L'intervista

Don Tino Scotti: «Vi racconto Papa Francesco, il mio vicino di casa che amava la gente»

Per otto anni ha vissuto a Santa Marta, due piani sopra il pontefice, e insieme hanno organizzato ogni giorno la Messa delle 7 della mattina che accoglieva cento fedeli a invito

Don Tino Scotti: «Vi racconto Papa Francesco, il mio vicino di casa che amava la gente»
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di Ettore Ongis

Don Tino Scotti è un fiume in piena quando parla di Papa Francesco, vicino al quale ha vissuto per otto anni a Santa Marta mentre lavorava alla Segreteria di Stato. Racconta aneddoti e ne descrive con ammirazione e ironia il profilo privato.

Solo per un momento i suoi occhi si fanno lucidi, quando ricorda la tenerezza di questo «padre severo» (così lo definisce) il giorno in cui è venuto il momento dei saluti. Don Tino era stato colpito da una grave malattia ai polmoni. «Quando tornai dal Gemelli, con la mia bomboletta di ossigeno, salii da lui: “Santo Padre penso che sia meglio per me tornare a Bergamo, che cosa faccio qui ormai, non sono più in grado di lavorare”. Mi guardò e disse: “Sì, va bene”. Andò in una stanzetta che usava come magazzino, prese un’icona e me la incartò. Qualche giorno dopo, l’ultimo del mio servizio in Vaticano, mi accompagnò con l’ascensore e a piedi fino alla porta di Santa Marta, fu veramente commovente».

Monsignore, chi è stato per lei Papa Francesco?

«È stato un padre e un amico. Sì, direi anche un amico».

In che senso?

«Nel senso che abbiamo avuto un ottimo rapporto. Era rispettosissimo, mi ha sempre dato del lei, era una sorta di padre severo, ma con lui non mi sono mai sentito in soggezione».

Severo?

«Io l’ho sempre visto come uno dei parroci bergamaschi di una volta: rigido, fermo su alcuni principi, ma paterno e capace di ascoltare, di mettersi nei panni della gente».

Ci racconti dell’inizio.

«Abitavo a Santa Marta da più di vent’anni ed ero il cappellano delle suore. Quando c’è un conclave, i preti che risiedono lì devono sgomberare per far posto ai cardinali che arrivano da tutto il mondo. Così sta avvenendo in questi giorni, così era avvenuto nel 2013».

Quando Bergoglio venne eletto Papa.

«La consuetudine voleva che, dopo l’elezione, il nuovo pontefice andasse ad abitare per una ventina di giorni nel torrione dei giardini vaticani mentre veniva sistemato il suo appartamento nel palazzo apostolico. Ma Francesco disse: "Io sono qui, rimango a Santa Marta". Uno studio, la camera, il bagno, in tutto 35 metri quadrati. Ha solo accettato di spostarsi al secondo piano in un appartamentino che era stato pensato per ospiti illustri, che in più aveva una piccola anticamera, due divanetti e poco altro. I suoi vicini erano due nunzi in pensione».

Una scelta che fece scalpore.

«Sì, ma non la compì per volontà di essere povero o in polemica verso i predecessori. Vorrei vedere: quelli che avevano vissuto nell’appartamento papale sono tutti santi, Papa Giovanni, Paolo VI, Giovanni Paolo II. Francesco ha sempre detto: “Voglio stare a Santa Marta perché sono abituato a vivere in comunità, ho bisogno di stare insieme agli altri”. Con la morte dei due nunzi, comunque, le due stanze sono diventate un intero piano, perché ovviamente serviva altro spazio».

Don Tino Scotti e papa Francesco

Arriviamo al vostro incontro.

«Visto che il Papa stava a Santa Marta, noi preti, una quarantina, abbiamo pensato di lasciarlo libero cercando altri alloggi. Francesco ha chiamato il direttore della casa e gli ha ordinato: “Li faccia restare, si va avanti come prima”. Dunque, siamo rientrati tutti e anch’io sono tornato nel mio appartamentino al quarto piano. Io al quarto, il Papa al secondo».

Che ansia avere il Papa in casa...

«A Santa Marta erano spuntati ascensoristi con i guanti bianchi e guardie svizzere, anche quando scendevamo in mensa. Pian piano, però, Francesco ha riportato tutto alla normalità. Niente più ascensoristi e guardie svizzere. Capitava così che uno chiamasse l’ascensore e ci trovasse dentro il Papa: "Buongiorno Santo Padre, come va?". Alla sera cenava con noi preti, c’erano delle signore pronte a servire, ma lui apposta si alzava da tavola e si metteva in fila. E potevi trovarti nella situazione un po’ imbarazzante di prendere una salsiccia con al fianco lui in tonaca bianca. A pranzo, invece, si metteva a tavola con quelli delle pulizie, i manutentori: si trovava a suo agio con questa gente, si interessava delle vicende familiari, gioie, dispiaceri. Il personale di Santa Marta era la sua famiglia. Ed era anche furbo, perché in questo modo veniva a sapere tutto di tutti. Ovviamente, per il personale Francesco era un idolo. Scendeva alle sette meno un quarto del mattino e per prima cosa andava a stringere la mano alla portinaia, poi salutava la guardia svizzera e le inservienti. Una mattina mi venne incontro...».

Ecco, ci siamo.

«“So che lei fa il cappellano delle suore. A me piacerebbe dire la messa al mattino, ma vorrei che ci fossero delle persone, perché io amo la vicinanza con la gente”. “Benissimo”, gli risposi. Né io né lui avevamo idea di cosa comportasse organizzare una cosa del genere. La sera a cena riprese il discorso: “Vorrei dire la Messa alle sette”. "Santità, alle sette con la gente è un po’ presto”. Lui deciso: “No, va bene alle sette”. E così abbiamo cominciato: io lanciavo le idee su chi invitare e lui approvava. Organizzare questa Messa si rivelò un'impresa non da poco».

Da chi avete cominciato?

«Dal personale del Vaticano, che ha quasi tremila dipendenti. Il primo giorno la cappella era piena di elettricisti, muratori, custodi dei musei, gente che lavorava lì da anni, ma non aveva mai visto il Papa. Cento al giorno. Io telefonavo ai cardinali: domani tocca alla vostra congregazione e tutti si mettevano a disposizione. Una cosa fantastica... Finito con il personale, avanti con i dipendenti dell’Università e poi con le parrocchie di Roma. Il problema è che alla fine di ogni Messa il Papa si fermava a salutare tutti e molta gente piangeva per l’emozione. Concordammo allora di scendere a 50 e di evitare il mercoledì che c’era già l’udienza in piazza». (...)

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Commenti
Antonio

Era il pontefice degli ultimi infatti si è dimostrato tale anche dopo la morte ricevendo un UMILE funerale di soli TRE MILIONI DI EURO circa cioè la cerimonia funebre di tutti gli ultimi 🤣

Paolo74

Il potente clero bergamasco riesce sempre a piazzare uno dei suoi uomini nelle segrete stanze del Vaticano. Occhi e orecchie preziosi...

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