare a vivere in questa terra, voglio che la lascino così come l’abbiamo conosciuta. Hanno distrutto tutti gli olivastri, ce n’erano più di cento. Poi ne hanno piantati sette o otto ma si sono seccati dopo poco tempo». Quando ha visto gli operai che iniziavano a costruire i primi hotel, ha capito che si stava cercando di ingannarlo, di farlo desistere dai suoi propositi: «Qui mi avevano preso per scemo, ma io non mi sono arreso. Volevano circondarmi di case, volevamo intrappolarmi nel cemento, forse speravano che me ne andassi. Ma adesso saranno costretti a buttar giù tutto. Non era accettabile che noi dovessimo andar via da qui, da casa nostra, per far posto ai ricchi. Questo posto è di tutti e io lo dovevo difendere».  Lo ha fatto fino alla fine e oggi bisogna ringraziare lui, se uno dei luoghi più belli di Sardegna e di Italia è rimasto intatto.

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