Piero Angela, l'Uomo e la Terra

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Piero Angela, che vanta perfino un passato giovanile di pianista jazz, inizia la sua carriera in Rai negli anni cinquanta come speaker del giornale radio proseguendo fino al '68 con mansioni di inviato da Parigi e Bruxelles. Con Andrea Barbato inaugura la prima edizione del Tg delle 13.30 e nel 1976 è il primo conduttore del Tg2.
Ma il vero successo arriva  con i suoi programmi di divulgazione scientifica che nel corso degli ultimi trent’anni riescono ad appassionare un numero sempre più crescente e attento di telespettatori. Quark e Superquark diventano così un punto di riferimento autorevole per chi ama gli argomenti più disparati legati ai grandi interrogativi della scienza, cui si aggiungono le famose 'pillole' : piccoli spot di venti secondi per informare su questioni di natura pratica e quotidiana.

Con il figlio Alberto dà vita ad altre serie televisive di grande impatto come La Macchina Meravigliosa, il Pianeta dei Dinosauri, Viaggio nel Cosmo e Ulisse, documentari venduti in oltre quaranta paesi in tutto il mondo.
Autore di numerosi libri, vincitore qualche anno fa del Telegatto alla carriera, ha conseguito diverse lauree honoris causa ed è membro fondatore del Cicap, associazione per il controllo sulle imposture legate ai cosiddetti fenomeni paranormali.

Angela, intelligenza umana e virtuale si possono conciliare o sono destinate a confliggere ?
«Dipende da come si usano. D’altra parte è noto come il libro rappresenti la primissima forma di banca dati, una sorta di hard disk esterno ante litteram. Oggi, grazie all’utilizzo ragionato e attento dell’intelligenza artificiale possiamo avere i mezzi per migliorare la qualità della vita».

La second life contiene rischi di scollamento dalla realtà o apre orizzonti nuovi?
«È un gioco che asseconda i sogni di molti appassionati. Evidentemente esiste davvero il pericolo concreto che personalità labili possano smarrire il senso della realtà. Un po’ come accade per coloro che stanno incollati per ore al videopoker. Ma questa è un’alta cosa, perché pone un problema di natura psicologica».

Cosa non vorrebbe mai avere la responsabilità di divulgare?
«Obiettivamente le prospettive non sono tanto rosee, aspetti che riguardano il nostro futuro di cui vorrei evitare di parlare perché per natura sono ottimista e penso che alla fine qualcosa di risolutivo possa sempre accadere. Tuttavia temo lo squilibrio tra fasce di età, le cui conseguenze potrebbero essere alla lunga incalcolabili, come ho analizzato in passato in un mio libro sulla demografia».

A quali confini ci dovremo abituare?
«C’è una frase di Confucio che mi piace ricordare a proposito: “La scienza è sapere quello che si sa e non sapere quello che non si sa”. In realtà la scienza è molto più lenta della previsioni, anche se talvolta le anticipa. Ad esempio, la genetica che poco tempo fa appariva fantascienza ora si applica a industria e agricoltura. I confini potrebbero essere invece dettati da ragioni filosofiche ed etiche».

L’uomo di oggi vive sempre di più una condizione di inautenticità per dirla con Heidegger…
«Dipende dal temperamento e dalla lucidità personali. Le applicazioni sono troppo veloci rispetto alla cultura del singolo e quanti dovrebbero porsi gravi problemi come quello ambientale fanno orecchie da mercante. Manca la giusta sintonia tra uomo e  pianeta terra».

Come osserva da intellettuale lo strazio delle nostre radici culturali in nome di un consumismo onnivoro?
«Ho sentito dire a un umorista che uno ricco è colui capace di spendere sempre molto meno di quanto guadagna, mentre  il futurologo Hermann Khan dell’Hudson Institute ipotizzava già negli anni ’60 un reddito di ventimila dollari pro capite in un pianeta con un carico di venti miliardi di persone. Nel frattempo stiamo sperperando in modo irrazionale a danno di noi stessi e dell’intero globo terrestre. A questo si aggiungano i danni di una cattiva informazione, alla ricerca del successo rapido e allo smarrimento dei valori».

Fede e scienza si contendono il primato da sempre. E’ possibile un punto di intesa?
«Sono strade parallele e talvolta divergenti tra loro. Credo però che il rispetto reciproco possa decisamente sopperire a posizioni non sempre conciliabili».

Le scoperte del futuro sono per definizione la speranza del pianeta. Quali auspica per il bene dell’intera umanità?
«Non esiste per questo una bacchetta magica. Occorre invece modificare gli atteggiamenti umani e questo è anche responsabilità di noi giornalisti. Nuovi modelli sul piano filosofico, etico e comportamentale apporteranno automaticamente i miglioramenti attesi. La vera risorsa sta nel produrre ricchezza con innovazioni e competitività, perché creare solo nuove fonti di energia significa moltiplicare i problemi. Una grande svolta potrebbe arrivare dalle nanotecnologie, tuttavia è dall’uomo che dobbiamo attenderci segnali radicali di cambiamento ed evoluzione».

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