Che cosa fa e sogna Donadoni

Roberto Donadoni, secondo molti atalantini di vecchia data, è stato il miglior prodotto del settore giovanile nerazzurro mai apprezzato dal calcio italiano. Nello scorso campionato, alla guida del Parma, ha vissuto una delle stagioni più incredibili che la storia recente conosca: i guai finanziari della società non lo hanno mai fermato e lui ha continuato ad allenare e a preparare partite come se nulla fosse. In questo contesto, ha battuto nientemeno che la Juventus. Lo abbiamo disturbato per ripercorrere la sua storia bergamasca, guardando alla Dea di ieri e di oggi, senza però risparmiare qualche domanda sulla passata stagione. Abbiamo trovato un uomo vero, che ricorda il suo percorso a Bergamo e che, con la consueta pacatezza, ha raccontato la sua strada nel mondo del calcio. Tutta percorsa con gli insegnamenti ricevuti a Zingonia come base della propria educazione.
Roberto Donadoni, con l’Atalanta ha seguito tutta la trafila nel settore giovanile, per poi collezionare tra Serie A e Serie B 96 presenze ufficiali. La definiscono il più grande prodotto del vivaio atalantino nella storia...
Per me è questo è motivo di grande orgoglio. Poter dare lustro ad una società come l’Atalanta è qualcosa che è stato emozionante, ho potuto contribuire giocando con la maglia nerazzurra ad un pezzetto di storia della squadra della mia città e ricordo sempre con grande piacere quegli anni. Arrivai a Bergamo grazie al maestro Bonifacio, fu lui che mi vide giocare nella squadra del paese e all’età di 11 anni venne a casa per parlare con i miei genitori e chiedere se mi avrebbero lasciato andare a Bergamo nelle giovanili della Dea. Da lì è iniziata tutto il mio percorso con la maglia dell’Atalanta.
Dopo la parentesi orobica, ha vinto tutto con il Milan. in Italia e nel Mondo. Cosa si è portato dentro dell’esperienza all'Atalanta nel suo percorso professionale?
Tutto, assolutamente tutto. Quello che sono riuscito a ottenere a livello professionistico, le grandissime soddisfazioni con il Milan in giro per il mondo ma anche ogni altra mia esperienza è stata condizionata in modo positivo dagli insegnamenti e dalla crescita che ho avuto stando nel settore giovanile dell’Atalanta. Sotto tutti i punti di vista. L’educazione che ho ricevuto da tutti gli allenatori che ho avuto il piacere di incontrare nel mio percorso, la vita di gruppo con tutti i compagni che hanno giocato con me in un percorso veramente profondo e importante. Lo ripeto, tutto quello che è stato ed è Roberto Donadoni calciatore e uomo è nato nel settore giovanile dell’Atalanta.
Si dice in giro che a Zingonia prima vengono cresciuti gli uomini e poi i campioni. Lei pare l’esempio migliore di una certa filosofia di lavoro..
Credo che certe cose sia sempre giusto che le dicano gli altri, non voglio parlare troppo di me. Penso che la strada di un ragazzo nel settore giovanile sia fortemente condizionata dagli esempi e dagli insegnamenti che vengono proposti, dentro ma soprattutto fuori dal campo. Tutti noi abbiamo degli obiettivi da raggiungere, è normale. Però la strada per arrivare dove si vuole passa attraverso l’educazione che viene data da chi allena le squadre di ragazzi. A Bergamo è sempre stato così e sarà così anche in futuro. Spesso è un aspetto che viene trascurato in molte realtà a discapito della formazione dei più giovani. Ed è un vero peccato.
A distanza di quasi 30 anni, se le chiedessimo qualche nome di personaggi nerazzurri che le sono rimasti nel cuore, chi vuole ricordare?
Il maestro Bonifacio è sicuramente il personaggio che nella prima fase della mia esperienza da calciatore ha inciso di più. Senza dubbio. Ricordo con affetto mister come Scarpellini e Ottavio Bianchi, l’allenatore che mi ha fatto esordire in prima squadra. Ho lavorato con Sonetti in panchina, in campo ricordo con grandissimo piacere Eugenio Perico: era il momento in cui stavo sbocciando, mi ha seguito da compagno di squadra, ma soprattutto da fratello maggiore. È stata una figura molto importante per me.
La nuova stagione ormai è dietro l’angolo, e lei non sarà in panchina nella massima serie. Quali sono i suoi prossimi obiettivi?
Mi sto godendo un periodo di vacanza, ma l’idea è di ripartire subito. Voglio guardarmi intorno e sono pronto a tornare in panchina, ma non nego che a breve ho intenzione di andare anche all’estero per allargare un po’ i miei orizzonti. In particolare, vorrei girare un po’ tra Germania ed Inghilterra e l’obiettivo è anche quello di migliorare le lingue straniere. Da questo punto di vista mi difendo abbastanza bene, ma possono arrivare vantaggi importanti sotto il profilo tecnico se miglioro la conoscenza di altre lingue.
Dell’incredibile annata vissuta a Parma che cosa le è rimasto?
È giusto che rimanga tutto. Ogni aspetto di questa brutta vicenda mi ha lasciato qualcosa, vivere certe situazioni è l’unico modo per capirle fino in fondo e rendersi conto di tutto. Sono cose che lasciano il segno e che mi porterò dentro. Anche dal punto di vista dei rapporti umani si evidenziano lati del carattere che magari normalmente resterebbero nascosti. Bisogna prendere tutto nel modo più positivo che c’è. Chiaramente l’annata bisogna augurarsi che non si ripeta più: per riuscire ad evitare altre situazioni come quella che abbiamo vissuto a Parma, è necessario che alle parole seguano fatti concreti. È fondamentale.
Chiudiamo con l’Atalanta: come vede la squadra di Reja?
Mi auguro che l’Atalanta e Bergamo possano vivere una stagione migliore rispetto a quella passata. Sento molti addetti ai lavori dire che forse manca qualcosa nel pacchetto arretrato, si dice di uno o due elementi per sistemare la fase difensiva. Sono d’accordo, qualcosa forse è necessario ma nel complesso vedo la squadra nerazzurra attrezzata per fare un campionato tranquillo, che possa portare a centrare l’obiettivo salvezza che la società si è prefissata.