Stucchi raccontato da sua madre «Dicevo: prima laureati poi la Lega»
«Signora, ma chi pulisce questi pavimenti? Sono degli specchi!». Sorride e non risponde Giuseppina Sessantini, la mamma di Giacomo Stucchi. «Li lucida lei, signora?». «Io e mia sorella», sussurra abbassando gli occhi. I genitori del candidato sindaco del centrodestra a Palazzo Frizzoni abitano a Verdello in una palazzina come tante. Sono sposati da 54 anni e, oltre a Giacomo, hanno un altro figlio, Mattia, artigiano idraulico. Prima della discesa in politica di Giacomo votavano Democrazia Cristiana, poi sono diventati leghisti. Papà Costantino mostra con orgoglio la targa appesa al muro che ricorda i suoi venticinque anni di militanza nel Carroccio. «Lavoravo alla Dalmine e prendere la tessera della Dc era praticamente obbligatorio». Alla Dalmine è rimasto per 35 anni mentre Giuseppina si occupava dei figli e della casa. E di volantinare alle campagne elettorali per il figlio.
Signora, che figlio è Giacomo?
«Guardi, non so che cosa dirle, è dall’asilo che fa miracoli. Alla scuola dell’infanzia lo chiamavano il cervellone, alle elementari era il primo della classe, alle medie, quando sono andata a ritirare la pagella di terza, il preside mi ha detto: “Suo figlio è l’unico ad aver preso ottimo in tutta la scuola”. Ero talmente stanca di sentir dire che era bravo che gli ho risposto: “Ha fatto il suo dovere”. Poi si è iscritto a ragioneria a Dalmine e ogni volta che andavo a colloquio con i professori la litania era sempre la stessa: “Che cosa fa qui, signora? Quando ci sarà un problema la chiameremo noi”. Avevo quasi vergogna, così ho smesso di andare».
E dopo il diploma?
«Non aveva ancora finito gli esami e lo chiamavano le banche per offrirgli un lavoro. Lui però ha voluto iscriversi all’università di Bergamo, facoltà di Economia e Commercio. Ha fatto più di metà degli esami. In quegli anni, per fare la patente, ha conosciuto il De Felice, quello dell’autoscuola, un meridionale che parlava sempre di politica. A Giacomo piaceva discutere con lui e un giorno il De Felice gli ha detto: “Vai a Bergamo, nel tal posto – era una mansarda – a incontrare quelli della Lega”. Da quell’ambiente non è più uscito. Hanno aperto la sede in città e lui ha praticamente vissuto là».
E lei?
«Gli dicevo: “Non andare, prima finisci gli studi, poi ti metterai in politica”. Niente, diceva che sarebbe riuscito lo stesso a studiare e invece… nel ‘96 l’hanno messo in lista per il Parlamento ed è stato eletto, a 27 anni. Così, a forza di rimandare gli esami non è riuscito a finire l’università».
Signora, sembra molto dispiaciuta per questo…
«Non me ne parli, sono stata due anni senza riuscire a guardarlo. Se non avesse avuto le capacità, pazienza, ma così no: per la politica ha lasciato la scuola».
Aveva un figlio in Parlamento a 27 anni e non era contenta?
«Ero orgogliosa, certo, era il deputato più giovane d’Italia, ma io avrei preferito che avesse in mano la laurea. Questa cosa mi è rimasta qui...».
Giacomo ha sempre vissuto con voi?
«Fino a quando, dieci anni fa, è andato a vivere con Silvia (Lanzani, ndr) che aveva conosciuto nella Lega. Per un po’ hanno abitato a Verdello, poi si sono trasferiti in...