Colantuono castiga, Dea sprecona punita da Di Natale e dall'arbitro
La Coppa Italia è il tabù che anche quest’anno l’Atalanta non è riuscita a infrangere. Ma la sconfitta di Udine è stata ingiusta e ingenerosa, sia nel punteggio finale sia per la mole di gioco della squadra bergamasca che, per larghi tratti, ha dominato gli avversari. I nerazzurri non meritavano di perdere, sebbene debbano prendersela prima di tutto con se stessi, a causa dell’incredibile numero di palle gol sprecate. Ai marchiani errori sotto porta di Conti ed Estigarribia, aggiungete la classe infinita del trentottenne Antonio Di Natale, al ventiquattresimo e al venticinquesimo gol in Coppa Italia; le decisive incertezze di Bassi; la mediocrità dell’impresentabile arbitro Pinzani che s’è inventato subito il rigore, ha pure espulso Reja senza motivo e, al massimo, potrebbe dirigere in prima categoria. Spocchioso e arrogante, Pinzani ha guastato la partita con una direzione indecente.
Peccato per l'Atalanta, perché, sul piano del gioco, ha nettamente superato l’Udinese di Colantuono il quale, però, ha castigato i nerazzurri grazie alla classe del suo capitano e al guizzo di Perica che ha bruciato Bassi in uscita.
D’altra parte, il calcio sa essere implacabile: se butti via cinque nitide occasioni da rete, non puoi lamentarti quando perdi. Le note positive arrivano in primis da Monachello e D’Alessandro, nonché dalla qualità del calcio di Reja che trova conferme anche quando in campo non vanno tutti i titolari. L’eliminazione dalla Coppa Italia brucia perché immeritata: ecco perché deve essere la base di partenza per continuare a fare sfracelli in campionato e arrivare in Europa League. Dopo il colpo di Roma è vietato nascondersi.