Il docente licenziato

I 400 ragazzi e professori in piazza per dire: «Io sto con Stefano Rho»

I 400 ragazzi e professori in piazza per dire: «Io sto con Stefano Rho»
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Ha del paradossale la vicenda di Stefano Rho, docente 43enne bergamasco, marito e padre di 3 figli, licenziato da scuola su richiesta della Corte dei Conti. Come spiegava giovedì 4 febbraio sul Corriere della Sera Gian Antonio Stella, l’uomo ha perso il posto di lavoro perché 11 anni fa fu sorpreso dalla polizia mentre faceva la pipì su un cespuglio. «Vi chiederete: è uno scherzo? Magari!», scrive sul giornale di via Solferino l’editorialista.

Il corteo e la solidarietà. La mattina di sabato 6 febbraio, proprio davanti al liceo Falcone di Bergamo, quello in cui insegnava Rho fino a pochi giorni fa, circa 400 persone si sono date appuntamento per dare vita a un corteo di solidarietà nei confronti del professore. Ad organizzarlo gli stessi studenti di Rho, sconcertati dal provvedimento di cui è stato vittima il loro prof di filosofia. Nei giorni scorsi, su Facebook, erano nate addirittura due pagine a sostegno di Rho, "Dalla parte di Stefano Rho" e "Io sto con il prof Stefano Rho", e proprio dal social più diffuso al mondo ha iniziato a circolare l'invito alla manifestazione tenutasi il 6 febbraio, con ritrovo alle 8 fuori dal Falcone. In pochi, però, si sarebbero aspettati una partecipazione così numerosa. O forse no: sul noto sito Change.org, da qualche giorno è stata aperta una petizione che raccoglie firme con l'intento di chiedere il reintegro del professore nel suo ruolo (è già stata superata quota 26mila firme) e la mattina del 6 febbraio, oltre ai tanti studenti e alle tante persone che hanno voluto dimostrare la propria solidarietà a Rho, c'era anche una troupe del noto programma televisivo Le Iene, che ha realizzato un servizio che andrà in onda nella prossima puntata.

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L'unico a non essere presente era proprio il protagonista dell'assurda vicenda, Stefano Rho, che anche nei giorni scorsi ha rilasciato poche e scarne dichiarazioni, in cui ha ammesso di non aver perso la serenità nonostante l'ingiusto provvedimento e che lotterà per fare in modo di poter tornare a insegnare. A parlare molto durante la manifestazione sono stati invece i suoi studenti (anche alcuni ex studenti del Natta, dove Rho ha insegnato). Inizialmente il corteo avrebbe dovuto raggiungere piazza Dante, ma data la partecipazione massiccia, forse inaspettata, e la paura di infiltrazioni di malintenzionati, il corteo è stato sospeso. I manifestanti hanno voluto comunque raggiungere il piazzale antistante la Procura e, civilmente e in fila indiana, hanno percorso tutto il tragitto dal liceo a piazza Dante, dove hanno poi steso sull'asfalto i tanti striscioni e dove ragazzi, genitori e colleghi dell'insegnante hanno ripreso la manifestazione. Intanto anche la politica si è interessata al caso: il 5 febbraio il deputato bergamasco Antonio Misiani ha reso noto di aver incontrato Rho e di essere intenzionato a portare «all’attenzione del Parlamento questa questione. Ho già preso contatti con l’Ufficio scolastico territoriale e con gli organismi sindacali per poter avere un quadro chiaro e completo della situazione. Ho contattato anche il sottosegretario del Ministero dell’Istruzione Davide Faraone, con cui spero di potermi confrontare nelle prossime ore». In piazza con i 400 pro-Rho c'era invece Matteo Rossi, presidente della Provincia, che attraverso i social ha annunciato che martedì porterà il caso in Consiglio provinciale.

Davanti a tanta solidarietà, però, anche lo stesso Rho non è rimasto indifferente. Sebbene abbia preferito non essere presente al corteo, su Facebook ha condiviso con la pagina "Dalla parte di Stefano Rho" un sentito e commosso grazie: «Grazie mille a tutti per il sostegno e l'affetto - ha scritto il professore -. Grazie soprattutto a voi studenti. Grazie per la lezione di civiltà che avete dato oggi. Grazie per aver ricordato una volta di più al mondo adulto che siete di gran lunga migliori di quanto spesso vi si dipinga. La scuola è per voi, la scuola siete innanzitutto voi, uno per uno. Quello che state facendo non è solo per me. State ricordando a noi tutti il valore della scuola. State manifestando l'esigenza di una giustizia che sia di sostanza e non solo di forma. Oggi siete molto più che studenti: siete cittadini. Continuate ad esserlo. Continuiamo a sostenere tutti insieme una scuola democratica per una società democratica. Con immenso affetto, profe Rho».

 

Grazie mille a tutti per il sostegno e l'affetto.Grazie soprattutto a voi studenti.Grazie per la lezione di civiltà...

Pubblicato da Stefano Rho su Sabato 6 febbraio 2016

 

Il fatto, 11 anni fa. Ma come ha avuto inizio questa assurda vicenda? La storia prende il via la sera di Ferragosto del 2005 quando Rho è ad Averara con un amico: c’è una sagra di paese con ospite un volto noto di Zelig. C'è tanta gente, e i due non riescono nemmeno ad entrare, riuscendo a bersi una birra solo sul tardi. Alle 2 di notte viene fermato da alcuni agenti perché, non trovando alcun bar aperto, si erano messi a orinare dietro ad un cespuglio. «Ci hanno visto, chiesto i documenti, fatto una ramanzina bonaria rimproverandoci perché secondo loro c’era un lampione che un po’ di luce la faceva e ciao», racconta lo stesso docente.

 

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La multa di 200 euro. Ma la prima sorpresa amara arriva un anno dopo, quando i due amici si trovano a dover comparire davanti al giudice di pace di Zogno, accusati di “atti contrari alla pubblica decenza”: vengono condannati a pagare una multa da 200 euro. «Non abbiamo neanche fatto ricorso e neppure preso un avvocato di fiducia. Ci sembrava una cosa morta lì». Dite che la vicenda è conclusa? Vi sbagliate, perché anni dopo la storia si fa farsesca: nel 2013, dopo anni da precario come insegnante di filosofia, Rho firma per il ministero dell’istruzione un’autodichiarazione in cui afferma di non averi riportato condanne. Tre mesi dopo, ecco che lo Stato presenta il primo conto: il suo dirigente scolastico gli notifica che, ad un controllo, il prof. è stato invece scoperto destinatario di un decreto penale, e lo invita a presentarsi da lui per spiegare.

La scelta del preside. Una volta ascoltate le spiegazioni del docente, il preside riconosce le motivazioni portate a propria discolpa dall’uomo, e che «se anche il prof. Rho avesse correttamente dichiarato le condanne avute le stesse non avrebbero inciso sui requisiti di accesso al pubblico impiego». Così decide di dargli il provvedimento minimo, ossia la censura. Ma la Corte dei Conti «del tutto indifferente al tipo di condanna, che non prevede neppure l’iscrizione nella fedina penale (rimasta infatti candida) né un “motivo ostativo” all’assunzione nei ranghi statali, ricorda alle autorità scolastiche che Rho va licenziato», scrive, non senza sbigottimento, Stella.

 

 

Il licenziamento. Ed è proprio quello che accade quando, l’11 gennaio, «il dirigente scolastico di Bergamo, Patrizia Graziani, prende atto della intimazione dei giudici contabili e dichiara la decadenza “senza preavviso” dell’insegnante, la perdita delle anzianità accumulate negli ultimi anni insegnando con continuità negli istituti bergamaschi “Natta” e “Giovanni Falcone”, la cancellazione del «reo» da tutte le graduatorie provinciali eccetera eccetera...». Una vicenda assurda, che però non sta lasciando indifferente la gente di Bergamo. Specie gli ex-studenti che hanno conosciuto direttamente Rho: su Facebook è già nato un gruppo a suo sostegno, e sono molti i messaggi solidali con lui comparsi su tante bacheche.

I sindacati: altri 20 casi simili. Ma il caso paradossale di Rho non è il solo a Bergamo: Flc-Cgil segnalano che esistono altre 20 situazioni simili, dove dipendenti del pubblico impiego sono stati licenziati per false dichiarazioni. «Tutti coloro che vengono assunti a scuola, insegnanti o personale amministrativo, tecnico e ausiliario che siano, devono sottoscrivere un’autocertificazione  in cui dichiarano di non aver mai riportato condanne penali», si legge nel comunicato sindacale. Il segretario generale Elena Bernardini spiega: «Ci sono casi, ad esempio quello di una multa inferta dal giudice per un incidente stradale con feriti lievi, in cui accade che, quando l’interessato chiede al Tribunale il Certificato penale del Casellario giudiziario, gliene venga rilasciato uno dove non si fa cenno a condanne che godono del “beneficio della non menzione”. Dunque nell’autodichiarazione al Ministero finisce per non risultare alcuna condanna in capo al lavoratore. Tuttavia, quando a richiedere il Certificato del Casellario giudiziario, in fase di verifica, è la Pubblica Amministrazione, queste condanne lievi compaiono. Ed ecco che l’incongruenza viene giudicata “dichiarazione falsa”». Se in passato altre situazioni simili venivano sbrogliate con multe o provvedimenti disciplinari, mai era capitato di arrivare ai licenziamenti: «Lo scorso anno è intervenuta in materia la Corte dei Conti, chiedendo di applicare rigidamente le regole. Da qualche mese, dunque, per “dichiarazione falsa” scatta il licenziamento», continua Elena Bernardini.

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