Il signore del pulito

Francesco Maffeis, numero uno della Fra.Mar: «La mia fortuna? 14 fratelli, Rina e i quattro figli»

Inaugurato il nuovo quartier generale dell'azienda a Pedrengo. «L'imprenditore deve essere amico della fortuna e della paura»

Francesco Maffeis, numero uno della Fra.Mar: «La mia fortuna? 14 fratelli, Rina e i quattro figli»
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di Ettore Ongis

Dodicesimo di quattordici figli, Francesco Maffeis ha cominciato a lavorare a 12 anni facendo il panettiere, poi ai 16 il salto nell’edilizia, come manovale, a vent’anni è stato promosso muratore.

Quando l’impresa è fallita, il padrone lo ha portato a Zingonia dove aveva acquistato un’azienda di pulizie, la Pulidor, e gli ha chiesto di guidarla. «Gli risposi che da muratore qualificato non sarei andato a fare lo spazzinaro».

In quell’impresa è rimasto sei o sette mesi: lavare i vetri dei palazzi non gli andava. Quindi, nuova avventura con lo stesso datore di lavoro a Milano in un’azienda che costruiva macchine per levigare il parquet: «Quando vedevo la stanza lucida, finita, mi piaceva molto. E questo mi è servito, così come mi erano serviti gli insegnamenti di mia madre di non sprecare l’acqua, che non avevamo in casa. La mia idea però era sempre quella di dar vita a qualcosa di mio». Oggi Francesco Maffeis è presidente della Framar, azienda del pulito che ha fondato nel 1970 e che conta mille dipendenti.

Commendatore, contento dell’inaugurazione della nuova sede di Pedrengo?

«Molto contento. E soprattutto grato a ciascuno di quelli che c’erano. Vuol dire che le persone apprezzano quello che facciamo. Ho quattro figli. In azienda ci sono Simone, che è l’amministratore delegato, Luca e Andrea. Loro sono entusiasti per come è andata l’inaugurazione, ma io, in 52 anni di impresa - ho iniziato in un garage - sono più prudente: la mia preoccupazione è quella di non dover magari tornare indietro».

È facile «tornare indietro»?

«Ogni persona deve saper decidere e rischiare. In tempi di pandemia per diverse notti non ho dormito: mi ero imbarcato nell’investimento per la nuova sede e le nubi si accumulavano. La giornata di sabato mi ha dato forza, però non sono ancora del tutto certo di aver fatto il passo giusto. Lunedì ho detto ai miei: “Ragazzi, la festa è stata bella, ma adesso ce la dobbiamo mettere tutta”. Conta il fare, non l’apparire. Io sono un “imprenditore di campagna” che ha coltivato la fortuna come ha coltivato la paura. Bisogna essere amici della paura. Se non lo fossi stato, non avrei mai firmato l’impegno che ci siamo accollati».

Il nuovo quartier generale di Framar, a Pedrengo

Ma cos’è che la preoccupa, non è ancora sicuro questo mestiere?

«È sicurissimo, il settore delle pulizie ha un grande futuro, mi preoccupa come gira il mondo. Lo vedo nei ragazzi, questa vita concentrata sui telefonini non li aiuta a costruirsi una personalità. I miei nipotini li faccio giocare a biliardo perché imparino a mirare il pallino».

La stima di tante persone verso di lei si è percepita non solo per le presenze.

«Non mi interessa dare lustro alla mia persona, mi interessa valorizzare il nostro settore, creare anche dei concorrenti, così i miei figli non si adagiano nell’oro. Io sono sempre stato esigente, ho alzato spesso la voce e di questo sono un po’ pentito. Mi cercano ancora, ma ho deciso di dar loro più spazio nella gestione dell’azienda. Altrimenti avrebbero tutto il diritto di dirmi: “Ti fidi o no di noi?».

Che cosa significa Framar? “Fra” sta per Francesco, “ma” per Maffeis, e la “r” finale?

«Il primo nome era Fra.Ma, ma quando mi sono sposato con Rina ho aggiunto la sua iniziale».

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