La posta degli amori sfigati Mio padre si rifà una vita. E io?

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Cara Alba,
Di solito parli di relazioni amorose e funambolismi di coppia. Quindi non so se questa sia la rubrica giusta per me. Ma ho deciso di scriverti. Di mezzo, qui, c’è mio papà. Che alla tenera età di 53 anni ha pensato bene di risposarsi. Io, che di anni ne ho 24, la separazione tra i miei l’ho somatizzata. O meglio, accettata. E ho accettato anche che mio padre abbia deciso di stare insieme alla donna che ha portato alla rottura con mamma. Non accetto però che lui decida così, come se nulla fosse, di ripartire. Come se quanto successo fosse cancellato. Forse lui si è dimenticato tutta la sofferenza di quegli anni, io no. E mia mamma neppure. Se sta bene con la nuova donna ok, ci stia insieme, ci viva insieme, ci dorma insieme. Ma perché sposarla? Sa che non approverò mai. Eppure insiste nel chiedermi il benestare. Ha sempre fatto di testa sua; adesso, improvvisamente, si ricorda di me e addirittura pretende che gli dica: «Fai pure, tranquillo». E io? E mia madre? Chi pensa a noi?
Elisabetta

 

Cara Elisabetta,
Credo che una delle cose peggiori della vita sia rendersi conto che, per rifarsi una vita, bisogna fare a meno della precedente. C’è sempre una piccola dose di crudeltà in quelli che riescono ad andare avanti, a cambiare pelle non appena cambiano le situazioni. E si aspettano che sia per tutti così. Purtroppo, invece, quando il tornado della fine di una storia si porta via il piccolo mondo che aveva costruito, quello dove hai vissuto anche tu, c’è un soggetto pieno di voglia di vivere, e un altro, il povero diavolo, che non ci vede nulla da ridere. In questo caso tu, da ospite gradito e frutto d’amore a impotente spettatore. Ti hanno tolto la terra sotto i piedi e ti chiedono gentilezza, distacco e comprensione perché “che ci vuoi fare, è andata così”, “le cose cambiano”. Il problema è che è la verità. Nella vita vince chi se la fa passare in fretta; ride bene chi ride prima, per più tempo, nonostante tutto, dopo tutto, in faccia a tutto e a tutti. Per chi ha subito un abbandono, è difficilissimo. Ma è una lezione che si impara col tempo, quando non ti fa più rabbia il torto subito ma la somma dei minuti che hai speso a starci male. So che non hai bisogno di sermoni, ma di comprensione. È giusto, è sano. Ma ti consiglio di non fare di questo angolo di dolore un posto buono per vivere. Chi pensa a te? Te stessa. Allegro e distratto egoismo, è la ricetta. O ci nasci e sei fortunata, o la impari e sei brava.
Alba

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