Dati con 12 ore di ritardo, flop del voto elettronico

Referendum, affluenza al 47,34% Bergamasca prima in Lombardia

Referendum, affluenza al 47,34% Bergamasca prima in Lombardia
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I Comuni più popolati della provincia sono andati ben al di sotto del dato regionale (del 38,5%), con il capoluogo al 35,97% di affluenza e Treviglio al 37,87%. Per il resto, le cose sono andate decisamente bene per referendum sull’autonomia regionale nella Bergamasca: con il 47,34 per cento, nessuno ha fatto meglio di noi. Soddisfatto il governatore Maroni. «Per me conta il dato complessivo, non sono in gara con il Veneto. Sono andati al voto 3 milioni di lombardi. Ora faremo una battaglia insieme, con i 2,5 milioni raggiunti dal Veneto». E aggiunge: «Faremo questa battaglia anche con l'Emilia Romagna, che ha iniziato l'iter ma senza la forza del referendum. Noi puntiamo almeno ad avere lo stesso trattamento che lo Stato riserva all'Emilia Romagna, che rispetto a noi riceve 23 miliardi in più pur avendo un Pil nettamente più basso».

Sorte: in bergamasca un voto per l’autonomia, un voto contro il Pd. «Il sindaco di Bergamo Gori ha dichiarato di aver contribuito a salvare il risultato del Referendum. Per la cronaca, in Provincia di Bergamo il capoluogo che lui guida si è piazzato penultimo: su 242 comuni infatti, la città ha raggiunto il 35% dell'affluenza, a fronte di una media provinciale che sfiora il 50%. In ben 126 comuni infatti il 50% è stato ampiamente superato, nelle Valli, nel Sebino e nella bassa. In sintesi, dove Gori si è speso per il Sì, l’affluenza è crollata, dove invece il ministro bergamasco Martina ha invitato all’astensione si è andati ben oltre il 50%», così dichiara l'assessore regionale alle Infrastrutture, Alessandro Sorte.

 

 

Il dato Comune per Comune. Nella top five delle affluenze i Comuni Valgogio (66,67%), Piazzatorre (65,96%), Cazzano Sant’Andrea (63,98%), Selvino (63,83%), Valleve (63,03). Hanno maggiormente snobbato le urne, invece, Averara (35%), Bergamo (35,97%), Lovere (36,02%), Blello (37,10%), Ornica (37,14%). Qui i dati di tutti i Comuni.

Risultati in fortissimo ritardo. Era la prima volta, quindi gli ingranaggi vanno oliati. Ciò nonostante, impressionante il ritardo accumulato anche solo per avere l’affluenza ai seggi, che in questo caso era il vero dato significativo della consultazione, in Lombardia, non essendo richiesto un quorum.  Soltanto a mezzogiorno di oggi il dato definitivo è stato pubblicato sul sito della Regione. Molto male, se si pensa ai milioni spesi (50). In Veneto, dove sono andati alla «vecchia», di milioni ne hanno spesi 14 e i dati sono stati diffusi in tempi brevissimi. Il Pd non si lascia scappare l’occasione e con il segretario regionale Alessandro Alfieri, che attacca: «ll sistema che ci doveva portare nel futuro ci porta invece ad un passato lontano. E passata una notte intera e ancora non ci sono i risultati. Dopo aver festeggiato il superamento del 40 per cento, il sito della Regione dice che siamo al 38 per cento. Maroni deve chiedere scusa. Qualcosa non ha funzionato e la Regione deve mettere da parte l'arroganza».

 

 

Il problema delle chiavette. Il problema pare si sia registrato non tanto per colpa dei famosi 24mila tablet, ma a causa degli ingorghi che si sono registrati successivamente alla chiusura delle urne. Uno dei nodi critici è stato il passaggio di mano delle chiavette usb che contenevano i voti riversati dalle voting machine (i tablet, appunto) con presidenti di seggio ostaggi per ore in attesa di sapere se la lettura delle usb fosse riuscita senza problemi di sorta.

Gori l'aveva detto. Il giorno prima della consultazione, Gori aveva fatto presente che i nodi tecnologici sarebbero stati all'ordine del giorno. L'ha scritto su Facebook, e i fatti gli hanno dato ragione.

Maroni: Gori venga con me a Roma. «Chiederò all’Anci Lombardia di darmi una delegazione. Quindi lascio a loro scegliere. Se chiedessero a me chi voglio, Gori perché si è espresso molto. Sala? Ho un buon rapporto con Sala, ma se non è andato a votare, mi pare difficile possa far parte della delegazione». Così Roberto Maroni sul Corriere della Sera parlando della squadra bipartisan che intende portare con sé nella trattativa con il governo nel post referendum. «Se è una cosa seria, vado con molto piacere. Se invece andiamo a Roma per fare il cinema, preferisco, con tutto il rispetto per Maroni, che vada da solo», ha replicato il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, in due interviste a Messaggero e Stampa, in cui ha sottolineato che la Lombardia dal referendum ne esce «più debole. Aveva tutte le forze politiche con sé, Maroni, e non ha saputo convincere davvero i lombardi, che pure sono in gran parte per le autonomie». Gori, come annunciato, ha votato sì, e ha aggiunto: «trovo che il risultato della Lombardia sia rispettabile, sebbene non travolgente», perché ben lontano dal 60 per cento di Zaia. E questo nonostante il lavoro a favore del referendum di molti sindaci del centrosinistra.

Martina: sconfitta per Maroni. «Il dato del Veneto è sicuramente un messaggio chiaro: è un mandato degli elettori, di cui ho grande rispetto, ad aprire una trattativa. Ma per quanto riguarda la Lombardia parlerei, al contrario, di una sconfitta. Nello specifico, di una sconfitta di Maroni». Lo ha detto il ministro bergamasco Maurizio Martina. A stretto giro di social è arrivata la risposta del segretario della Lega provinciale, Daniele Belotti.

Cosa succedere ora. Le due Regioni governate dalla Lega non avranno subito più autonomia e non si aggiungeranno automaticamente alle cinque a statuto speciale già esistenti (Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, Trentino-Alto Adige e Valle d'Aosta). Il referendum, infatti, è consultivo e non vincolante e avrà sostanzialmente un valore politico. Il voto dei cittadini servirà alle regioni ad avere più potere contrattuale al tavolo delle trattative con il governo sulla richiesta di maggiore autonomia nei limiti del dettato costituzionale. Ma, contrariamente agli auspici dei due governatori, il lombardo Roberto Maroni e il veneto Luca Zaia, l'argomento più utilizzato dal Carroccio - ovvero l'autonomia fiscale - non è compreso nell'elenco delle 23 materie di contrattazione previste dagli articoli 116 e 117 della Costituzione.

Domani se ne parla in Consiglio regionale. Il Consiglio regionale svolgerà una prima discussione sull'esito del Referendum lombardo per una maggiore autonomia nella seduta di domani martedì 24 ottobre: farà poi seguito un ulteriore approfondimento «anche con gli indirizzi per i seguiti operativi sull'esito» nella seduta calendarizzata per il 31 ottobre. L’obiettivo è la predisposizione di una proposta di Risoluzione che costituisca il primo passaggio formale ai fini della trattativa con il Governo. La seduta è stata convocata dal Presidente Raffaele Cattaneo dalle ore 10 alle ore 20 e, dopo il dibattito sul referendum, esaminerà il progetto di legge relativo agli interventi regionali di aiuto e assistenza alle vittime del terrorismo, la proposta di atto amministrativo che istituisce la riserva naturale Malpaga-Basella nei Comuni di Cavernago, Ghisalba, Urgnano e Zanica in provincia di Bergamo e la risoluzione con le determinazioni per il riconoscimento e la tutela della figura del caregiver.

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