Sconfitta la grande finanza

Al Corriere è arrivato un editore Chi è Cairo, che sa parlare alla gente

Al Corriere è arrivato un editore Chi è Cairo, che sa parlare alla gente
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Alla fine ha vinto lui, sconfiggendo la cordata della grande finanza che si muoveva con la regia di Mediobanca. Ha vinto lui, mettendo in riga personaggi del calibro di Diego Della Valle e Andrea Bonomi, che erano supportati da gruppi forti come UnipolSai e Pirelli. Così il destino del più glorioso giornale italiano, il Corriere della Sera e della casa editrice Rizzoli è passato nelle mani di Urbano Cairo, che di mestiere non fa il finanziere o l’imprenditore di moda, ma fa un lavoro pertinente: l’editore. («Io non vedo Rcs come un centro di potere ma piuttosto un'azienda che ha un grosso potenziale inespresso», aveva voluto chiarire per spiegare la sua discesa in campo).

 

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E che sia editore lo si è capito subito, quando nelle interviste del dopo vittoria ha fatto capire di avere idee ben chiare rispetto a come far risorgere questo business ritenuto morente da tutti. «Negli ultimi anni», ha detto al quotidiano “rivale” Repubblica, «mi sembra che gli editori di quotidiani abbiano fatto di tutto per allontanare i lettori dai loro prodotti. Hanno ridotto le pagine, le tirature, introdotto gadget obbligatori, non hanno fatto promozione. Non è vero che la gente non vuole più leggere i giornali, solo li vuole di maggiore qualità e pagarli di meno. La carta può recuperare lettori ma per mantenere la foliazione bisogna avere più notizie, più idee e rendere la vita più semplice al consumatore».

 

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Il curriculum di Cairo parla tutto e solo di editoria, tolto una concessione per il calcio che lo ha portato a comperare il Torino. Gli inizi sono in Publitalia, dove era direttore commerciale negli anni ruggenti della concessionaria berlusconiana. Nel 1991 venne spostato in Mondadori, appena acquisita dal Biscione: anche in questo caso a tenere le fila della raccolta pubblicitaria. La rottura con Segrate avviene negli anni di Mani Pulite: a differenza dei dirigenti di Publitalia che erano andati alla linea di scontro con la magistratura, Cairo invece optò per il patteggiamento per il reato di falso in bilancio.

Ovviamente quella scelta comporta il suo allontanamento dal gruppo Fininvest. Cairo a quel punto fonda la sua concessionaria, e va a bussare alle porte di Rizzoli, dove ottiene la concessione della raccolta pubblicitaria di Io Donna, Oggi e TvSette. Ma la vera crescita Cairo la ottiene attraverso la gestione della pubblicità di tutti i mensili del gruppo Giorgio Mondadori (tra i quali Gardenia, Airone). Sino a diventare editore lui stesso: con il settimanale ultrapopolare Dipiù che ottiene un grande successo di vendite. A ruota Cairo inizia a lanciare nuove testate, sempre all’insegna di un’editoria popolare, inventandosi settimanali come Diva e donna o Giallo, tutto dedicato ai casi di cronaca irrisolti. Ultimo passaggio della crescita di Cairo è stata l’acquisizione della rete televisiva La7 da Telecom, nel 2013.

 

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[Giovanni Bazoli di IntesaSanPaolo, il grande sponsor di Cairo al Corriere]

 

Ora l’appordo al Corriere rappresenta un salto triplo per lui, sia a livello economico sia a livello di scelte industriali. La sfida per raddrizzare la grande ammiraglia di via Solferino non è sfida da poco. Il giornale è precipitato di copie (si dice che siano 180mila quelle vendute in edicola), e soffre anche in qualità per via dell’impoverimento progressivo della redazione. Lui ha fatto capire che non vuole tagliare i costi ma aumentare i ricavi. In che modo? Ha fatto subito un esempio, relativo alla Gazzetta dello Sport: «Una priorità è quella del Giro d'Italia che oggi fattura solo 25 milioni contro i 110 del Tour de France. Entrambi gli eventi sono visti in più di 160 paesi del mondo e agendo su sponsor, diritti tv e tappe i ricavi del Giro potrebbero aumentare in maniera consistente».

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