Una lezione che ci servirà molto (pure a Ilicic e a Pasalic, si spera)
Non sappiamo se, fra i giocatori atalantini, ci siano appassionati dell’opera di Ernest Hemingway. Nel caso, segnaliamo un consiglio del fenomenale scrittore, Premio PuIltzer per Il vecchio e il mare, Premio Nobel per la letteratura: «Siamo tutti apprendisti in un mestiere dove non si diventa mai maestri». Il richiamo all’umiltà, a volare basso, a non montarsi la testa, scaturisce naturale in calce alla sconfitta di Empoli. Inopinata, imprevista, imprevedibile, ma meritata, visto come sono andate le cose. Visto che Ilicic, sublime artista del calcio, è andato in tilt facendosi cacciare a sette minuti dalla fine come mai avrebbe dovuto fare, lasciando la squadra in dieci ed esponendola a colpo di grazia di Silvestre.
È difficile trovare una motivazione estemporanea a questo ko dopo essere andati in vantaggio per 2-0, siglando la rete del raddoppio sul ribaltamento di fronte nato dal rigore sbagliato dai avversari, con quei cento metri di corsa che hanno visto Hateboer partire dall’area di Berisha e catapultarsi in quella empolese per infilare Provedel. È difficile perché, al contrario, la spiegazione più logica e più onesta l’ha data Gasperini, parando della peggiore partita della sua gestione e puntando il dito contro la deconcentrazione della squadra. Non hanno fatto bene alla Dea i voli pindarici sul quarto posto e la zona Champions League, alimentati mediaticamente durante la sosta da chi non conosce il pragmatismo percassiano in base al quale il primo e imprescindibile obiettivo stagionale è la permanenza in Serie A.
Evidentemente, lo spettacoloso e indimenticabile 4-1 all’Inter e l’uragano di meritati elogi piovuti da ogni dove, devono avere generato nella Dea la convinzione che la trasferta toscana fosse una passeggiata fra petali di rose, contro un avversario sino a stamane terz’ultimo in classifica e con un nuovo allenatore. Ora, che Iachini sia un combattente nato è assodato: la sua carriera di mastino del centrocampo prima e di artefice di salvezze insperate poi, è lì a dimostrarlo. All’Empoli ha subito trasmesso il suo spirito guerriero e gli effetti sono stati benefici. Per questo, l’Atalanta ha commesso un grossolano errore di sottovalutazione dell’impegno, pagandolo a caro prezzo. Intendiamoci: le sconfitte della Roma e del Sassuolo, il pareggio della Fiorentina a Bologna, aspettando Cagliari-Torino, confermano la bagarre in zona Europa League. Con 25 partite ancora da disputare e 75 punti a disposizione, tutto può succedere. Ma, di Europa, riparliamone a marzo. Lo scivolone di Empoli risulterà salutare: riporta immediatamente l’Atalanta sulla terra. Ci sono otto giorni per ritrovare l’umiltà, per ricordare a Ilicic che non si manda mai l’arbitro a quel paese e a Pasalic che deve darsi una mossa.
Il 4 dicembre, lo sloveno non ci sarà contro il Napoli e sarà una vera jattura. Il croato forse, chissà. In caso affermativo, ci vorrà un altro Pasalic. A Empoli ha giocato la controfigura.