Cap. IV: ma chi sono i miti che erediteranno la terra?

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Immaginiamoci ancora la scena: Gesù e i suoi salgono la collina. Lui si siede. Comincia a parlare. Beati i poveri di spirito, beati quelli che piangono. I primi faranno esperienza del regno dei cieli, i secondi saranno consolati. Non domani: da subito. E fin qui, tutto sommato, si riesce a seguirlo. Ma «beati i miti perché possederanno la terra» cosa può mai significare?

Certo, se si ragiona come Marta, la sorella di Lazzaro, quando Lui le annunciò che il fratello sarebbe risorto (Questo lo so - Gli rispose - mio fratello risorgerà nellultimo giorno) si può pensare che alla fine dei tempi, quando i malvagi saranno finalmente sconfitti, quelli che nella loro vita saranno stati gentili e buoni con tutti si vedranno ricompensati con l’assegnazione della terra, nel senso del pianeta in cui viviamo. C’è un po’ da aspettare, ma la prospettiva può essere allettante.

Gesù, però, nel caso di Marta non pensava alla fine del tempo. Sapeva che era questione di minuti. E dunque chi sono questi “mites”(in latino) che sarebbero entrati in possesso della terra di lìa poco, stante un consolidato modo di pensare?

Secondo me - provo ad azzardare un’ipotesi - Gesù aveva in mente un canto di Davide. Quello in cui il re chiede al Signore di dimenticarsi di tutto quello che aveva combinato da giovane e di fargli vedere la strada giusta da prendere. Perché Davide sa che il suo Signore è buono, guida gli uomini secondo giustizia e insegna ai mites le sue vie. Gli chiede, insomma, di continuare a perdonarlo per tutto il male che ha fatto (prendersi la moglie di un altro, mandare il marito di lei a morire in guerra e altre cose del genere), perché altrimenti non ce la farebbe a vivere.

L’ipotesi andrebbe bene se, da una parte, Davide potesse essere considerato un mite (e non lo era), dall’altra se la traduzione italiana ufficiale del canto non portasse, al posto di “mite”, la parola “povero”.

Ma quando uno è cocciuto - come il sottoscritto - le tenta tutte. Fino a pensare che il termine ebraico che sta sotto la coppia mite/povero indichi non una persona dotata di un temperamento dolce e remissivo, ma chi sa di non poter pretendere niente per sé, di non aver diritto a niente perché ha costantemente presente il fatto di essere stato perdonato una volta e il bisogno di esserlo sempre e ancora. Non è, in altre parole, una questione di carattere, ma di consapevolezza, di modo di stare davanti al Signore. Come alcuni che, nei giorni precedenti a questo del discorso, si presentavano con gli occhi bassi, sapendo di non meritarla proprio, la fortuna che era loro capitata. Però, già che c’era, perché non coglierla al volo la possibilità di cambiar vita? Con uno così (come Gesùil Nazareno) poteva addirittura essere bello. Farsi forti delle propria cattiveria (fino a dichiararsi vittime della propria abiezione) per lasciare che tutto continui ad andare come prima non è mai stata una buona idea. Si potrebbe perfino pensare che si tratti di una forma di ricchezza, di potere: alla fine son sempre io che decido.

Ed è forse per questo che Davide, che certe cose le sapeva bene, a un certo punto se ne esce con una strana domanda: Ma, in fondo, chi è l’uomo che sa veramente come rapportarsi col Signore? E si risponde: Quello che accetta di farsi indicare da lui la direzione da prendere. Per uno che al verso prima aveva ammesso di essere stato graziato nonostante l’enormità dei suoi delitti, non è male.

Facciamo il punto: l’uomo che sa come comportarsi col Signore, l’uomo mite/povero, è quello che capisce che se vuole tirarsi fuori dai guai in cui si trova gli conviene farsi guidare da chi ha già dimostrato nei fatti di stare dalla sua parte e di poter intervenire in suo favore in ogni situazione.

E a questo punto vien fuori una cosa che ci interessa. Davide dice infatti che l’anima (l’anima, ossia l’atteggiamento, il modo di pensare, l’io profondo) di un siffatto personaggio si troverà a suo agio - prenderà casa - in tutte le persone come lui, e tutti quelli che avranno questo speciale semen (il suo DNA) erediteranno la terra.

Insomma: la terra, il mondo, non è di quelli che cercano di prenderselo. Al contrario, appartiene a quelli che hanno ben presente una e una sola cosa: che meriterebbero di essere rinchiusi per sempre in due metri per due, ma che Iddio non la pensa così. E preferiscono pensare come Dio, e cambiare vita, invece di continuare a farsi forti della propria disperazione, ad arroccarsi sui propri delitti. Il mondo è ancora grande, fuori. Ed è tutto a loro disposizione.

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