A fare figli si diventa più donna?

Pubblicato:
Aggiornato:

Probabilmente le ha trovate tutte lei, Deborah Dirani - «Donna, prima. Giornalista, poi», come si firma - le altre donne che la pensano un po’ sfigata («una povera femmina a metà») perché ha 40 anni ma nemmeno un figlio. Sarà che siamo venuti su tra zie nubili piuttosto disinvolte che ci hanno spupazzato tanto più quanto meno dovevano dividerci coi bambini loro, i cugini che non abbiamo avuto. Parafrasando Cioran: «Quei bambini che le zie - e le loro amiche - non hanno voluto, sapessero quanta gratitudine abbiamo nutrito per loro!».

Sarà che ad una certa età le donne più grandi ci faceva piacere che non avessero figli da dribblare o da non svegliare. Sarà che ne abbiamo conosciute di fascinose ed attive in tutto il mondo cui l’ultima domanda che avremmo rivolto era se avessero o meno figli (perché preferivamo continuare a pensarle senza e temevamo che invece); sarà per qualche altra ragione che al momento ci sfugge, ma non capiamo proprio da dove siano uscite tutte quelle signore pettegole e démodées di cui ha voluto parlarci la donna prima e giornalista poi su Huffington Post.

Ci siamo allora domandati: ce l’ha forse con le mamme e le nonne? Ma ci siamo risposti subito: no, non ci sembra proprio. E non ce l’ha, forse, nemmeno con quelle che opinano che essere donna contempli il fatto di generare figli: in fondo ognuno può pensarla come vuole. Ce l’ha, invece, con quelle tra le precedenti che, impicciandosi di cose che non le riguardano, le fanno pesare (o vorrebbero farle pesare) la sua scelta (pare) di non avere i gioielli di cui andava orgogliosa la mamma dei Gracchi.

È contenta, la quarantenne giornalista, di essere come è? Dice di sì. E allora? Allora basta così. Meglio, certo, di quelle pazienti con problemi di infertilità che alla boa del mezzo secolo cercano ancora di generare ricorrendo ai metodi più strampalati del mondo, immaginandosi magari che i piccoli nascano già laureati - perché avere un bambino da svezzare in età da nonni dev’essere una sciagura mica da ridere. Come diceva Teresa d’Avila - senza figli e dottore della Chiesa - parafrasata da Truman Capote: «Si versano più lacrime per le preghiere esaudite che per quelle non accolte». O George B. Shaw: «Esistono due tipi di tragedie nella vita. Una è perdere ciò che più si desidera, l’altra è ottenerlo. Quest’ultima è la peggiore, la vera tragedia». Siamo d’accordo.

Il problema non è dunque - per noi che siamo come siamo anche grazie a chi, figli?, mi bastano quelli di mia sorella - che una donna non metta al mondo dei bambini. Il problema è che esistano (e secondo noi sono poche, ma la Dirani riferisce di averne incontrate tante) delle signore proclivi ad immaginare che se una di loro non ha mai affrontato vittoriosamente la sala parto debba per forza sentirsi un po’ così, un po’ meno donna.

Adesso, capiteci, non ci pare opportuno sbandierare ai quattro venti casi gloriosi di persone a noi prossime che se la sono cavate, in mancanza di figli, molto meglio di tante altre. Molto meglio anche dal punto di vista dell’umore, dell’autostima, della capacità di girare il mondo e di fare shopping, della considerazione complessiva di sé e degli altri. Il che - intendiamoci bene - non vuol affatto dire che non abbiamo conosciuto mamme e nonne strafelici e acclamate da prime, seconde e terze generazioni e realizzate al punto da vedere anche nelle loro figlie prive di discendenza delle donne compiute al par di sé.

Non tiriamo - dunque - in ballo storie di amiche e parenti, ma di sicuro verrebbe da dire a certe signore pettegole che se non altro la letteratura è piena di donne a tutto tondo che hanno pensato fosse meglio per loro dedicarsi ad attività diverse dall’allevamento della prole. La Dirani ricorda il caso di Angela Dorothea Kasner (Merkel è il cognome del suo primo marito), Oprah Winfrey (l’anchor woman più famosa e pagata della storia) e Liza Minelli, di cui però non si può dire che non abbia avuto problemi con l’umore e l’autostima.

Ma ce ne sono tante altre in giro, di donne meravigliose che, nonché figli, nemmeno un marito avrebbero voluto avere. Giovanna D’Arco, per dirne una: chi non vorrebbe averla per amica, una come lei? Elisabetta I d’Inghilterra è un’altra. La complicata Louise Brooks non ebbe figli. E i mariti che ebbe li lasciò quasi subito. A qualcuno risulta che Marlyn Monroe nata Norma Jean Mortenson abbia lasciato eredi? E si sentirebbe per questo di pensare che fosse meno donna di altre?

D’accordo, gli elenchi non servono. Le esperienze altrui non fanno mai testo. Il procedimento induttivo fa acqua da tutte le parti. Ognuno è felice e infelice a modo suo.

Ci sarebbe però un’altra cosa da ricordare alle signore incontrate da Dirani che forse le potrebbe far recedere dalle loro considerazioni venefiche - la Dirani immagina che siano in prevalenza cattoliche e di destra, tant’è che alla domanda «Perché non…» ha deciso di rispondere «Perché sono comunista e io i bambini li mangio, non li sforno» -. Ed è questa, la cosa che vorremmo dire: che ci sono tante brave e belle mamme che fanno meravigliosi figli coi loro mariti ma si guardano bene dall’averli con altri coi quali non si sentono affatto meno donne per il fatto di tenere - per così dire - separate le zone di influenza. Né i loro uomini le considerano per questo meno femminili. Anzi.

Uomini o donne che si sia, per fare figli ci vuole sempre una buona dose di speranza o di incoscienza. E, allo stesso tempo, un campo abbastanza ristretto di opportunità sociali in cui pensare di far fiorire la sana incoscienza e/o investire in speranza. Per lungo volger di anni il sesso l’ha fatta da padrone nell’ambito delle opportunità, al punto che il dottor Freud suppose che fosse appunto il sesso a mandare avanti il mondo. Oggi la sua - del sesso - pretesa di dominio sulla storia si è fortemente ristretta. Il dilagare stesso della pornografia lascia pensare che sia destinato a diventare pratica sempre più secondaria, al limite dell’insignificanza politica. Un tempo per allargare i regni si combinavano - per lo più infelici - matrimoni fra principi e principesse. Oggi basta un trattato unisex o anche zerosex a mandare in rovina stati e monete.

I monaci medievali giustificavano la loro scelta per il celibato col rifiuto di produrre nuovo materiale per la morte. Non erano per questo meno uomini: volevano solo accelerare la fine dei tempi. E dunque, signore care, rispettate la donna prima che giornalista e le sue compagne di ventura. E, soprattutto, fatevi i fatti vostri - come dice Rai2 in tarda mattinata. L’invidia provata e non riconosciuta, tra l’altro, è sempre una pessima consigliera.

Seguici sui nostri canali