Esiste davvero uno così?

Justin Trudeau noi ti amiamo

Justin Trudeau noi ti amiamo
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Justin Pierre James Trudeau. Effettivamente, servono almeno tre nomi per spiegare questo che, più che un uomo, è un vero e proprio fenomeno di costume. Fenomeno a tratti inspiegabile. Justin non è venuto al mondo a caso, ha  infatti omaggiato uno un po’ più famoso, nascendo il 25 dicembre. Del 1971. Meraviglioso canadese, ventitreesimo primo ministro del Canada dal 4 novembre 2015. A 43 anni, Justin è stato il secondo primo ministro più giovane fra i paesi del G7, dopo Renzi. Sì.

Ed è stata subito Trudeaumania. Bello, sportivo, elegante, sorridente, affermato, intelligente, dice «sono e resto femminista», ma lo fa con lo sguardo di Richard Gere di American Gigolò. Con quella faccia da bravo ragazzo, ma il ciuffo di chi non te la racconta giusta. Justin, in verità non è interessante sapere se ce la racconti giusta o no, quello che vogliamo sapere noi è da quale pianeta vieni. Comunque, il latin lover impunito piace a tutte, si sa, ma stanca. Visto uno, visti tutti. Eppure Justin no, lui ostenta un physique du rôle da sciupafemmine in carriera e invece no. Marito affettuoso e padre attento, solleva i bambini su un braccio solo. Justin, parlaci di un tuo difetto. No, quello non conta, la mascella così ci piace.

 

 

Il tonicissimo Justin (sa tenere la "posizione del pavone" sul tavolo, cfr foto qui sopra) viene eletto con un programma liberale che parla di cambiamenti climatici, di tasse, che saranno aumentate dell’uno per cento ai più ricchi e tagliate alla classe media, di aborto, di legalizzazione della marijuana e di diritti delle popolazioni indigene.

Nella settimana del G7 l’abbiamo visto esprimersi in tutta la sua aitante versatilità. In visita da Papa Francesco, così sobrio e serio, poi inginocchiato di fronte alla cappella Sistina, così profondo, in raccoglimento. E poi ancora, allo stadio olimpico di Roma, con la manica della bianchissima camicia arrotolate sulle braccia muscolose e un sorriso che fa più luce del sole di maggio, con la maglietta di Totti (e questa e un’altra storia), per finire commosso ad Amatrice.

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Al netto della cotta per Justin che non risolveremo mai (rassegniamoci), rimangono lo stupore e l’ammirazione davanti alla capacità di questo giovane leader di mostrarsi credibile in molti aspetti e negli esatti opposti. Un personaggio che include. Ostenta una virilità sana, palese, accentuata dal dichiararsi femminista. Mostra indubbia eterosessualità (fate caso alla mole della fede nuziale, veramente un bullone), ma difende i diritti della comunità LGBT, baciando uomini sulle labbra. Sbanca tutto quando dice: «Se mai dovessero fare un film sulla mia vita vorrei essere interpretato da Meryl Streep». I social sono impazziti per lui, su di lui sono perfetti cravatte e tatuaggi. Soprattutto se visibili contestualmente nella stessa foto (e quanto è fotogenico!). Carismatico, affascinante, non c’è niente da fare, piace a tutti, la definizione definitiva su di lui l’ha scritta l’Independent: «Un leader impegnato a dimostrare di essere il miglior Justin al mondo dopo Bieber».

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Staremo a vedere cosa c’è di sostanzioso dietro questo repertorio social, vincente come mai prima. Ma dobbiamo arrenderci all’evidenza che questo premier così bello e sportivo, giramondo e muscoloso, tatuato e inamidato, ha un sorriso che non ti lascia nemmeno il tempo di chiederti se non è forse tutto troppo bello per essere vero. La risposta dipende dal grado di romanticismo residuo.

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