La speranza

«Mio figlio adesso vive nei sogni ma so che mi sente. E tornerà»

«Mio figlio adesso vive nei sogni ma so che mi sente. E tornerà»
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È passato un anno dalla tragica mattina in cui Catalin Listar, ragazzo di Verderio (Lecco) oggi diciannovenne, si scontrò con una macchina all’altezza del passaggio a livello di Ronco Briantino (Monza Brianza). Come ogni mattina, in sella alla sua moto, andava a lavorare alle Onoranze Funebri Mattavelli di Osnago.  Da quel giorno Catalin si trova in stato di coma, restando aggrappato alla vita, ma immerso in un mondo tutto suo. Molto si può dire, ma sicuramente non che il giovane verderese sia rimasto solo nella sua lotta per rialzarsi. Un ragazzo amato da tutti, oggi ancor di più, nella difficoltà e nella sua battaglia più importante. Vive così Catalin, in un mondo di sogni, ma accompagnato dalle persone che gli hanno sempre voluto bene e soprattutto dalla sua amatissima giovane mamma Eugenia Odagiu, che ogni giorno gli parla e gli scrive, sperando e soffrendo con lui, senza lasciare mai il figlio, a cui è legatissima, abbandonato al suo destino.

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La mamma non si rassegna. «Sono una mamma e le speranze non potrà mai togliermele nessuno - racconta con grandissima emozione - Catalin è sempre stato un ragazzo fortissimo e nella sua vita lo ha sempre dimostrato. Gli sono successe tante di quelle cose, ma lui le ha sempre superate e tante volte anche io non posso fare altro che chiedermi come abbia fatto. Perfino i medici mi dicono che se fosse stata un'altra persona non ce l’avrebbe fatta». Mamma Eugenia non si rassegna. Probabilmente non lo farà mai. «Era giovane e sano, le sole conseguenze che ha subito e che lo costringono a stare in questo stato sono quelle causate dall’incidente, ma  il mio Catalin è forte e continua a lottare come un leone. Non smette mai di far vedere il suo carattere e la voglia di vivere, dimostra che c’è e che non molla. Lui lotta e lottando dà forza a me. E io cerco sempre di darla a lui, ci sosteniamo a vicenda in questa situazione così difficile», prosegue la donna.

Ogni giorno lei c’è. Con grande forza, la donna ogni giorno è a fianco al figlio. «Io gli sono accanto ogni giorno, non lo lascio lì, come una pianta... Gli faccio ascoltare la musica che gli piace, gli parlo, faccio tutto ciò che può stimolarlo e andrò sempre avanti a sperare. Sono sicura che lui mi sente sempre. Passo tante ore accanto a lui e anche i medici si rivolgono a me, perché se c’è un cambiamento sono io la prima ad accorgermene e a vederlo, sono io che gli resto vicino per gran parte delle sue giornate». Eugenia è forte. Deve essere forte, lo deve a Catalin. «Capisco quando è triste, quando è arrabbiato, so cosa prova e lo vedo dal suo viso perché non ha perso le espressioni facciali. Ieri – Giovedì scorso – forse  per la prima volta da quell’incidente, l’ho visto sorridere e sono rimasta molto colpita». E ancora. «Io sono sicura che lui mi sente sempre. Non posso avere la certezza che capisca tutto ovviamente, o che riesca davvero a salutarmi, ma io so che lui percepisce la mia vicinanza e che quando arrivo da lui, sente la mia voce. Sono gli infermieri stessi a confermarmi che quando Catalin mi vede arrivare, cambia atteggiamento. Lo si capisce bene dal suo viso, dalla sua espressione che si fa più distesa». La mamma di Catalin parla con il cuore in mano. «Quello che ogni volta cerco di fare è portargli tutto il mio entusiasmo. Devo ammettere che non è sempre facile, soprattutto quando sono da sola, ma cerco di tenere per me i momenti tristi e di portare invece forza al mio ragazzo. Gli dico sempre: guai a te se molli. Lui deve andare avanti, lo deve fare perché ha tutta la vita davanti, ma anche per me, perché non posso vivere senza di lui. Ha superato tante difficoltà, è forte e grazie a Dio è sempre riuscito a uscirne, deve farcela anche adesso».

Tante le domande. Tante sono le domande nella testa di una mamma. «Non so rispondere al perché sia successo quel maledetto incidente. Forse il destino, forse... In ogni caso noi cerchiamo sempre di darci forza a vicenda, Catalin a me e io a lui. Adesso si trova in un nuovo centro a Guanzate, nel Comasco, che è piuttosto lontano, ma questo non mi impedisce di correre da lui ogni giorno per passare del tempo insieme. Non mi ferma nessuno, io devo vederlo, non mi basta sentire dai medici come sta». È un rapporto speciale, quello tra Eugenia e il suo Catalin. Un’empatia fatta di contatto, di gesti, di sguardi. Di dettagli. «Quando lo tocco, lui sente le mie mani ed è più sereno. Nelle giornate in cui sta bene trascorre il tempo sveglio. Fatica però a prendere peso. Non può ovviamente nutrirsi autonomamente, ma consuma tantissimo e mangia altrettanto. Questo perché dentro di lui non è tranquillo, i suoi organi sono in grande movimento e attività e in questo io non posso fare altro che riconoscere il mio Catalin, la sua forza e la sua voglia di vivere. Ha sempre fatto tutto quello che si è messo in testa e anche questo è segno che lui c’è, è presente ed è lì che lotta». La speranza è che Catalin si svegli, che torni da quel mondo fatto di sogni. E che possa tornare a parlare a mamma Eugenia e ai suoi tanti amici. «Ha attorno una squadra di medici e infermieri che lo hanno preso a cuore, che gli stanno molto vicino e questo mi rassicura e tranquillizza. Catalin non è abbandonato al suo destino e la fiducia nei medici è sicuramente una cosa importante. La paura di perderlo è tanta, ma si lotta insieme, Catalin si rialzerà».

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