Moriva oggi, quarant'anni fa

Cinque film per ricordare quant'era grande Vittorio De Sica

Cinque film per ricordare quant'era grande Vittorio De Sica
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Se il cinema italiano viene invidiato e studiato da tutti i grandi registi che hanno fatto la storia è senza dubbio merito di autori come Vittorio de Sica. A quarant’anni esatti dalla sua scomparsa, il maestro del Neoralismo, attore amatissimo e regista di grande talento, continua a farsi ricordare con affetto dal pubblico e dagli addetti ai lavori. Lavorando in film di grande successo, De Sica è riuscito a creare e diffondere un’immagine dell’Italia e dell’italianità finalmente positiva, mentre in tutte le scuole di cinema dalla generazione di Scorsese in poi, i suoi film vengono continuamente rivisti e analizzati insieme a quelli di pochi altri maestri (Visconti e Antonioni solo per citarne un paio). Per ricordare l’uomo e l’artista oggi vi proponiamo una rosa selezionatissima dei suoi lavori, indubbi capolavori che ancora oggi non mostrano i segni del tempo.

 


Nel 1943, l’Italia sta ancora vivendo una delle sue pagine più nere, schiacciata dal peso della dittatura e poi stritolata nella morsa della doppia occupazione americana e tedesca. Proprio in questo difficile contesto, una manciata di nuovi autori emerge con forza sulla scena cinematografica, riscrivendo quasi del tutto il modo di fare film. Fra questi De Sica occupa senza dubbio una posizione di tutto rispetto: il suo I bambini ci guardano è, insieme a Paisà, il manifesto del nuovo stile e comunica con forza il senso di pericolo e al contempo di rivalsa che pervade la sensibilità e lo spirito italiano. A partire da un romanzo di Cesare Giulio Viola degli anni Venti, De Sica racconta la storia di una famiglia in disfacimento, filtrata dallo sguardo sincero e naturale di un bambino di neppure dieci anni. È il primo film in cui il regista fa i conti con la realtà ed è subito capolavoro: elevando una materia piuttosto banale, quasi da fotoromanzo, De Sica realizza un ritratto di grande impatto emotivo e delicatezza narrativa.

 


Quando si pensa a De Sica, il film che tutti citano senza pensarci due volte è però Ladri di biciclette, datato 1948, che segna il passaggio completo allo stile neorealista. Frutto del fortunato sodalizio con Cesare Zavattini, il film racconta la ricerca che un padre fa con il figlio della bicicletta che gli è stata rubata. Il pretesto è banale ma necessario: senza il povero mezzo di trasporto non c’è speranza di lavoro e quindi – nell’Italia del dopoguerra – di sopravvivenza. Il pellegrinaggio dei due li porterà a visitare i recessi di una Roma ridotta in povertà e piagata dal malessere sociale. La macchina da presa insegue gli individui, strappandoli dallo spazio di una città in rovina, anonima ma ancora animata da un forte desiderio di sopravvivenza. Il film, che valse a De Sica numerosi Nastri d’Argento e un Oscar speciale nel 1949, vede fra le comparse anche un giovanissimo Sergio Leone.

 

La povertà e il disagio sociale non diventano però mai in De Sica un abbandono della speranza. Lo si vede bene in uno dei suoi film più affascinanti: Miracolo a Milano, tratto dal romanzo Totò il buono di Cesare Zavattini. Un povero orfano viene allevato dalla dolce Lolotta e, cresciuto in orfanotrofio dopo la scomparsa di quest’ultima, si troverà a vivere in una baraccopoli improvvisata alla periferia di Milano. Come Roma, anche la città lombarda viene raccontata nelle sue periferie più sporche e disagevoli e questo dà al protagonista Totò tutta l’aria di un santo tragicomico. Scoperto che il terreno dove vive insieme ai suoi compagni di sventura nasconde un giacimento di petrolio, verrà quasi sfrattato dal proprietario. Solo un intervento provvidenziale e dai sapori quasi miracolosi li porterà in salvo, facendoli ascendere al cielo a cavallo di una scopa.

 

http://www.youtube.com/watch?v=bUBCcql80bM

 

Il Neorealismo, nato con la fine della guerra, si consumerà nel giro di pochi anni. Privo ormai della spinta e delle condizioni storiche necessarie al suo sviluppo, lo stile finirà con lo spegnersi autonomamente, dopo aver lasciato il suo canto del cigno. Umberto D (1952) è senza dubbio il frutto più maturo della collaborazione fra De Sica e Zavattini, nonché uno dei massimi capolavori del cinema italiano di tutti i tempi. Permeato di una grande sensibilità e di un mai abbandonato ottimismo, il film mette al centro la figura di un triste e anonimo pensionato che, ridotto in povertà e ormai non più in grado di provvedere alla sua sopravvivenza, sceglie di non percorrere la strada del suicidio per non abbandonare l’unico compagno rimastogli: il suo fedele cane. Nonostante questo, il film è amaro, crudo e privo di qualsiasi forma di retorica. Se in Ladri di biciclette vedevamo un perfetto succedersi di eventi legati alla ricerca, qui non c’è più nulla. Rimane solo il Cinema a raccontare una storia di grande sensibilità e profondità emotiva, amatissima dal pubblico e dalla critica.

 

http://www.youtube.com/watch?v=Jdacz9i9SQQ

 

Senza dubbio il film più amato dal grande pubblico fra quelli girati da De Sica è La ciociara. Datato 1960 e interpretato magistralmente da Sophia Loren e Jean-Paul Belmondo, il film è ambientato nel 1943, all’epoca dell’occupazione alleata, e richiama evidentemente l’eredità del Neorealismo, forse anche al di là delle intenzioni del regista. La protagonista è vedova e, a seguito dei bombardamenti, decide di tornare nel suo paese natale, in Ciociaria, insieme alla figlia. Qui cerca di rifarsi una vita, anche grazie all’amore di un giovane intellettuale, ma la risalita dei soldati avrà tragiche conseguenze sulla sua vita e su quella della figlia. Film più immediato dei precedenti ma di grande presa emotiva, La ciociara è una pellicola che generazioni e generazioni di spettatori hanno amato, soffrendo insieme alle protagoniste.

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