Il Mino, signore delle oche di Alzano è, in realtà, pure un grande artista
Molti lo conoscono come il "Signore delle Oche", ma forse non tutti sanno che Mino Patelli è un vero artista. Scultore, pittore e anche scrittore, per non parlare delle splendide fotografie che posta ogni giorno su Facebook e dei simpatici cortometraggi che dirige al fiume e in paese. L’opera artistica del momento? Il Liberatore. «Ho iniziato a lavorarci da inizio marzo – spiega il Mino – e finirò tra un mese circa. È un uomo alto un metro e 90, con tre uccelli. Un cigno tra le gambe, simbolo dell’amicizia tra l’animale e l’uomo. Un pulcino in mano, che rappresenta la fiducia che l’animale ripone nell’uomo. E un’anatra che viene liberata, che indica l’attimo del dono della libertà all’animale. È un’opera in tondino da carpenteria, un ferro zigrinato difficile da trovare. Per realizzare la statua ho utilizzato un manichino attorno al quale ho modellato il ferro, poi l’ho estratto dalla gabbia. Una volta terminato, dopo le operazioni di pulizia e limatura, lascerò che la ruggine si formi e poi la stabilizzerò. Vorrei zincarlo, ma costa troppo».
Il Liberatore è solo l’ultima delle opere del Mino. In casa ne ha moltissime, anche se tante le ha regalate o vendute alle mostre. «Per quanto riguarda la scultura, utilizzo diversi materiali a seconda dell’ispirazione di quel determinato periodo – racconta il Mino –. Ad esempio, nell’opera Il figlio scemo di Houdini, che rappresenta un bambino che tenta di emulare i trucchi magici del padre, ho utilizzato dei sassi incastonati nel ferro saldato. È rischioso lavorarci, c’è il rischio che scoppino, e inoltre i sassi sono tutti diversi quindi richiedono un lavoro specifico per ognuno. Poi c’è stato il periodo del bronzo, ho fatto una trentina di statuine, le ho regalate in buona parte. Ma poi ho lasciato il bronzo, troppo costoso, per darmi al ferro. Mi piacciono molto anche i chiodi antichi; sono tutti fatti a mano, ognuno diverso dall’altro, fatti di leghe e materiali diversi che li rendono più o meno duri. Ne ho utilizzati alcuni risalenti al ’700 e all’800. Lavoro volentieri anche il legno, ho delle sculture in parquet, in tek, in rovere; qui la difficoltà è realizzare le curvature, le figure dritte e simmetriche sono semplici da fare».
Uomini dalla testa schiacciata o con il cappello, donne dal seno prosperoso, macchinine, pesci e, naturalmente, oche. Questi sono i soggetti che il Mino scolpisce o raffigura nei suoi dipinti. «Disegno i soggetti a matita, poi li ripasso con la penna e nel mese di ottobre li coloro. Ho un difetto nella percezione dei colori che mi spinge a usarne alcuni più di altri; giallo, rosso e blu, pochissimo verde. Ho dipinto circa 300 quadri, molti li ho regalati. Anche qui vado a periodi; in alcuni, ad esempio, tagliavo la tela come faceva Fontana… Solo che poi io la ricucivo» dice ridendo. E poi ci sono radici di alberi verniciate, quadri fatti con cocci di vetro e calze di nylon, sassi levigati, origami ricoperti di resina, ma anche uccellini trovati mummificati in un caminetto e le scarpine della sua nipotina ricoperte di resina. «È un processo che chiamo “eternizzazione”», spiega. Un altro suo punto fisso è la ricerca del moto perpetuo. «Ho tentato di realizzarlo con pesi e contrappesi, molle e contro-molle, ma naturalmente dopo un po’ si ferma tutto. Ne sono ossessionato fin da ragazzino, da quando ho cominciato a riempire la casa di mia mamma di oggetti strani. Alcuni li ho esposti in mostre organizzate in paese, una volta persino nella sala intitolata a un mio lontano parente, Mons. Cesare Patelli».
Ora la casa di Mino è piena di opere, ma ci sono anche collezioni di cartoline, monete, francobolli, vinili e libri. «Ho sempre letto molto e cercato di trasmettere questa passione a mio figlio e ai miei nipoti. Anch’io ho scritto qualcosa, a breve verrà pubblicato un libro che raccoglie alcuni miei racconti». E noi saremo lieti di lasciarci stupire nuovamente.