Una tradizione orobica

Emanuele, il "muezzin" di Gandino senza più voce, ma l'urlo è dal cuore

Emanuele, il "muezzin" di Gandino senza più voce, ma l'urlo è dal cuore
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In copertina: Emanuele, “urlatore” dal campanile della Basilica di Gandino.

 

Lo scorso anno ha festeggiato i sessant'anni, ma la grinta è quella di un tempo, con una prestanza fisica che è tuttora più vicina a quella ben percepibile nelle foto dell'Anno Santo 1975, quando era (come sempre) in prima fila per costruire la tribuna del campo di calcio all'Oratorio di Gandino. Lui è Emanuele (l'anagrafe pretende anche Bertocchi, ma in paese è assolutamente superfluo) e da decenni è il muezzin della Settimana Santa.

 

 

Occorre sapere infatti che dalla sera del Giovedì Santo e sino alla Veglia del Sabato Santo, con le campane legate in attesa del gioioso annuncio della Resurrezione, a Gandino sono i volontari a richiamare i fedeli dalla sommità del campanile della Basilica, fra i più alti in Lombardia con i suoi 73 metri. Questi volontari si avvalgono della voce (ecco spiegato il muezzin, forse mutuato dai viaggi in oriente dei mercanti di pannilana) e della tola, una tavoletta in legno di noce cui sono fissati quattro battenti di ferro. La tola viene scossa, ripetutamente e con forza, ad ogni angolo del campanile. L’ultimo giro di annuncio, detto butì, viene fatto suonando a raganella, cioè con ritmo continuato. La voce urla «Ave Maria» oppure «Pater», «Funziù» e «Via Crucis» per annunciare i momenti del giorno o le celebrazioni imminenti.

 

Emanuele Bertocchi nel 1975 all’Oratorio di Gandino, intento nella costruzione della nuova tribuna.

 

Emanuele salirà anche quest'anno i duecento gradini della torre, per affiancare il “battitore” Celestino Caccia e il giovane “urlatore” Fulvio Masinari. Nei mesi scorsi a Emanuele è salito un brutto nodo in gola. No, non pensate alla malinconia (non è da lui), ma a quelli rilevati dalle ecografie che il chirurgo, per fortuna, porta via per tempo. Emanuele non ha più l'urlo di una volta e accade proprio adesso che i suoi Pulcini in Oratorio (ha allenato tre generazioni di piccoli calciatori gandinesi) hanno vinto il campionato del CSI. Sul campanile e a bordo campo lui comunque non manca mai e ancor meno si trattiene, perché l'urlo vero, quello della passione, sale sempre e comunque dal cuore.

 

 

A dirla tutta anche qui c'è un ricordo particolare. Nel 1978 Emanuele era un mediano di belle speranze nelle fila dell’Unione Sportiva Gandinese. Ventuno anni e una carriera davanti. Fu costretto a smettere per un problema cardiaco rilevato dal dottor Silvestro Castelli. Accadde grazie a una visita specialistica imposta da nuove norme appena entrate in vigore, dopo che pochi mesi prima (il 30 ottobre 1977) il centrocampista Renato Curi era morto improvvisamente sul campo dello stadio di Perugia, che oggi porta il suo nome. Emanuele è diventato chioccia per mille Pulcini, cassiere della Confraternita del Carmine e campanaro. Perché un muezzin (di Gandino) non molla mai.

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