IL PERSONAGGIO

Che tipo Athos: 98 anni, cabriolet blu elettrico e cappello di paglia

Nato e cresciuto a Bergamo, vive da solo in Malpensata: «La prima cosa che la vita mi ha messo davanti è un cartello con la scritta "arrangiati"»

Che tipo Athos: 98 anni, cabriolet blu elettrico e cappello di paglia
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di Marta Belotti

«La prima cosa che la vita mi ha messo davanti è un cartello con una bella scritta: arrangiati!». Sorride Athos, 98 anni, e definisce la sua esistenza una «storia infinita» che ora scorre nei suoi ricordi da quel 13 gennaio 1924, giorno in cui venne al mondo.

Ora, Athos Lavezzari, nato e cresciuto a Bergamo, abita al settimo piano di un grande palazzo vicino alla Malpensata, e ci tiene a sottolineare: «L’interno di questa casa l’ho pensato io, ci ho messo le mie cose e anche la mia firma, dipingendone alcuni angoli». Sullo sfondo del suo divano, un simposio greco di sua mano e sul soppalco ricavato nell’appartamento, un altro suo murales.

Tutto, in casa di Athos, parla di lui e lui non si sottrae dal narrarsi. «Quando ero piccolo, mi hanno fatto una caricatura. La conservo ancora, perché hanno proprio centrato il punto di quello che sarei diventato, disegnandomi con tante lampadine per la testa».

Tra i primi lavori di Athos c’è quello di elettricista, imparato dai fratelli Magni. «Avrò avuto undici anni, mio padre era morto da poco e io, mia mamma e mia sorella ci ingegnavamo per portare a casa qualcosa da mangiare e sopravvivere. Mia mamma vendeva il burro e mia sorella era stata mandata al mercato ortofrutticolo. Io ho fatto tantissimi lavori fino a quando ho imparato il mestiere d’elettricista grazie ai Magni. Ero così sveglio che in poco tempo mi hanno mandato a Gaverina a fare un impianto alla chiesa!».

Athos Lavezzari nella sua abitazione alla Malpensata

La morte del padre, medaglia d’argento per aver aiutato i terremotati di Sicilia e Calabria nel 1908, ha gettato la famiglia, benestante e della piccola borghesia, nella povertà. A rendere ancora più difficile la vita, le difficoltà del tempo di guerra che di lì a poco ha imperversato. L’incontro per Athos più importante è stato quello con l’ingegner Comboni, nipote del fondatore dell’ordine dei Comboniani, ordine missionario di importanza mondiale.

«Ancora oggi, ogni anno, gli porto i fiori al cimitero, perché è lui che mi ha fatto crescere - racconta Athos, che aggiunge - Quando sono arrivato alla Caproni, lui mi ha notato, ha visto che ero sveglio e mi ha fatto suo segretario!». (...)

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