Dimenticate le lettere d'amore Oggi al massimo avrete un'emoticon

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Il linguaggio dell'amore, si sa, è universale. È un linguaggio né scritto né parlato eppure appreso immediatamente, condiviso a piacimento e fonte di comunicazione attiva e ripetibile nel tempo. Insomma, una specie di formuletta scientifica da applicare senza temere fallimenti, tranne rare, deprecabili défaillance.

Ma siccome il genere umano non è destinato malauguratamente a passare l'intera vita sotto le lenzuola, ogni tanto ha bisogno di esprimersi secondo i canoni della propria lingua d'appartenenza, così deve aprire bocca e perfino mettersi a scrivere. Oggi la lavagna, il bigliettino da visita, i pizzini, la carta da lettere sono stati sostituiti dagli strumenti offerti dai social, che con le loro leggi  indirizzano i popoli della terra verso stili di scrittura assai prossimi ai geroglifici di un passato remoto. Li chiamano emoticon (mamma mia che emozione!), sticker (adesivi) e gif, mini cartoni animati in versione dedicata. Provi amore, dispiacere, disappunto, rabbia o felicità? Non scrivi nella lingua di mamma: ti amo, soffro, sono incazzato eccetera, eccetera. Mandi via etere questi 'cosi' che non solo dovrebbero comunicare uno stato d'animo ma addirittura emozionare.

Il nostro vocabolario contiene grosso modo duecentomila tra parole e lemmi: tanta roba, direbbero gli adolescenti. Quindi ho seri dubbi che con questo profluvio di potenziali espressioni manchi la paroletta esatta capace di indicare ciò che si sta provando e si vuol far sapere. Ovviamente stiamo parlando della lingua italiana, che, come tutto ciò che comporta fatica, per essere appresa può essere abbandonata al proprio destino. L'immediatezza del linguaggio dell'amore e di quello degli emoticon non ha paragoni! Sulle scorciatoie utili nulla da dire.

Indigna piuttosto l'incommensurabile ignoranza da asilo infantile in cui un preciso progetto di deculturizzazione ha gettato mezzo pianeta, portando gente seria e perfino ben adulta a esprimersi come bambini di cinque anni capaci di reagire solo alla suggestione delle immagini. Perché nella realtà dei fatti è in atto l'imbecille involuzione dell'umanità ormai semi incapace di qualsiasi forma di impegno e concentrazione. È stato provato che la concentrazione durante un dibattito non supera la mezzoretta: nei fatti concreti l'astrazione totale della persona arriva dopo cinque minuti se trova la cosa interessante e di uno appena nel caso contrario. Roba da bebè in fasce. Così, se sventoliamo davanti agli occhi dell'infante sonagli, lucine e figure colorate, eccolo ridere beato e tendere la manina, divertito e attratto. Siamo una società che mostra segni di reazione solo di fronte alle figure, proprio come i bambini.

E come un popolo infantile viene trattata: Facebook lo sa benissimo e ultimamente ha elaborato un sondaggio dal quale si evince che la gente guarda prevalentemente figure e foto e mette i like senza minimamente leggere i post. Non è un bel segno, affatto. Significa che come tante pecore qualcuno che la sa lunga ci sta spingendo verso direzioni ignote.

Così, mentre il Titanic della cultura affonda, scioccamente cantiamo e, da suonati, suoniamo. E, magari per emoticon, una bella tromba. Con il sospetto che potrebbe significare qualcos'altro...

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