Alfonsina, l'unica donna al Giro

In attesa del centounesimo Giro d’Italia che dal 4 al 27 maggio percorrerà il Belpaese in 21 tappe, ecco una storia per ricordare la prima (e unica) donna che lo corse. Un’atleta il cui destino era segnato nel cognome, quello del marito Luigi Strada che, a dispetto dell’approccio tradizionalista del tempo, spronò la moglie a perseguire la sua passione per la bicicletta.
La bicicletta nel sangue. Nata nel 1891 a venti chilometri da Bologna da una famiglia di contadini, Alfonsa Rosa Maria Morini è conosciuta da tutti per i suoi giri in bicicletta, quelli che faceva fin da adolescente, sotto gli sguardi di disapprovazione dei compaesani. Da subito inizia a partecipare alle gare a dispetto dei genitori, ai quali mente, raccontando di essere andata alla messa domenicale. Per Carlo e Virginia Morini Alfonsina è una figlia difficile, la sua passione per le due ruote la rende troppo sopra le righe. Quando a ventiquattro anni sposa un cesellatore, Luigi Strada, la situazione cambia, col marito che la incoraggia a perseguire la sua passione, al punto da regalarle per il suo compleanno una bici da corsa. Così Milano, dove si è trasferita con lui, diventa per Alfonsina la città dove allenarsi seriamente, dedicandosi al ciclismo professionistico. Partecipa a molte gare ma, unica donna in competizioni maschili, non riesce mai a vincere. Quello che le importa, però, è di poter partecipare; la bicicletta è per lei una sorta di missione.
La prima donna al Giro. Le ripetute domande che invia per iscriversi al Giro d’Italia vengono sempre rifiutate, fino al 1924. È un anno difficile per il Giro, corridori e organizzatori sono divisi su questioni relative all’assegnazione dei premi. Molti ciclisti minacciano di non partecipare, ma gli organizzatori non vogliono trattare. Così alla fine sono solo 89 gli iscritti, fra i quali nessun campione. Armando Cougnet, giornalista e primo organizzatore del Giro, ha allora l’intuizione di lasciar gareggiare quella donna tenace e strana, che da anni lo riempie di lettere implorandolo di partecipare. Così, per uno scherzo del destino e per dare un tocco di originalità a un’edizione sottotono, Alfonsina riesce a prender parte al Giro D’Italia del 1924.
Dopo le prime tappe, compiute regolarmente, arriva però al tratto L’Aquila-Perugia fuori tempo massimo. La giuria allora si divide tra chi vuole permetterle di continuare e chi chiede di estrometterla. Decisiva la voce del direttore della Gazzetta, Emilio Colombo, che propone di lasciar proseguire Alfonsina a patto di non considerarla più in gara. Così Alfonsina va, pedala fino al traguardo di Milano, dove arrivano solo trenta dei novanta corridori partiti. In ogni tappa c’è una grande folla che la applaude, tanti sono quelli che vogliono godersi lo spettacolo della prima donna in gara in bicicletta. Sarà il suo primo e unico Giro: a nessun altro viene lasciata partecipare, ma lei, determinata come sempre, continua a pedalare, fino a segnare a Longchamp il record dell’ora femminile (35,28 chilometri).
Un'icona. Dopo la morte del marito si risposa con un ex ciclista, compagno che la supporta nella sua attività sportiva, anche quando dall’agonismo passa al lato commerciale, con l’apertura a Milano di un negozio di biciclette con officina annessa. Andando in là con gli anni, Alfonsina allarga la sua passione a quelle per le moto: la sua Guzzi 500 cmc. Passione che le è però fatale, dato che proprio su quella moto muore nel 1959, a 68 anni, in un incidente. Alfonsina non era una femminista: più che i diritti delle donne le interessava correre sulla sua bicicletta, in gara o ogni mattina, pedalando verso il suo negozio in gonna pantaloni. Un’icona femminile della tenacia nel perseguire le proprie passioni.