Imprenditori illuminati

Dal garage fino alla Silicon Valley Technoprobe, gestione famigliare

Dal garage fino alla Silicon Valley Technoprobe, gestione famigliare
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È il classico miracolo del «made in Italy», una bella storia imprenditoriale di successo nata nel garage di casa che poi si è sviluppata fino a diventare la punta di diamante del sistema manifatturiero lecchese e brianzolo. Technoprobe oggi è un player internazionale che lavora per i giganti dell'hight tech. L'azienda negli ultimi anni è cresciuta a ritmi impressionanti raggiungendo un fatturato di 130 milioni di euro con oltre 600 dipendenti di cui 300 nell'headquarter  di Cernusco Lombardone e altri 300 nelle sedi estere dislocate negli Usa (nella mitica Silicon Valley), Francia, Singapore, Corea, Filippine e Taiwan. «L'azienda è nata qualche anno prima che mio padre Giuseppe, responsabile della qualità di St Microelectronics, nel 1995, andasse in pensione - esordisce Roberto Crippa, vice presidente di Technoprobe - Nel box della nostra casa di Merate aveva installato una fresa, un saldatore, due microscopi e un piccolo forno per i trattamenti termici: tutte apparecchiature riciclate, recuperate gratuitamente da altre aziende. Lì, insieme a mio fratello, ha iniziato a fare le prime schede elettroniche, prodotti molto semplici rispetto a quelli sofisticati di oggi. Mio papà soffriva di insonnia, passava le notti a progettare e realizzare queste schede con una passione contagiosa; poi sono arrivati un paio di collaboratori e qualche dipendente. Dal garage l'attività si è ben presto sviluppata anche in mansarda e in casa ormai giravano una decina di collaboratori e così nel 1999 papà ha preso la decisione di acquistare un capannone di circa 1.000 mq a Cernusco».

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Come è riuscito suo padre a coinvolgere in azienda prima suo fratello Cristiano e poi lei?

«In casa si viveva quotidianamente a stretto contatto con i chip, poi la passione e l'entusiasmo di papà hanno fatto il resto. Abbiamo sempre parlato di lavoro, di idee, di innovazioni, di sogni... Cristiano ha iniziato a lavorare nel garage di casa nel 1995. Poi nel 1999 si aggiunto mio cugino Stefano, che oggi è il Ceo di Technoprobe e vive in California da quando abbiamo deciso di aprire la sede nella Silicon Valley. Io sono arrivato in azienda nel 2003 dopo essermi laureato in ingegneria».

Come è cambiata l'organizzazione dell'azienda  negli ultimi anni?

«In questi anni ci ha mosso la convinzione che un'impresa debba essere organizzata in modo che possa andare avanti senza dover dipendere dal suo genio fondatore o dalla famiglia. Oggi la famiglia è ancora molto coinvolta nella gestione e in tutte le scelte strategiche, ma a differenza del passato abbiamo un'organizzazione strutturata ed efficiente. Quello che abbiamo fatto e continueremo a fare è cercare persone motivate e competenti che possano garantire la crescita ed il futuro della società lavorando insieme a noi. I nostri manager hanno grande autonomia e lasciamo che  abbiano la possibilità di dimostrare il loro valore anche a costo di qualche sbaglio».

Come si costruisce una realtà di successo come Technoprobe in un mercato così competitivo? Qual è il segreto?

«Non c'è nessun segreto. Ha pagato la gestione famigliare che ha sempre lasciato in azienda le risorse per investire. La nostra è sempre stata una gestione molto oculata e parsimoniosa, non abbiamo mai distribuito gli utili preferendo una società più solida e una minor dipendenza dalle banche ogni qualvolta abbiamo deciso di investire per crescere. Poi, onestamente, serve anche un po' di fortuna: essere nel settore giusto, nel momento giusto».

La stragrande maggioranza dei vostri collaboratori sono giovani e molto qualificati: ingegneri, tecnici specializzati, informatici, ricercatori... Che ruolo ha avuto il personale nella crescita di Technoprobe?

«Sono loro che ci hanno permesso di fare il salto di qualità, di mettere a punto prodotti nuovi, innovativi, unici e quindi di alzare il livello diventando partner di riferimento per importantissimi clienti internazionali, soprattutto del settore telefonico. E' stata una bella scommessa restare in Brianza ma alla fine l'abbiamo vinta. Al netto della burocrazia e dell'elevata tassazione - che ci pone in posizione critica rispetto i nostri competitor - in Italia è più facile trovare persone qualificate e fedeli».

Nel nostro territorio ci sono aziende di tutto rispetto come St Microelectronics ed Elemaster ma fare la concorrenza ai giganti della Silicon Valley serve un mix di grandi competenze, visione strategica, coraggio e un po' di follia.

«Noi abbiamo una sede nella Silicon Valley  ma il quartier generale resta saldamente a Cernusco per i motivi che anticipavo prima. La sfida - almeno per il momento - l'abbiamo vinta puntando su qualità, prodotti ad alto valore aggiunto, innovazione, ricerca e internazionalizzazione. Oggi per stare sul mercato devi avere il prodotto migliore e con un forte contenuto tecnologico. All'estero, oltre agli States, siamo presenti in altri 5 Paesi proprio per seguire meglio i nostri clienti dal punto di vista della vendita e dell'assistenza; clienti che sono prevalentemente americani e asiatici».

Per la ricerca collaborate con qualche università?

«Innanzitutto abbiamo un team interno - composto da 50 persone - molto qualificato che si occupa di ricerca e sviluppo, oltre che automazione facendo le macchine in casa. Poi collaboriamo con l'Istituto Italiano di Tecnologia, stiamo sviluppando alcuni prodotti con loro e abbiamo un progetto da 1,5 milioni. Collaboriamo pure con l'Università di Berlino. Poi siamo un motore di innovazione anche per il territorio perché i nostri fornitori sono obbligati a mantenere un livello qualitativo molto elevato».

A settembre avete inaugurato il nuovo complesso, che è sorto a fianco della vecchia fabbrica, riconfermando nei fatti la decisione di mantenere il cervello dell'azienda a Cernusco. Perché?

«La scelta strategica di restare in Brianza non è mai stata messa in discussione. Il nuovo complesso era diventato indispensabile perché negli ultimi tre anni l'azienda ha raddoppiato volumi e organico. Nel 2012 fatturavamo 30 milioni e nel 2017 chiuderemo con 130 milioni; nel 2015 a Cernusco lavoravano 170 persone, mentre oggi sono 289».

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