Con l'Avellino quasi a porte chiuse un grazie ad Alfano e al prefetto

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Nell'indifferenza generale - perché tanto, Bergamo non è mica Roma dove, se avessero provato ad adottare un provvedimento del genere contro laziali o romanisti, sarebbe scoppiata la rivoluzione -  mercoledì 3 dicembre 2014, alle ore 15, stadio Achille e Cesare Bortolotti, va in scena la prima partita a porte chiuse del calcio italiano che ufficialmente si gioca a porte aperte.

A patto che gli spettatori posseggano la famigerata tessera del tifoso, uno degli strumenti più inutili e dannosi mai partoriti per (non) riportare il pubblico allo stadio; un autentico sfollagente, come dimostra il suo spettacolare fallimento: negli ultimi 6 anni, fra paganti e abbonati, il calcio italiano ha visto andare in fuga 6 milioni di spettatori.

Perché mercoledì allo stadio potranno entrare solo i possessori della tessera del tifoso? Perché lo zelante prefetto di Bergamo, dopo che Alfano ha vietato per tre mesi le trasferte ai tifosi atalantini, cioè a uomini, donne e bambini che hanno sempre seguito pacificamente la squadra, ha scavalcato il capo a destra e a sinistra, adottando per ragioni di sicurezza un provvedimento che non sta né in cielo né in terra.

Primo: se c'è una partita a rischio zero, questa è Atalanta-Avellino che si gioca pure nel pomeriggio di un giorno lavorativo, grazie al colpo di genio degli scienziati che hanno stilato il tabellone del quarto turno di Coppa Italia.

Secondo: se un bergamasco desiderasse comunque andare allo stadio sottostando al diktat, non potrebbe farlo nemmeno se acquistasse ora la tessera del tifoso. Bisogna detenerne una comprata prima del fatidico 27 novembre, data del mitologico decreto Alfano.

Al ministro e al Prefetto vanno i nostri più sentiti ringraziamenti per questo sconcio. Che non dimenticheremo.

 

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