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Tre "X" e un cognome: Del Piero Storia del talent scout che lo scoprì

Tre "X" e un cognome: Del Piero Storia del talent scout che lo scoprì
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L’uomo che ha scoperto Alessandro Del Piero ha un cognome che sembra un cruciverba, i capelli bianchi come panna e pettinati con la riga di lato. Vittorio Scantamburlo ha compiuto 85 anni pochi giorni fa e la sua storia è finita in un libro, lo pubblicano quelli di Edizioni inContropiede e lo ha scritto Alberto Facchinetti. Titolo: Ho scoperto Del Piero. Il libro è anche un manuale d’amore per il calcio e per l'idea che bisogna voler bene prima di tutto a chi questo sport lo pratica con pienezza. No, sbagliato, non gli adulti: i bambini. Naturalmente il perno centrale del libro è la parte che riguarda il futuro capitano della Juventus. È un attimo. È il 10 novembre 1987, provincia di Treviso. Vittorio è ai bordi di un campetto spelacchiato. Osserva questo ragazzino magro e funambolico, due giocate, tre, e scatta la folgorazione. «Diventerà un campione», pensa Vittorio, e la giornata s’illumina d’intenso.

 

 

Quel giorno del 1987. Scrive Del Piero nella prefazione al libro: «Nella mia carriera ho avuto tanti momenti decisivi. Ma ce n’è uno che sta alla base di tutto ed è legato a un nome: Vittorio Scantamburlo. Avevo compiuto da un giorno tredici anni quando la sua 126 bianca parcheggiò davanti al campetto dove stavo giocando con la maglia del San Vendemiano». All’epoca Scantamburlo è l’osservatore del Padova, va su e giù per l’Italia in cerca di calciatori da consegnare al domani. È un uomo pacato e mite, gentile. Vive di pallone e poco altro, accade spesso agli uomini di calcio. Il tozzo di pane rotola, ci si abbevera alla fonte del gol. Vittorio è così e con sé ha spesso un’agenda nera. Il giorno che si gioca San Vedemiano-Ossavo, Vittorio la apre come un breviario, prende la matita e appunta tre “x” vicino al nome di Alex. Poco tempo dopo lo porta a Padova.

Le scoperte di Scantamburlo. Ma non è vero che la vita di Scantamburlo è rimasta imbrigliata nel nome di Del Piero. Di Vittorio c’è molto di più da sapere, lo scoprirete nel libro di Facchinetti. Ovviamente l'amore per il calcio. «Stavo andando in parrocchia a piedi quando ho sentito provenire dallo stadio Appiani dei rumori che non avrei più dimenticato». Era il suono del pallone colpito dai giocatori del Padova. Vittorio aveva sei anni. Calciatore, allenatore, Scantamburlo ha scovato più di settanta calciatori, e moltissimi sono finiti anche in Serie A: Filippo Maniero, Luigi Capuzzo, Adriano Zancopé, Andrea Seno, Andrea Manzo, Luigi Sartor, Marco Rigoni, Marco Andreolli, Daniele Gastaldello, Luca Rossettini e Jerry Mbakogu, il bomber che quest’anno ha trascinato in A il Carpi. Ma soprattutto quel Carlo Perrone, che noi dell'Atalanta conosciamo molto bene.

 

carlo perrone

 

Perrone, futuro atalantino. Si legge nel libro: «Carlo esplose soprattutto sul finale di carriera, quando giocò alcune stagioni con l’Atalanta in Serie A e fu protagonista in Coppa Uefa. Lo portai dentro al Padova che aveva 10 anni. Lui veniva da Selvazzano, io ero in società da poco, inizio dei Settanta. Organizzammo un provino, e dopo le prove tecniche (calci di rigore con entrambi i piedi, slalom ed altri esercizi vari) lo chiamai e gli dissi: “Ci vediamo martedì al campo”. Carletto fece sì con la testa e rientrò per la partita pieno di entusiasmo. Al primo pallone toccato scartò sei avversari. Lo chiamai di nuovo: “Perone va subito a firmare el cartein”. Rimase con noi fino al 1979».

L’AUTORE: Alberto Facchinetti è nato in provincia di Venezia nel 1982. Ha esordito nel 2011 con “Doriani d’Argentina” (ristampato nel 2013 in versione aggiornata). Nel 2012 è uscito “La Battaglia di Santiago” e nel 2014 “Il Romanzo di Julio Libonatti”.

 

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