A marzo l'addestramento in Libia

Dal Real Madrid al terrorismo Cosa si sa dell'attentatore di Sousse

Dal Real Madrid al terrorismo Cosa si sa dell'attentatore di Sousse
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Un anno. Tanto è bastato per cambiare la testa a Seifeddine Rezgui, il 23enne tunisino che venerdì ha sconvolto il suo Paese e i tanti turisti che erano ospiti a Sousse, sparando all’impazzata tra gli ombrelloni della spiaggia e i corridoi di un resort, e uccidendo almeno 38 persone. Giorni dopo la strage si comincia a conoscere qualcosa di più del giovane attentatore, andando più in là di quella foto di un ragazzo riccioluto morto sull’asfalto, diffusa nelle prime ore. La sua storia prende forma, chi lo conosceva comincia a parlare, nuovi scatti emergono dal suo passato, costruendo il sostrato inspiegabile da cui tanta follia è riuscita a trovare origine.

 

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Dal Real Madrid al terrorismo. Chi parla con i giornali inglesi è il padre di Seifeddine, Hakim Rezgui, che non sa spiegarsi come sia stato possibile che il figlio, fino a qualche mese fa fanatico solo del calcio e amante del Real Madrid, pazzo per la break dance e l’Nba, sia diventato all’improvviso un fondamentalista islamico. È il salto di un giovane che aspirava tutti gli aspetti più commerciali dell’Occidente, finché non si è trovato a volerlo distruggere l’Occidente. La conversione, spiegano i famigliari, sarebbe avvenuta in tempo rapidissimo, appena un anno fa: il ragazzo aveva lasciato casa per andare a studiare ingegneria all’università di Kairouan, e qui si era trovato a condividere un appartamento con altri sette compagni misteriosi, non lontano dalla Moschea delle Sette Vergini. «Queste persone hanno rovinato mio figlio, con pensieri orribili e idee. Lo hanno distrutto», dice il padre. Chi aveva modo di vedere quei ragazzi parla di gente schiva e furtiva, che voleva evitare ogni contatto con la gente del posto. Ci sarebbe stata una visita di alcuni Salafiti appena prima che la casa fosse lasciata vuota. «Tutti nel vicinato gli era contro. Non ci dicevano nemmeno “Ciao”». Due di quei ragazzi, pare, sarebbero già da tempo in Siria con l’Isis.

 

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I post su Facebook. Anche Facebook sembra sostenere questa tesi: sul presunto profilo di Seifeddine dal susseguirsi piatto di post e immagini emerge un quadro completo della sua trasformazione. Prima le foto con la maglia del Real, i passi di break dance, le canzoni rap. Poi le frasi inneggianti al jihad: «Se questa è un crimine, tutto il mondo può testimoniare che sono un criminale», dice uno di questi. L’ultimo è dello scorso 31 dicembre: il giovane etichetta come “kuffar”, non credente, chi festeggia l’ultimo dell’anno. Da lì in poi sui social network sarà silenzio. Forse perché il ragazzo era impegnato in un campo d’addestramento in Libia, viaggio che pare abbia fatto sicuramente a marzo. Pure il kalashnikov che impugnava venerdì sarebbe stato contrabbandato nel Paese nord-africano, da mesi in un anarchico turbinìo di cambi politici, conquiste, attentati.

 

https://youtu.be/y9WdL1vwksE

 

Un ragazzo come gli altri. Poi ci sono le voci delle ultime persone che lo hanno incontrato. Su tutti Ali Bin Muhammed Rezgui, lo zio settantenne che fino alla sera prima era con Seifeddine: «Era con me giovedì. Eravamo seduti in giardino, tutto perfettamente normale. Se n’è andato da qui a mezzanotte, non avevamo idea di che cosa avesse pianificato. Parlavamo della sua vita e degli studi. È stata l’ultima volta che l’ho visto qui in casa». In Tunisia raccontano che il ragazzo avrebbe scelto di attaccare il Riu Imperial perché qui avrebbe lavorato durante alcune estati, facendo insomma lo “stagionale”. «Quest’anno aveva appena ottenuto il suo master, ma nelle estati passate aveva fatto l’animatore per i turisti. Era un ragazzo come tanti, non si presentava come un barbuto salafita: portava una collanina di perle nere di plastica, aveva un tatuaggio sulla spalla, faceva i bagni di mare, giocava sulla spiaggia», ha raccontato al Corriere della Sera Selma Elloumi Rekik, ministro del Turismo di Tunisi.

 

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