Fino al 18 settembre

Il giallo del Van Dyck scomparso Ora in mostra in Accademia Carrara

Il giallo del Van Dyck scomparso Ora in mostra in Accademia Carrara
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La grande pittura europea ospite in Carrara: Antoon van Dyck arriva a Bergamo grazie a un prestito straordinario dalla collezione Robilant+Voena. Il grande dipinto Compianto su Cristo morto, databile tra il 1628 e 1632, inaugura una serie dedicata ai protagonisti della pittura europea, un percorso che Accademia Carrara vuole intraprendere per favorire il confronto tra maestri italiani e internazionali. L’opera è davvero «palpitante» come la descrive la direttrice della Carrara, Maria Cristina Rodeschini, per i colori e per i richiami tutti italiani che Van Dyck con maestria inserisce in quest’opera. Si ritrova l’omaggio a Tiziano, qualcosa dei Carracci e, nel volto di Maria, un chiaro riferimento a Guido Reni. A questo si aggiunga un allestimento prezioso: una parete a tonalità blu che fa risaltare l’opera senza contrastare col percorso espositivo delle sale, tutte, per scelta, non colorate.

 

 

La storia. Il quadro, anticamente di proprietà del duca palermitano Airoldi di Cruillas, era scomparso dal 1947. Con la passione di chi è abituato a dipanare i misteri dell’arte e a risalire indizio dopo indizio ad autori e committenti di capolavori grandi e piccoli, Maria Grazia Bernardini, allora al polo museale romano, iniziò a seguire le tracce di quel Compianto di Cristo riemerso dal nulla. Dai primi documenti risultava che nel 1947 il quadro di Van Dyck «era stato trasportato da Palermo a Roma dal proprietario, il duca di Cruillas, che dopo aver salvato il dipinto dalla distruzione durante la guerra, nascondendolo sotto il proprio letto, lo aveva portato nella Capitale perché fosse restaurato». Dunque il Van Dick nel 1947 è a Roma, dove, a giudicare dai documenti, resta fino alla fine degli anni Ottanta, perché, uno studioso del pittore fiammingo, Erik Larsen, «nel 1980 e nel 1988, ne cita la presenza a Roma, in una collezione privata » (fonte: La Repubblica, 29-01-2004).

Considerato uno dei grandi missing della storia dell’arte, soprattutto, come dicevamo, per la testimonianza che offre delle relazioni tra Van Dyck e la pittura del Rinascimento italiano, è poi riapparso a Roma fortunosamente nel 2004. L'indagine dei carabinieri del Comando patrimonio artistico, durata cinque anni, ha portato quindi al recupero e alla confisca del dipinto, e al conseguente processo contro il proprietario, probabilmente un antiquario residente in Svizzera, accusato di falso e d’esportazione illecita d’opere d’arte. Le vicende successive lo vedono nella collezione Robilant+Voena che, appunto, lo concede oggi in prestito. Nel 2013 è stato esposto a Firenze, in occasione della la XVIII edizione della Biennale dell’antiquariato giudicato nell’occasione «La star assoluta... valore stimato un milione e mezzo di euro».

 

Dettaglio di Compianto su Cristo morto di Van Dyck, 1628 - 1632
Antoon Van Dyck illustra questo tema più volte nel corso...

Pubblicato da Accademia Carrara Bergamo su Mercoledì 12 luglio 2017

 

Si tratta di un’opera, come dicevamo, a lungo cercata, soprattutto in quanto prototipo originale e di eccezionale qualità, dal quale come segnala Larsen (Larsen E., L'op era completa di Van Dyck, 2 voll. Milano 1980,1988) derivano numerose repliche e varianti, autografe e di bottega di questo Compianto sul Cristo morto, tra le quali una donata all’Accademia Carrara nel 1924 in seguito al lascito di Carlo Ceresa. Dell’originale esistono altre repliche e copie presso il museo di Palermo, una collezione privata di Brescia, al Castello Sforzesco di Milano, presso la chiesa di S. Antonio ad Anversa, in una collezione privata di Zurigo, in collezione Bartlett a Boston e nel Museum of Fine Arts sempre di Boston. Dalla composizione è stata tratta un’incisione da Frans Van den Wyngaerde. Un bozzetto a grisaille è conservato presso il Museé des Beaux Arts di Bordeaux.

L’opera. La scelta del tema manifesta la predilezione dell’artista per le immagini coinvolgenti capaci di commuovere lo spettatore e di suscitarne la reazione emozionale. L’immagine sacra è ormai scesa sulla terra e il dolore è indagato in tutte le sue possibili espressioni. Sofferenza e moti interiori pervadono tutti i personaggi e rimbalzano dall’uno all’altro ripercuotendosi anche nella zona superiore dove un paesaggio, con nubi minacciose, sembra amplificare il dolore umano.

 

La grande pittura europea ospite in Carrara fino al 18 settembre. Antoon Van Dyck, uno dei grandi maestri della pittura...

Pubblicato da Accademia Carrara Bergamo su Mercoledì 28 giugno 2017

 

Come in proscenio teatrale la Maddalena, Maria, un cherubino e altri due angeli sono raccolti intorno al corpo del Messia: la Vergine ne sostiene il busto in grembo, avvolgendolo con le braccia, la Maddalena, i capelli sciolti, l’espressione alterata dal pianto, pare ripiegata su se stessa per un dolore che pesa come un macigno. Sono proprio i volti della Vergine e di Cristo il fulcro sentimentale della scena: l’intima ansia che lega la madre al figlio morto, lo sguardo rivolto al cielo e il protendersi, contemporaneamente, per accoglierlo e trattenerlo in un caldo abbraccio, sono immortali in questo istante drammatico che sembra protrarsi nel tempo all’infinito. Gesù esangue, livido e quasi marmoreo, è adagiato davanti allo spettatore, le gambe sdraiate al suolo, allungate sopra il sudario. È di uno di straordinario realismo: il volto reclinato, provato per la crocifissione, i piedi trafitti; alla sua destra un piccolo angelo che indica il segno dei chiodi nella mano di Cristo si inarca all’indietro colpito da un dolore cui partecipa anche fisicamente.

Colpisce la sintesi delle forme, il loro impianto plastico, i grandiosi volumi dei manti che coprono corpi vigorosi, costruiti con energia, e che servono a definirne le masse, la misura dei gesti. Ogni figura ha una propria e distinta posizione, una personale postura, un gesto proprio di cura per il morto o di desolazione per il dolore. Ne nasce l’immagine di un dramma corale, unanime, universale. Qui Van Dyck sperimenta un impianto dal taglio orizzontale, ravvicinato, reso ancora più evidente dal forte impatto visivo del paesaggio incombente sullo sfondo. Ad esso fa da controparte l’emiciclo delle figure poste a sinistra e a destra del corpo esanime di Cristo, espediente che riporta l’attenzione verso il centro occupato dal piano inclinato che si viene a creare grazie al disporsi a scala dei tre personaggi, i quali, misurano la profondità dello spazio proiettando la parete di fondo ben più lontano di quanto non possa sembrare ad un primo sguardo. Da ciò nasce l’equilibrio dell’immagine sostenuto anche dal tessuto cromatico tutto giocato sull’accostamento di colori primari e complementari (rossi, blu, gialli, verdi) distribuiti sulla superficie secondo un raffinato sistema di rispondenze e richiami a distanza che asseconda e conferma la calcolata disposizione delle figure in un organismo di straordinaria coerenza ed armonia.

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