Della libertà di critica (che poi è quella di pensiero)

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Lo chiamano “il gioco del rispetto”. Ed è un “protocollo” che prevede lo scambio di abiti tra bambini di tre, sei anni per abbattere le barriere di genere. La cosa sta suscitando ovviamente scalpore e in molti casi franca indignazione, perché è ormai palese la messa in atto di un progetto che con la scusa delle “uguaglianze” tende a imporre il trionfo del gender, cioè la cancellazione del sesso che madre natura ha voluto con la sua sapienza indiscutibile donare all'individuo.

E guai a contrastarla, quest’onda, perché, come in altri aspetti ispirati dal sociale di moda, si viene immediatamente tacciati di mentalità passatista e retrograda. Come ho spesso scritto in queste righe, il danno nelle coscienze umane è stato fatto ed è pressoché irreversibile, per il semplice motivo che con luciferina astuzia si sono prima azzerate critica e autocritica distruggendo la cultura nell'individuo, quindi si sono seminate a piene mani, a desertificazione avvenuta, simili scempiaggini, e per giunta con notevole successo. In poche parole ecco il “giochino”: prima rendere la massa sufficientemente imbecille, quindi instillare a poco a poco comportamenti, sentimenti e opinioni alla stregua di conquiste culturali di sesquipedale preponderanza.

E affinché tutto questo abbia esito perfetto il congegno del sistema si affida a certi media capaci di pompare al massimo queste teorie, con i loro strapagati conduttori messi lì proprio per suffragare e diffondere certe tesi. È il caso di un programma di Radio24: un’ascoltatrice telefona, per niente d'accordo proprio sulla questione del travestimento dei bambini, e come immediata risposta le viene replicato un bel «Lei sta dicendo vaccate». Dunque o sei in linea con il monopensiero imposto, oppure «Ti chiamano l'ambulanza» (vedi La Zanzara): forti della dimestichezza con microfoni e  mezzo radiofonico, mettere alla berlina lo sprovveduto di turno (che ha fatto male a chiamare) è un attimo. Così si fa opinione a tanto un chilo, così si incide colpevolmente nella morale, sbandata per difetto di solidità culturale, la gente, la massa, il popolo che poi è quello che va a votare, ahimè non sempre consapevolmente.

Bellissimo il pensiero del teorico e giornalista di Le Figaro Eric Zemmour: «Il progressivo smantellamento di una società patriarcale ha prodotto una donna mascolinizzata e un uomo svirilizzato, dunque femminilizzato, perfettamente interscambiabili tra loro». In sostanza, il pensiero di Zemmour sottolinea il processo di una progressiva e deliberata femminilizzazione della nostra società ad opera di un sistema capitalista che con il pretesto di proporre soluzioni volte a una non meglio qualificabile uguaglianza su tutti i piani possibili, tira acqua al proprio mulino proprio giocando un ruolo subliminale sulla coscienza delle persone. Il giornalista sostiene che questa femminilizzazione, del resto sotto gli occhi di tutti, è stata prodromo in tutte le passate civiltà, da quella greca a quella romana fino alla proverbiale “mollezza” settecentesca, in dirompente violenza. Ultimo esempio, appunto, la rivoluzione francese. Quindi, secondo l' acuto pensatore, noto per essere politicamente scorretto (il che significa non al guinzaglio di questa o quell'altra corrente politica), c'è poco da stare allegri, perché questo modo easy di farci vedere le cose, questo minestrone di tutto, la pretesa arrogante di stravolgere le stesse leggi della natura, porterà presto un sacco di guai.

Tornando al conduttore radiofonico che ha insultato la signora in disaccordo, mi ha colpito il suo esempio: non ci si traveste anche per carnevale? Sì caro amico, ma per l'appunto tutte le cose nella vita si fanno a tempo e a luogo e nel caso del Carnevale, in forza di una tradizione ben consolidata nel tempo e non per dare la stura a discutibili trovate sperimentali. Lasciamo i bambini con le loro favole, i loro sogni e la loro infanzia e non permettiamoci di pervertirne precocemente il senso morale, la visione della vita e di se stessi. Questa è la peggiore educazione possibile.

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