Il fotografo che viaggia verso est Dal Villaggio degli Sposi all'Asia
Dal Villaggio degli Sposi alla Cambogia e poi chissà. Otto mesi fa Luca Facheris è partito per un viaggio che l'ha portato in venti nazioni diverse in sella alla sua moto. Un solo obiettivo: puntare verso Est. “Old wild East” oggi è una pagina Facebook e un sito dove Luca racconta attraverso la fotografia le sue avventure.
Quando è partito?
«Circa otto mesi fa. All'inizio non ero solo. Con me c’era anche Matteo Barbieri, ma in Mongolia le nostre strade si sono divise. Da lì sono arrivato in Giappone e oggi nel Sud-Est asiatico».
Cosa faceva nella vita prima del viaggio?
«Facevo il meccanico di bici part-time e come secondo lavoro il fotografo-videomaker. Il primo era il lavoro principale per potere mettere da parte un po' di soldi per questo viaggio. Ho dovuto accantonare il tentativo di fare della fotografia un lavoro per essere qui adesso».
Come è nata la passione per l'avventura?
«Il primo viaggio l'ho fatto sei anni fa. Dopo avere lasciato l'università sono partito in bicicletta. In tre mesi sono arrivato a Capo Nord. Tempo dopo ho comprato una Vespa e ho fatto un altro giro di tre mesi e mezzo: diecimila chilometri per Europa e Turchia. L'idea della traversata asiatica c'era sempre ma nei viaggi precedenti non ho potuto spingermi oltre per via dei visti. L'idea di vedere cosa succedesse ad Est era sempre lì in testa».
Si è dato un punto d'arrivo?
«Inizialmente sì, il Giappone. Ma ero consapevole che non fosse la fine. È stata solo la conclusione di una parte di viaggio, quello attraverso l'Asia centrale, che richiedeva molta pianificazione. Poi avevo carta bianca».
Come ha mosso i primi passi organizzativi da casa?
«Ho avuto circa tre mesi per pianificare tutto. Principalmente ho fatto lavoro di ricerca, documentandomi su internet, confrontarmi sui forum con altri viaggiatori. Prima di partire mi sono accertato che fosse tutto fattibile: sia i visti per me che i permessi per trasferire la moto».
Perché ha scelto questo mezzo per il viaggio?
«Scelgo il mezzo in base all'itinerario. Il primo viaggio è stato in bicicletta: viaggio lento, senza alcuna idea di dove arrivare. Un solo pensiero: andare verso Nord. L'anno dopo, in Vespa, ho fatto il triplo dei chilometri: volevo visitare di più e viaggiando in moto tra le tappe ero abbastanza veloce per farlo. La moto ti permette di conoscere la vera anima dei Paesi. Devi passare per tutte le strade prestando attenzione a ciò che hai attorno. Sei costretto a fare tappa in paesini e villaggi che non hanno nulla di turistico e dove la vita scorre nor male».
Che itinerario ha previsto?
«Nella prima parte del viaggio le tappe topiche sono state Mongolia e Tagikistan, che hanno molti passi oltre i quattromila metri e sterrate perfette per la moto. Poi Kirghizistan, Iran e il Giappone che volevo visitare da tempo. È uno dei Paesi più lontani raggiungibili sulla cartina via terra. La mia motivazione principale era andare il più a lungo il più lontano possibile. Viaggiare finché c'era terra».
La seconda parte del viaggio dove la condurrà?
«Ora sono in Cambogia, nella capitale Phnom Penh. Dopo il Giappone ho preso un volo per Bangkok e mi sono dato tre o quattro mesi per visitare il Sud-Est asiatico: Laos, Cambogia, Vietnam e ultima tappa la Birmania. Il Paese è stato aperto al turismo da tre anni quindi è il momento più interessante per visitarlo. Si mantiene ancora autentico».
Il Paese che l’ha sorpresa di più?
«L'Iran. Non sapevo cosa aspettarmi ma ho seguito il consiglio di altri viaggiatori. Non si trovano molte informazioni in giro. Al mio arrivo ho trovato un Paese esageratamente ospitale: non c'era giorno in cui qualcuno non mi offrisse un aiuto».
Tornerà in Italia?
«A breve termine non mi interessa. Non mi vedo né a viaggiare all'infinito né a stanziarmi in un altro Paese. So che la mia casa, gli amici e la famiglia sono a Bergamo e non riuscirei a lasciarli per sempre, ma attualmente l'Italia non ha molto da offrirmi. Quando avrò voglia di ricominciare tutto da capo tornerò».