L'ingegnere del ponte di Genova

Tutte le (altre) opere di Morandi

Tutte le (altre) opere di Morandi
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In copertina, la passerella sul Lago di Vagli, Lucca

 

La notizia è sulle prime pagine di tutti i giornali, da quando è successo non si parla d’altro: alle 11.36 dello scorso 14 agosto, a Genova, il Ponte Morandi, a cavallo del torrente Polcevera, è crollato. Dopo la tragedia si è scatenata, sotto gli occhi ancora più increduli degli italiani e dei genovesi – come se non avessero già visto abbastanza – il tweet selvaggio di ingegneri civili da testiera, la polemica sui funerali di Stato, la polemica sui selfie ai funerali di Stato. È stata la mancata manutenzione, l’opera era sbagliata fin dall’inizio, è colpa degli immigrati, si revoca la concessione. Ed è inevitabilmente iniziato anche il processo mediatico all’indifendibile, l’ingegner Morandi, padre dell’opera, morto ventinove anni prima del crollo, a Natale del 1989.

 

Il viadotto Polcevera, crollato il 14 agosto, Genova

 

Il sistema Morandi. Riccardo Morandi nasce nel 1902, si laurea in ingegneria nel 1927 e l’Italia in cui opera è un paesaggio vergine, resettato da due guerre, carta bianca per la ricostruzione, per la costruzione, per la progettazione e lo studio di nuove tecniche e nuovi materiali. Inizia la sua attività in Calabria, dove il territorio ancora risente del terremoto del 1908, la più terribile catastrofe naturale europea a memoria d’uomo, in cui, in poco più di mezzo minuto, l’area tra Messina e Reggio è stata devastata. Inizia a studiare il cemento armato e a sottoporlo all’innovativo trattamento della precompressione, operazione che esercita una tensione artificiale sul materiale per aumentarne la resistenza. A questa tecnica l’ingegnere dedica anni di studio e nel 1948 brevetta il sistema di precompressione che porta il suo nome, sistema “Morandi”, utilizzato anche nel progetto di rafforzamento dell’Arena di Verona nel 1953.

 

Viadotto Bisantis, Catanzaro

 

Il degrado del calcestruzzo. Così è stato realizzato il Ponte della Polcevera, inaugurato il 4 settembre del 1967. Si tratta di un ponte strallato, cioè sospeso, nel quale l’impalcato è retto da cavi – gli stralli, appunto – ancorati a piloni. All’epoca dell’ingegner Morandi l’utilizzo del cemento armato precompresso, lo studio sul materiale – forte e economico – e la nuova estetica del ponte, più scarna e luminosa, erano pura avanguardia. Il degrado del calcestruzzo, però, le mutate esigenze di viabilità e di traffico, dunque di sollecitazione alle quali è stato sottoposto il ponte, sono elementi che emergono ora, a crollo avvenuto, a tragedia consumata. La difesa d’ufficio della stampa dell’ingegner Morandi presenta rapporti internazionali del 1979 (dodici anni dopo la costruzione del ponte, sì, ma venti prima della sua morte e trentanove prima del crollo) in cui venivano sviscerati i difetti e la rapida obsolescenza delle sue creature in cemento armato. Interviene l’ingegner Calzona, allievo del Morandi, che fa presente che il ponte non “rispondeva” secondo le aspettative, che l’opera non è mai finita se non risponde al paradigma della stabilità. Ma l’Italia, che in quegli anni è stata costruita, ha lo scheletro che i suoi ingegneri edili – e all’epoca Morandi era un genio tra questi – hanno pensato per lei.

 

Viadotto Carpineto, Raccordo autostradale 5, Basilicata

 

Le altre opere di Morandi. Nei primi Anni Trenta, gli anni iniziali della sua attività, Morandi ha costruito chiese, molte nel Lazio, come quella di San Nilo Abate a Gaeta e teatri di Roma i progetti di Morandi, come il Maestoso, chiuso all’inizio di quest’anno, per scarsa manutenzione. E poi moltissimi ponti in Italia, oggi tutti sorvegliati speciali. A Roma, il viadotto dell’Olimpica su Corso Francia (1958-1960), il ponte sull’ansa del Tevere alla Magliana, mai collaudato e a rischio crollo, un “ponte fuorilegge” del 1950, lo definisce Remo Calzona, sì, ma troppo utile per snellire il traffico indiavolato della capitale. Ponte Vespucci a Firenze, il viadotto Fausto Bisantis a Catanzaro, il ponte Giuseppe Capograssi a Sulmona, viadotti per l’autostrada dei Trafori a Stresa, la passerella sul Lago di Vagli a Lucca, il ponte di San Nicola a Benevento, oggi chiuso dal sindaco Mastella, per precauzione, il ponte Giovanni XXIII sul Lago di Paola a Sabaudia (Latina), il viadotto Petrulla, che collega Agrigento e Porto Empedocle del 1970, già soggetto nel 2014 a gravi cedimenti e dunque sottoposto a limitazione del traffico, oggi chiuso. È dell’ingegner Morandi anche il Salone dell’Automobile di Torino, del 1960.

 

Tra i ponti di Firenze, il Vespucci è di Morandi

 

All'estero. Anche all’estero, esistono alcuni gemelli del ponte Morandi. Sono il ponte General Rafael Urdaneta (dall’omonimo generale eroe venezuelano nella Guerra d'Indipendenza) inaugurato nel 1962 che sovrastava il lago di Maracaibo, e collegava Maracaibo al resto del Paese; solo due anni dopo l’inaugurazione una petroliera urtò un pilone e la struttura cedette. Il ponte sul Wadi al-Kuf, in Libia, costruito tra il 1965 e il 1971, chiuso alla circolazione lo scorso anno a causa di deterioramento strutturale, il ponte Pumarejo, che attraversa il fiume Magdalena a Baranquilla, in Colombia, che verrà sostituito e demolito.

Dopo questa terribile tragedia sono state spese poetiche metafore sui ponti che collegano posti e persone, parallelismi sul paese che crolla e noi a documentare sui social in diretta il disfacimento di tutto ciò che di bello era stato fatto. Non pervenuta ancora, una decorosa e possibilmente silenziosa vergogna da parte di un Paese che vede blocchi di cemento schiantare in un secondo riparati dal rettangolo del proprio smartphone.

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