Stefano e l’arte di fare film (premiati) con i ritrovamenti

L’eleganza dell’errore, l’imprecisione della pellicola sporca che mostra i segni del tempo, il fascino per il materiale consumato dagli anni e dalla polvere ritrovato negli archivi. Sono questi alcuni dei tratti distintivi del lavoro del giovane regista bergamasco classe 1988 Stefano Testa. La curiosità e l’attrazione per l’oggetto ritrovato a cui viene attribuito un nuovo significato, sono le ragioni che spingono Testa ad addentrarsi in archivi e depositi, stanze dove è accatastato materiale a cui lui riesce a dare una nuova importanza, un valore che altri non vedono.
Lab80. La passione per l’immagine è nata e cresciuta naturalmente nel giovanissimo regista che, grazie agli studi artistici presso l’Accademia delle Belle Arti di Brera, a Milano, si è concesso una solida base teorica prima di tuffarsi nella pratica, imbracciando pesanti telecamere per realizzare spot pubblicitari, video musicali, lungometraggi e, soprattutto, la sua più grande passione: i documentari. Dopo aver terminato gli studi, Testa è stato accolto dalla “famiglia” di Lab80, la società cooperativa che lavora con materiale filmico, pellicole, proiezioni, produzione e distribuzione cinematografica e con la quale Testa collabora ancora oggi.
Maestri ed esperienza. È grazie a Lab80 che conosce Andrea Zanoli, Sergio Visinoni e Alberto Valtellina, alcuni dei «maestri», come li definisce Testa, che gli hanno trasmesso la passione per il documentario e la produzione di video dove non ci sono né servono sceneggiatori o attori. «Insomma, non è una messa in scena», spiega il giovane regista. L'avventura ai festival del cinema inizia con il video musicale Coronado della band bergamasca Verbal, lavoro che ha ottenuto ottimi riscontri in diverse rassegne italiane fino a raggiungere il Super8mm Fesztivàl a Szeged (Ungheria). La carriera di Testa passa poi dall’esperienza di assistente operatore di ripresa e dagli spot per il Birrificio Indipendente Elav, fino ad arrivare a Contromano, film diretto da Antonio Albanese.
Moloch. Nel 2017, Testa dà vita a un progetto cinematografico di cui firma anche la regia, lavoro che include tutti gli elementi acquisiti negli anni: Moloch è una via di mezzo tra un lungometraggio e un documentario nato dal ritrovamento di alcune videocassette nella spazzatura. La passione per i B-movie, il cinema horror, lo splatter, «le frattaglie», le registrazioni su vhs fatte da bambino e la musica sono motivi che ritornano in Moloch, un piccolo gioiello che ha partecipato a festival non solo nazionali, fino ad arrivare all’Experimental Edge Film Festival di Tallahassee, in Florida, dove nel 2017 ha vinto il premio nella categoria Miglior Film Sperimentale. Premiata anche a Roma e a Bologna, l’opera prima di Testa è un lavoro che si manifesta in una superficie ricca di imprecisioni, errori, deformazioni del materiale della pellicola e dell’essere umano e, così facendo, racconta la società (in particolar modo bergamasca) tra gli Anni Settanta e Ottanta.
Il lavoro del regista ha avuto inizio dall’inatteso ritrovamento di alcuni vecchi filmini che Testa ha poi sapientemente unito a un’intervista fatta allo zio, un uomo il cui racconto degli anni “impressi” sulle videocassette ritrovate diviene una crescita di consapevolezza individuale, in costante confronto con il cambiamento di coscienza di massa. L’opera va ben oltre il documentario e mette a confronto diversi punti di vista: quello della massa anonima, del singolo e dell’occhio del regista, il quale, attraverso il montaggio (durato ben sei mesi), esprime il suo intento e, di fatto, diventa parte integrante dell’opera. I contrasti di Moloch e i tagli del montaggio di Testa fanno riflettere, non sono scontati. Questa è un po’ la firma del regista, visto che tutti i suo lavori sono caratterizzati da un taglio che fa crescere passo dopo passo i dubbi e gli interrogativi nello spettatore.
Forse è proprio per questo che la pellicola viene ritenuta “sperimentale”. «O forse perché è il mio primo lavoro e si discosta dalla canonica estetica e forma del documentario: non è un film storico, né un’intervista, né naturalistico», spiega invece Testa. Per chi fosse incuriosito tanto da un film così particolare quanto da un regista di talento in piena maturazione artistica, il 19 luglio Moloch verrà proiettato a Milano all'interno della rassegna Cineforno.doc al centro Sos Fornace di Rho. L’ingresso sarà gratuito e la serata prenderà il via alle 21.30.