Mercoledì l'investitura ufficiale

Theresa May, la Premier britannica che non si capisce da che parte stia

Theresa May, la Premier britannica che non si capisce da che parte stia
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“Il punto è semplice: sono la persona migliore per essere il Primo Ministro”: Theresa May, il prossimo premier britannico, l'ha messa, alla fine dei conti, su questo piano la sua fulminea campagna elettorale. I tempi stringevano, i Conservatori, e dunque il Regno Unito, avevano bisogno quanto prima di un nuovo leader che prendesse il posto di David Cameron, dimessosi in seguito alla vittoria del “leave” al referendum su Brexit. Forse è anche per questo, per questa ragionevole fretta, che il dibattito intorno alla scelta del nuovo vertice del Governo e del partito di maggioranza è stato a tratti persino avvilente, quasi a ricalcare lo spettacolo (si fa per dire) della penuria di contenuti delle primarie americane durante i mesi scorsi. L'ultimo ostacolo che separava la May da Downing Street era rappresentato dalla rivale Andrea Leadsom, in una ginemachia che in certi momenti ha ricordato proprio la battaglia, al contrario tutta testosterone e celodurismo, del trittico Trump-Cruz-Rubio fra i Repubblicani d'oltreoceano (sì, quella della grandezza delle mani eventualmente riconducibile ad altre dimensioni): “io ho figli, tu no”, “sì ma guarda che brava moglie che sono”; “io sono determinata”, “no io di più”, e via dicendo. Chiaro che in un contesto del genere, alla fine dei conti, è bastato un “sono la persona migliore” per spostare gli equilibri. Theresa May, dunque, a cui toccherà il compito di traghettare il Regno Unito dall'era europea a quella dell'indipendenza da Bruxelles: al confronto Virginia Raggi, a Roma, deve giusto riordinare una stanza.

 

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Theresa May, “noiosa e competente”. Con questi due aggettivi l'Independent ha voluto dare il buongiorno al nuovo Primo Ministro (che, in realtà, sarà ufficializzata tale solo domani), qualificazioni che non la inquadrano del tutto ma ne azzeccano alcune caratteristiche: non è un tipo particolarmente coinvolgente e carismatico, non è “appariscente”, come ha detto di se stessa, e su questo si può tranquillamente darle ragione; così come senza dubbio sa quel che fa, dopo quasi 20 anni di Parlamento e due dicasteri. Uno di questi in particolare, quello dell'Interno, l'ha fatta conoscere al Regno Unito per le aspre campagne contro la corruzione all'interno delle forze dell'ordine e i tagli ai fondi ad esse destinati, cosa che, fra i vari corpi di polizia, non l'ha resa particolarmente amata. Non che le importasse troppo: nel 2014, di fronte ad una platea di agenti, si lanciò in un duro affondo sulle modalità di azione e gli abusi di potere da parte delle forze dell'ordine inglesi, e lasciò il palco sull'onda di un assordante silenzio. Non un applauso, nemmeno i tipici di cortesia. Ma c'è anche qualche punto a favore: fra i vari colpi di testa dell'ex sindaco di Londra Boris Johnson (inizialmente anch'egli in corsa per la leadership del partito) ci fu l'acquisto, direttamente dalla Germania e per la bellezza di 200mila sterline, di tre idranti da utilizzare contro le folle in caso di disordini; ecco, la May ne vietò l'utilizzo, e Sadiq Khan, neo primo cittadino della capitale, li ha venduti per finanziare progetti in favore dei giovani. Noiosa e competente, dunque; ma c'è dell'altro.

 

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Europa e immigrazione. Rispetto al tema più scottante, Brexit, la May è stata chiara: “leave” è stato e “leave” sarà, senza margini di ripensamenti o dietrofront. Una schiettezza che farebbe pensare ad una sostenitrice della prima ora dell'addio all'Unione europea. E invece Theresa May, nei mesi di campagna elettorale, si era schierata (pur senza farsi notare troppo, come tradizione del soggetto vuole) in favore del “remain”, cosa che lascia un poco perplessi, specie considerando i toni quasi entusiastici con cui ha parlato di Brexit nelle ultime ore: “Sarà un successo”. È difficile, insomma, inquadrarla bene, specie sull'argomento in assoluto più delicato. E l'assunzione di Chris Grayling, un importante sostenitore del “leave”, alla direzione della sua campagna elettorale lascia cavalcare la mente nelle lande dell'opportunismo: God save the Queen. Chiara, chiarissima invece la posizione sull'immigrazione: ingressi strettamente controllati, nessuna disponibilità all'accoglimento delle quote di siriani secondo il piano Ue, aiutare le persone che vivono in zone di guerra sì, ma non quelle abbastanza “forti e ricche per venire in Europa” (eh?). Il tipo giusto per placare le acque, insomma. Ladies and gentlemen, ecco Theresa May, che in termini nostrani è un po' una Salvini con una spruzzata di Verdini, il tutto parecchio agitato e abilmente mescolato: in bocca al lupo Primo Ministro (e, a naso, anche ai cittadini britannici).

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